No Tap: restare e lottare, con le armi della democrazia

/REPORTAGE/ L’economia di un territorio devastata e rischi incalcolabili per l’ambiente: ieri sera a Melendugno “La lotta di chi resta”

 

di Francesca Rizzo; foto di Valentina Ruscica

 

C’è, tra gli speculatori di Furbibus Terrae e i criminali patentati, un Salento che non ci sta: non ci sta a vedere la propria terra offesa e svenduta al miglior offerente, ma non ci sta neanche a passare per un manipolo di violenti che cerca alibi per fare macello. Resta, lotta e lo racconta.

È questo il Salento che ieri sera si è riunito a San Foca, in Piazza dei pescatori, per “La lotta di chi resta”, un dibattito pubblico su Tap, l’ormai arcinoto gasdotto in fase di realizzazione, per portare il gas azero nella marina di Melendugno, e da lì al resto d’Europa.

“Sai Francesca, di dibattiti su Tap se ne sono fatti tanti, ma noi vorremmo fare qualcosa di diverso: spiegare ai turisti perché diciamo no a Tap”: con queste parole Piergiorgio De Micheli, dell’associazione Alter-AZIONE, mi ha proposto qualche settimana fa di intervenire a “La lotta di chi resta”, raccontando il ruolo dell’informazione, a partire dalle inchieste che Il Tacco d’Italia ha condotto in questi anni.

La serata di ieri era un tassello all’interno di un percorso di tre giorni, il Festival del Turismo responsabile IT.A.CÀ Salento, improntato quest’anno sulla “restanza”, la scelta consapevole di restare in un territorio e difenderlo da minacce esterne.

“Nel termine restanza – ha ricordato Serena Fiorentino, attivista di Movimento No Tap e Mamme No Tap – c’è quella famosa frase, «il coraggio di restare»: un tempo il coraggio era dei migranti, di chi partiva, di chi si allontanava da questo Salento. Oggi è il coraggio di restare”.

 

Insieme a chi ha scelto di restare, a Serena Fiorentino, a Marco Coricciati del Comitato Terra e Libertà di Martano, al sindaco di Melendugno Marco Potì, all’ingegnere Alessandro Manuelli, membro della commissione del Comune di Melendugno per la valutazione del gasdotto Tap, abbiamo parlato a lungo di Tap, dell’inutilità di un’opera vecchia già prima di esser nata (“Adesso c’è già gas per due Italie”, ha affermato Manuelli, facendo un confronto tra il volume di gas prodotto e quello consumato); dei rischi per l’ambiente e l’economia locale, delle questioni poco trasparenti intorno al gasdotto e delle tante irregolarità, dei lavori che vanno avanti nonostante i fascicoli aperti in Procura.

 

Abbiamo parlato delle inchieste del Tacco, a partire da quella del 2008 firmata da Giuseppe Finguerra, che potete leggere qui:

“Gasdotti nel mare di Otranto”

 

Abbiamo parlato di quella parte di giornalismo locale che non ha accettato i soldi delle inserzioni pubblicitarie di Tap, e del ruolo che un’informazione libera e senza paraocchi ha verso l’opinione pubblica, verso i cittadini. Abbiamo parlato, ancora, degli interessi societari che coinvolgono politica e mondo imprenditoriale, di Daphne Caruana Galizia e delle sue inchieste sul filone maltese dei Panama Papers: dei bonifici (di cui uno da oltre 1 milione di dollari) transitati dalla Al Sahra Fco, società di proprietà della figlia del presidente azero Aliyev, alla Egrant Inc, intestata alla moglie del premier maltese Muscat.

“Se non fosse stata assassinata, avrebbe trovato il bandolo della matassa di una storia che inizia in Azerbaijan e termina con un gasdotto da 40 miliardi di dollari in Europa”, ha scritto il figlio Matthew, all’indomani dell’omicidio della giornalista.

