Mafia a Foggia, ecco cosa dice l’ultima relazione della DIA

Nessun accenno alla quarta mafia, quella di San Severo, emersa con gli arresti di oggi; ma la relazione svela passaggi importanti per comprendere le turbolenze in atto nella malavita della Capitanata

“Abbiamo completato la prima fase di aggressione alla malavita organizzata, così come programmato unitamente ai componenti della Squadra Stato. Lo abbiamo fatto attraverso una sistematica attività di demolizione delle varie consorterie mafiose ed assicurando alla Giustizia boss e sodali ma anche semplici affiliati della mafia garganica, foggiana e sanseverese ed analogamente sarà fatto con quella cerignolana. Le quattro operazioni di polizia di ‘agosto di Fuoco’, nonché quelle di DecimAzione 1 e 2, Chorus 1 e 2, Stirpe Criminale 1 e 2, quelle recenti con cui sono stati risolti specifici fatti di sangue e quella odierna rappresentano la determinazione e la forza dello Stato”: a parlare è Mario Della Cioppa, questore di Foggia, che commenta così i 54 arresti eseguiti questa mattina in 10 province italiane. Arresti che segnano un passo avanti importante nello studio del fenomeno mafioso in Capitanata: per la prima volta infatti, l’associazione mafiosa viene contestata agli esponenti di tre famiglie, La Piccirella, Severino e Nardino, operanti principalmente nel territorio di San Severo ma, come svelato da indagini partite nel 2015, con interessi in diverse regioni d’Italia, dalla Campania alla Lombardia.
Un quarto volto, quello sanseverese, si aggiunge dunque ai tre (garganico, foggiano e cerignolano) già ben noti alle autorità antimafia, e ritratti anche nell’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, relativa al 1° semestre del 2018, della quale riproponiamo alcuni passaggi chiave per comprendere l’evoluzione del fenomeno.

 

Nella relazione del 1° semestre 2018 della Direzione Investigativa Antimafia (pp. 178 – 188), la mafia foggiana è descritta, nell’insieme, come dotata di una forte capacità di coniugare tradizione e modernità: “la tradizione è quella del ‘familismo mafioso’ tipico della ndrangheta e della ferocia spietata della camorra cutoliana; la modernità, invece, è la vocazione agli affari, la capacità di infiltrazione nel tessuto economico-sociale, la scelta strategica di colpire i centri nevralgici del sistema economico della provincia, e cioè, l’agricoltura, l’edilizia e il turismo”.

 

La mappa dei clan operanti nel Foggiano, prodotta dalla DIA

Il fenomeno mafioso in Capitanata continua a essere segnato dalla presenza di tre organizzazioni: società foggiana, mafia garganica e malavita cerignolana che hanno mostrato un’evoluzione, seppur embrionale, che le vede propendere verso un’unica strategia operativa. Ciò sembrerebbe confermato, in primo luogo, dalla valenza sempre più strutturale dei “legami d’affari”, specie nella gestione sinergica dei traffici di armi e stupefacenti, del riciclaggio nonché dei reati contro il patrimonio; in secondo luogo, dalla centralità del ruolo della società foggiana che, attraverso un’importante rete di contatti tessuti in tutta la provincia, proietta le proprie strategie criminali anche fuori dalla città.

 

Nella città di Foggia persiste la contrapposizione tra i clan Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino-Lanza

Più nel dettaglio, il clan Sinesi-Francavilla, strutturato su legami familiari e vincoli di parentela, risente della detenzione dei suoi vertici e delle difficoltà che, alla luce di un riassetto generale, anche i collegati sodalizi della provincia stanno fronteggiando. Il gruppo vanta stabili rapporti con esponenti della mafia garganica (clan Libergolis) e della criminalità organizzata di San Severo, a cui è legata per i traffici di armi e droga (in particolar modo con il gruppo Nardino) e cerignolana. Ha contatti anche con organizzazioni extraregionali.

I Moretti-Pellegrino-Lanza svolgono il ruolo preminente, che può contare su una maggiore ramificazione nella provincia, con appoggi presso i gruppi mafiosi del Gargano, nonché nell’alto e basso Tavoliere, e con contatti anche presso organizzazioni criminali extraregionali (calabresi e campani). Di particolare rilievo risulta a San Severo la “costola” del sodalizio, capeggiata da un pluripregiudicato referente del boss del clan Moretti.

La terza consorteria foggiana, quella degli Trisciuoglio – Prencipe – Tolonese ha sviluppato sinergie con elementi mafiosi della provincia, in particolare con il gruppo Romito, operante a Manfredonia, e con elementi della criminalità di Orta Nova, mentre sembrerebbe sempre meno neutrale e più vicina al clan Moretti – Pellegrino – Lanza.

