Scambio elettorale: 20 euro a voto. Elezioni comunali, regionali e politiche a Taranto controllate dalla mafia
DOSSIER/2 Le mani della Scu sul cinema di Puglia/Elezioni e mafia
Elezioni comunali, regionali e politiche sotto il controllo della mafia: nell’inchiesta Tabula Rasa della GdFc’è anche il filone elettorale per le tornate 2017 e 2018: voti raccolti dal clan dei fratelli Sambito in favore di Filippo Illiano, in corsa per il Consiglio, poi non eletto, indagato a piede libero assieme a un dipendente comunale. Il pm: “Scambio elettorale, 20 euro a voto”. Per il gip c’è stato l’impegno del clan, ma non si ha prova del patto con il politico. Dalle intercettazioni emerge che per il Parlamento, il gruppo era stato contatto per fornire sostegno a una candidata azzurra, non eletta. Impegno del gruppo mafioso anche alle regionali
Di Stefania De Cristofaro
- LE ELEZIONI COMUNALI A TARANTO. IL PM: “SCAMBIO ELETTORALE MAFIOSO”
- LE INTERCETTAZIONI IN AUTO: “VADO A TOGLIERE TRE-QUATTRO MANIFESTI ELETTORALI”
- GLI ELEMENTI DI PROVA VALUTATI DAL GIP: “È CERTO CHE IL CLAN ABBIA VEICOLATO VOTI VERSO ILLIANO”
- IL GRUPPO AGGIORNAVA L’ELENCO DEI VOTANTI RESIDENTI A TAMBURI: “SE NON CI ARRESTANO ORA, NON CI ARRESTANO PIÙ”
- MINACCE AGLI ELETTORI:”STIAMO GALOPPANDO PER UN AMICO DEL COMUNE, NON È CHE DEVE SUCCEDERE UN GUAIO”
- LE ELEZIONI PRECEDENTI PER IL RINNOVO DEL CONSIGLIO REGIONALE: 50 EURO A PERSONA PER IL VOTO
- LE ELEZIONI POLITICHE: SAMBITO CONTATTATO PER AIUTARE CANDIDATE DI FORZA ITALIA
- “NON TI POTEVO MANDARE LA FOTOGRAFIA: MI HANNO FATTO LASCIARE IL TELEFONO”
- IL GIP: “MANCA L’INTESA CON I POLITICI”
- IL CONTROLLO DELL’ELETTORATO ATTIVO DA PARTE DEL CLAN
TARANTO – L’ombra del clan mafioso Sambito, con base nel rione Tamburi di Taranto, anche in occasione delle ultime tornate elettorali: le comunali nel 2017, con il sostegno in favore del candidato consigliere Filippo Illiano, espressione della lista civica Taranto nel cuore, e le politiche nel 2018, quando Antonio Sambito viene contattato per aiutare una candidata di Forza Italia. Né Illiano, né la donna riescono a centrare l’obiettivo.
Ma è certo che ci sia stato l’impegno del gruppo di stampo mafioso, attivo già in occasione delle precedenti elezioni regionali del 2015 (per stessa ammissione, intercettata, del gruppo, sebbene non ci sia stata contestazione nel provvedimento di arresto).
LE ELEZIONI COMUNALI A TARANTO. IL PM: “SCAMBIO ELETTORALE MAFIOSO”

Le amministrative e le politiche sono state passate sotto la lente d’ingrandimento della Direzione distrettuale antimafia, dal sostituto procuratore Milto Stefano De Nozza, partendo dagli elementi raccolti dalla Guardia di Finanza. Tanti e tali da convincere il pm che in occasione delle elezioni amministrative di tre anni fa, ci sia stato “uno scambio elettorale politico mafioso”, un do ut des tra gli uomini della mala tarantino, quelli dei gruppo capeggiato dai fratelli Antonio e Cataldo Sambito, e un consigliere comunale uscente che sperava nella conferma dello scranno, Filippo Illiano, candidato nello schieramento a sostegno della candidata sindaca Stefania Baldassari, avversaria diretta di Rinaldo Melucci del Pd, poi eletto al ballottaggio con il 50,9 per cento. Illiano incassa 764 voti di preferenza ed è il secondo più suffragato, ma non viene eletto.
Baldassari è assolutamente estranea all’inchiesta, mentre Illiano è indagato a piede libero: il pubblico ministero aveva chiesto l’arresto e non è da escludere che presenti ricorsi al Tribunale del Riesame. Il gip non ha firmato per la custodia non aderendo per intero alla lettura data dalla Dda secondo cui
“Illiano ha richiesto e/o accettato la promessa di promessa di procurare voti, mediante modalità mafiose, avanzate da Antonio e Cataldo Sambito, quali capi dell’associazione, in cambio di denaro ovvero di altre utilità”.