 

Informarsi ed informare, nel caso di Tap, è una forma di resistenza civile ancora valida perché, come ha ricordato il sindaco Potì, “a differenza di quello che si pensa, il gasdotto Tap non ha la strada così spianata: loro continuano i lavori come se nulla fosse, ma ci sono problemi legati alla legittimità delle autorizzazioni e all’impatto ambientale vero”.

 

// L’IMPATTO AMBIENTALE

“Cosa significa dire «sorvegliare l’opera»?”, ha esordito Alessandro Manuelli, membro di una commissione che il Comune di Melendugno ha nominato nel 2013, quando i progetti su Tap si sono fatti più concreti e servivano le competenze per valutarne la portata.

“Attenzione alle parole, perché «sorvegliare l’opera» sottintende che l’opera va accettata, che bisogna limitare i danni. No: quest’opera non va assolutamente accettata, bisogna dire no senza se e senza ma”, ha continuato Manuelli, che oltre a fare un excursus sulle tante incongruenze già rilevate in passato ha svelato una novità importante, riguardo le osservazioni di competenza del comune sulla verifica di assoggettabilità a Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) del tratto a mare del gasdotto: in quel punto, ha spiegato, “ci sono coralli rossi, bianchi e neri, che sono rarissimi. In più è stata identificata una stella marina, altrettanto rara. Il coralligeno è una delle specie maggiormente in pericolo a causa dei cambiamenti climatici”.

“Il gas naturale ha un effetto serra sui 10 anni che è 56 volte la CO2, e questi gasdotti perdono dal 3 al 6% di quello che trasportano, senza contare tutto il gas che verrà utilizzato, che quindi contribuirà ad aumentare l’inquinamento globale: abbiamo un’opera che impatterà sul clima globale, sul coralligeno di tutto il globo, per almeno 150 anni”, ha ricordato l’ingegnere

 

// GLI EFFETTI ECONOMICO-SOCIALI

Non c’è solo la pur importantissima battaglia contro i cambiamenti climatici dietro il dissenso verso Tap: c’è la preoccupazione di una comunità piccola, che vede in serio pericolo le sue attività commerciali, le fonti di sostentamento più importanti: San Foca, marina di Melendugno, è un territorio a forte vocazione turistica, un territorio agricolo e di pesca, ben lontano dalle martirizzate realtà industriali. Una questione tutt’altro che secondaria.

“La repressione del dissenso – ha affermato Marco Coricciati – viene fatta con la forza, ma anche subdolamente, con la disinformazione. Limitarsi a dire che è una questione ambientale, che non si vuole l’eradicazione degli ulivi, è una visione miope, limitativa, che  distoglie dai veri problemi”.

“Se e quando entrerà in funzione il gasdotto, sapete cosa dovrà essere obbligatoriamente consegnato ai turisti che andranno sulle spiagge di San Foca? – ha chiesto il sindaco di Melendugno, Marco Potì – Il piano di evacuazione in caso d’incidente rilevante. Insieme alla cartolina di Roca e delle Due sorelle, devono essere consegnate le istruzioni per il comportamento che il turista deve avere se si verifica un incidente in quell’infrastruttura. Che appeal si avrà sui turisti con il piano di evacuazione in caso d’incidente rilevante?”

 

 

// LA LOTTA DI CHI RESTA

“L’identità stessa di un’intera comunità è messa in pericolo da un punto di vista sociale ed economico”, ha scritto Baba Paradiso, regista del docufilm Un anno di lotta, proiettato ieri in apertura del dibattito.

Un documentario che racconta i diversi momenti del primo anno di opposizione al gasdotto Tap da parte di persone comuni e attivisti: le proteste pacifiche a Lecce e Melendugno, il presidio davanti al cantiere Tap, la resistenza pacifica nelle fasi più tese, l’eradicazione e il trasporto degli ulivi, la mobilitazione delle forze dell’ordine. Marco Coricciati ha ricordato i primi giorni nelle campagne, in località San Basilio: “non appena è aumentato il dissenso popolare, è aumentato in maniera spropositata il controllo, il contenimento e la repressione. Si è capito subito che la strada intrapresa dalla controparte sarebbe stata estremamente brutale, forte. Abbiamo visto gente spinta, buttata sui muretti a secco, trascinata via di forza, anche mamme, gente anziana, studenti che manifestavano il loro dissenso all’opera. La repressione fa male, colpisce forte e divide, perché fa paura, allontana le persone. Ricevere una multa pesante, o un foglio di via, non è facile. Il messaggio del Movimento contro questo tipo di repressione è: “Nessuno resta da solo, indietro. Rischiamo tutti allo stesso modo, ma nessuno resta indietro da solo”.