 

Lo scenario criminale del Gargano risulta in forte evoluzione, strutturalmente precario e, pertanto, di complessa intelligibilità

In questo territorio (la cui morfologia del promontorio e dalla dorsale litoranea, sicuramente non favorisce le azioni di contrasto), il fenomeno mafioso è caratterizzato dalla presenza di una pluralità di gruppi criminali, basati essenzialmente su vincoli familiari e non legati tra loro gerarchicamente, nonché dall’ascesa di giovani leve, desiderose di colmare i vuoti determinati dalla detenzione degli elementi di vertice ovvero dalla loro eliminazione. Inoltre, appare sempre maggiore l’ingerenza nella zona della mafia foggiana e di quella cerignolana. L’ambizione criminale verso il controllo del territorio dell’area garganica è connessa soprattutto ai rilevanti interessi delinquenziali che la zona offre, specie nel settore degli stupefacenti. Le coste del Gargano costituiscono da una parte i terminal delle rotte del traffico di marijuana proveniente dall’Albania diretta anche in altri territori della penisola, e dall’altra un’importante piazza finale di spaccio, specie durante il periodo estivo. Anche l’indotto economico connesso al fiorente mercato turistico (strutture ricettive, attività di ristorazione, guardianie e servizi vari) ricade nelle mire delle organizzazioni, sia per le attività estorsive, sia per la gestione diretta delle attività imprenditoriali lecite, al fine di riciclare i proventi illeciti.

 

Nel Basso Tavoliere, quella di Cerignola resta la realtà criminale strutturalmente più solida

Non risente delle ripercussioni dei riassetti e delle fibrillazioni in atto nelle vicine aree e, partendo da un forte e radicato controllo del proprio territorio, attua una strategia operativa di progressiva espansione verso altre aree. Infatti, la capacità di diversificare le attività illecite da cui provengono le ingenti risorse finanziarie e di sapersi rigenerare, dando continuità ai traffici illeciti, le ha permesso di affermarsi anche a livello nazionale. Si connota come mafia degli affari, svincolata dalla rigidità tipica delle strutture fondate sui vincoli di familiarità (aspetto peculiare delle mafie foggiana e garganica) e proiettata al raggiungimento di obiettivi a medio-lungo termine, anche grazie, verosimilmente, all’esistenza di un organo decisionale condiviso, in grado di assoggettare in modo pragmatico il tessuto criminale, riducendo al minimo le frizioni. La pluralità delle attività della mafia cerignolana, spesso condotte con forme di pendolarismo, costituiscono un valore aggiunto in termini sia finanziari che di carisma criminale nelle relazioni con le altre organizzazioni.

 

In sintesi

Volendo riassumere quanto emerso nel semestre in esame, va rilevato che le principali consorterie foggiane hanno tutte confermato il massimo interesse verso la gestione (diretta o per il tramite della delinquenza comune) del mercato degli stupefacenti, che vanno dalla produzione e l’approvvigionamento, allo spaccio e alla distribuzione, anche extraregionale, confermando un’evoluzione del fenomeno mafioso foggiano verso posizioni paritetiche con altre organizzazioni mafiose più strutturate

Oltre al traffico degli stupefacenti, i settori in cui risultano operare le organizzazioni mafiose foggiane (che, anche nel semestre in esame, hanno dimostrato una grande disponibilità di armi), sono le estorsioni e l’usura, che vengono esercitate anche attraverso una pressante azione intimidatoria, soprattutto nei confronti degli operatori del tessuto socio-economico (commercio, edilizia, turismo ed agricoltura). Con particolare riferimento alla consumazione di reati predatori, si evidenzia come la criminalità mafiosa abbia, in alcuni casi, interagito con elementi della criminalità comune, supportandoli nella realizzazione di articolati “colpi” fuori regione. Anche in materia di riciclaggio, si rileva un elevato livello di specializzazione delle figure professionali coinvolte, che prima intercettano aziende in difficoltà economica, e poi le rendono complici degli interessi dei clan facendo emettere fatture per operazioni inesistenti o facendo compensare tributi relativi a crediti inesistenti.

 

Infiltrazioni nella “cosa pubblica”

Nel semestre preso in considerazione, si evidenzano anche le criticità derivanti dall’infiltrazione mafiosa nella gestione della “cosa pubblica”. In tale contesto assumono valore emblematico varie vicende segnalate nella relazione del prefetto di Foggia, in cui emergono anomalie sintomatiche di uno sviamento dell’agire amministrativo. Si fa riferimento al settore degli affidamenti di lavori e servizi pubblici, dagli impianti sportivi ai parcheggi, dalle concessioni all’occupazione di suolo pubblico per la gestione di chioschi bar, al rilascio di contributi comunali per circoli e Pro Loco e alle assunzioni nella Polizia Municipale.

 

Per saperne di più

Mafia foggiana, arresti in tutta Italia

 

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