Secondo il pm, “Illiano e i fratelli Sambito stringevano un patto di scambio che prevedeva, a fronte della promessa fatta dai due Sambito di sostenere Illiano nella campagna elettorale mediante il procacciamento di voti”. “Voti – ha scritto il pubblico ministero – che Illiano sapeva sarebbero stati raccolti anche mediante la pressione esercitata dalla forza di intimidazione del sodalizio, dal vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento e omertà in cui versava la popolazione residente nel quartiere Tamburi”.
In caso di successo elettorale, Illiano assumeva l’impegno di “mettersi a disposizione dell’associazione per trovare posti di lavoro”. In caso di mancata elezione, l’impegno era “restituire il denaro speso dall’associazione per remunerare gli aventi diritto al voto contattati dal clan”. Nell’impostazione accusatoria, l’importo pattuito ammonta a “venti euro per ogni voto accordato”. Sempre seguendo la lettura data dalla Dda, determinante il contributo di Claudio Pugliese, cognato di Antonio Sambito, “consistito nel tenere un elenco costantemente aggiornato di tutti i residenti ai Tamburi aventi diritto al voto”. E anche con il contributo di Giovanni Guarini, dipendente del Comune di Taranto, presso la circoscrizione Tamburi/Lido Azzurro, consistito nel consegnare a Pugliese, non solo l’elenco degli aventi diritto al voto, ma anche duplicati dei certificati elettorali che venivano consegnati indicando il nome del candidato cui accordare la preferenza di voto, sia la paternità di tale richiesta, proveniente dai germani Sambito”. Guarini è anche il presidente della Soms Giovanni Paolo II di Taranto
, alle cui dipendenze lavora Pugliese con contratto parte time come addetto al servizio di guardiania nella cappella gentilizia all’interno del cimitero San Brunone.
LE INTERCETTAZIONI IN AUTO: “VADO A TOGLIERE TRE-QUATTRO MANIFESTI ELETTORALI”
Dagli atti emerge che il primo intervento dei fratelli, in favore del candidato, risale al 31 maggio 2017, quando l’ascolto di una conversazione nell’auto in uso a Claudio Pugliese, svela che questi era “in procinto di togliere i manifesti elettorali, riferibili evidentemente a compagni avverse”.
“Eh, vado a togliere tre-quattro manifesti”, dice.
Dopo essere tornato, Pugliese riferisce allo stesso interlocutore che “i manifesti del loro candidato, apposti la sera precedente, erano stati rimossi, strappati da un ragazzo che contemporaneamente aveva messo quelli di un altro candidato al Consiglio comunale, quello delle case parcheggio”. È la classica guerra dei manifesti che viaggia di pari passo con la distribuzione dei cosiddetti santini elettorali.
In quel caso, gli uomini del clan Sambito “avevano desistito dall’intraprendere azioni repressive verso gli autori della rimozione dei loro manifesti,
solo in considerazione del fatto che si trattava di minorenni”. Diversamente, qualora si fosse trattato di adulti, avrebbero

“certamente punito il fatto con un’azione di forza”.
GLI ELEMENTI DI PROVA VALUTATI DAL GIP: “È CERTO CHE IL CLAN ABBIA VEICOLATO VOTI VERSO ILLIANO”
Seguendo il criterio della gravità indiziaria, gli elementi di prova raccolti, secondo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto Edoardo D’Ambrosio, “non appaiono sufficienti a ritenere fondato l’ipotesi investigativa” posta alla base dell’imputazione provvisoria.
“E’ dato evincere con certezza che nella tornata per il rinnovo del Consiglio comunale di Taranto, l’11 giugno e il 25 giugno 2017, i fratelli Sambito mediante l’opera materiale di Claudio Pugliese e di altri, si fosse impegnati nel veicolare voti verso Filippo Illiano, candidato nella lista Taranto nel cuore, a sostegno del candidato sindaco Stefania Baldassarri”. Nulla quaestio, sul punto. Il gip, infatti, conferma che il clan:
“Cercava di accaparrarsi i voti da far convergere su Iliano e per questo contattava persone predisponendo anche un elenco”.
E aggiunge anche che “con l’intento di ottenere il voto, veniva rimarcato alla persona contatta che l’indicazione del candidato da votare proveniva direttamente da Tonino Sambito, alias Bubù”. Per quale motivo, doveva essere nota la sponsorizzazione? Anche ad avviso del gip, così come per il pm, “lo scopo” era “evidentemente di ottenere l’assenso incondizionato della parte che, vittima della condizione di assoggettamento e intimidazione,
difficilmente avrebbe contrariato un desiderata da parte di Sambito, unanimemente riconosciuto come boss incontrastato di quella parte di capoluogo ionico”.