 

“Il periodo della repressione forte ha spaventato molto la popolazione locale – ha confermato Serena Fiorentino –. Melendugno non è un covo di facinorosi teppistelli: è fatta di gente comune con delle vite comuni, e vedersi davanti tutto quello spiegamento di forze dell’ordine vi assicuro che mette paura. Dopo quest’anno di lotta al Tap c’è stato un allontanamento da parte di molte persone, comprensibilmente spaventate. Mamme no TAP nasce per questo: per informare, per far vedere che la lotta può andare avanti, per aiutare le famiglie a riappropriarsi dei propri luoghi sempre in maniera pacifica, a mani nude e braccia alzate”.

 

“Viviamo una situazione incredibile – ha ricordato in merito Marco Potì –: ci sono varie inchieste della magistratura su Tap, aperte dietro esposti e segnalazioni di cittadini, attivisti, sindaci ed associazioni, e su queste inchieste non si sa  nulla. Stanno lì, aspettiamo la chiusura delle indagini, aspettiamo che ci siano dei provvedimenti, perché riteniamo che ci siano state delle violazioni di legge. Dall’altra parte abbiamo invece indagini che sono andate spedite, contro chi manifestava, addirittura conto chi sventolava una bandiera NO TAP: una corsia preferenziale per essere messi sotto inchiesta e poi forse processati, due pesi e due misure”.

 

// GLI ASPETTI POLITICI

Inevitabile, infine, il riferimento alla politica: l’incoerenza, le dichiarazioni affrettate in campagna elettorale e poi smentite, ultime in ordine di tempo quelle di diversi esponenti del Movimento 5 Stelle, ora parte della coalizione di governo. Governo pressato addirittura dagli Stati Uniti perché la grande opera venga completata, “a qualunque costo”.

 

“Tap – ha affermato ancora Marco Potì – è un grosso affare internazionale. Le dichiarazioni di Salvini riguardo il 10% di risparmio sulla bolletta del gas per gli Italiani sono state smentite dal suo stesso Ministero su carta intestata. Non ci sarà risparmio per nessuno, ci saranno degli aumenti in bolletta per pagare l’infrastruttura e servirà a qualcuno per fare speculazione. Noi siamo in mezzo a quest’ingranaggio e dobbiamo scegliere per noi, per i nostri luoghi, per le future generazioni, per il clima di San Foca e per il clima del Pianeta, se continuare questa battaglia oppure arrenderci, dire “tanto lo fanno”, o accontentarci delle compensazioni offerte dai vari governi che si sono succeduti”.

Eppure, ha continuato il sindaco, “non dobbiamo demoralizzarci se ci sono dei partiti, dei movimenti che hanno tradito la fiducia degli elettori. C’è una cosa da fare, utilizzare le armi della democrazia: l’informazione, il coinvolgimento dell’opinione pubblica attraverso il giornalismo d’inchiesta, il voto.

Perché agli elettori è rimasta in mano la matita, la cosa di cui più ha paura chi ci governa. Il voto pesa. Non perdiamo la fiducia nella democrazia, perché con quella matita si può davvero cambiare il corso delle cose”.

 

“Il mare unisce i Paesi che separa”: la frase di Alexander Pope, incisa sul pavimento della piazzetta che ieri ci ha ospitato, faceva da contraltare al dibattito; un gasdotto che attraverso il mare unisce paesi e separa popoli, un mare in difesa del quale cittadini diversi si uniscono nella lotta, “a mani nude e braccia alzate”.

 

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