IL GRUPPO AGGIORNAVA L’ELENCO DEI VOTANTI RESIDENTI A TAMBURI: “SE NON CI ARRESTANO ORA, NON CI ARRESTANO PIÙ”
Pugliese effettuava quotidianamente la spola tra la delegazione comunale del rione Tamburi e il circolo Juve Club in cui gravitavano i fratelli Sambiati: “Risultava – scrive il gip – che Pugliese, facendo riferimento a Guarini, impiegato comunale, si recava da lui per ottenere le schede elettorali di svariati cittadini. Successivamente, lo stesso Pugliese passava dal club per “aggiornare l’elenco dei votanti residenti nel rione”. Di fatto, era stato realizzato un ufficio anagrafe ad hoc, alternativo a quello ufficiale del Comune. I votanti erano cerchiati con il pennarello di colore rosso. “Devo prendere gli altri certificati”, dice Pugliese a Giovanni Trondo. “Vai, che se non ci arrestano ora, non ci arrestano più”.
E Pugliese: “Hai capito bene, ci arrestano a tutti e due”. Battute che “certificano in maniera emblematica che i due fossero ben consci dell’illiceità del loro operato”.
MINACCE AGLI ELETTORI: “STIAMO GALOPPANDO PER UN AMICO DEL COMUNE, NON È CHE DEVE SUCCEDERE UN GUAIO”
Ai fratelli Sambiati “consegnava alcune tessere per la successiva distribuzione agli elettori, altre schede venivano date direttamente a casa delle persone”. Il voto, quindi, veniva cercato e chiesto abitazione per abitazione. In tale contesto, talvolta, non mancavano neppure le minacce a chi oppone riserve.
Il 6 giugno 2017 Pugliese parla con un uomo residente ai Tamburi e dice:
“Non è che deve succedere un guaio, non c’è bisogno”. Poi aggiunge: “La data di nascita la tieni? Compà, vedi su Whatsapp”. Il giorno dopo: “A chi devi votare tu? Devi fare un favore a Bubù.
Stiamo galoppando per un amico al Comune, hai capito?”.
LE ELEZIONI PRECEDENTI PER IL RINNOVO DEL CONSIGLIO REGIONALE: 50 EURO A PERSONA PER IL VOTO
Al galoppo, stando alle intercettazioni, ci sono andati anche in passato gli uomini del clan: “Si erano adoperati per accaparrare voti sempre in favore di Illiano“, come riferiva Claudio Pugliese parlando con un altro residente. “Dieci anni lo abbiamo fatto stare al Comune, con i voti nostri”. Non solo. Subito dopo, nel corso di una conversazione in auto, l’interlocutore di Pugliese “rammentava quanto accaduto in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Puglia, il 31 maggio 2015, quando Antonio Sambito aveva utilizzato anche tale Ignazio per contattare le persone per far votare il candidato prescelto, Giovanni Cataldino, detto Gianni”. Cataldino è ovviamente estraneo all’inchiesta, ma il suo nome è contenuto nel provvedimento di arresto nella parte in cui viene ricostruito l’interesse del gruppo in chiave elettorale.
All’epoca era stata riconosciuta la somma di “venti euro per voto, contravvenendo a quanto stabilito dal boss che aveva previsto 50 euro a persona“. La differenza, sempre stando alle intercettazioni, sarebbe stata saldata attraverso il riconoscimento di buoni benzina.
“Tu li hai visti? Mo sto aspettando grande grande che deve venire”.
LE ELEZIONI POLITICHE: SAMBITO CONTATTATO PER AIUTARE CANDIDATE DI FORZA ITALIA
“Anche in occasione delle elezioni per il Parlamento, del 4 marzo 2018, si evinceva che Antonio Sambito era stato contattato allo scopo di fornire il proprio apporto per aiutare un candidato non meglio specificato che, comunque, poi sarebbe risultato di sesso femminile e appartenente alla lista di Forza Italia”. Nell’informativa della Finanza sono riportati due nomi, quello della candidata nel collegio uninominale al Senato e quello della candidato al collegio della Camera. Per gli investigatori “tale evidenza certifica che il gruppo Sambito era considerato influente nel quartiere Tamburi di Taranto”. Chi aveva cercato i fratelli Sambito? L’interrogativo resta senza risposta. Per lo meno, in questa fase delle indagini.
Il dato certo è che il 4 marzo, data delle elezioni, Antonio Sambito spegne i telefoni cellulari e comunica ai familiari di essere molto impegnato.
Lo stesso giorno, “presso il circolo Juve Club vengono convocate diverse persone”: “Viene fornita l’indicazione sul candidato da votare”.
“NON TI POTEVO MANDARE LA FOTOGRAFIA: MI HANNO FATTO LASCIARE IL TELEFONO”
Secondo gli investigatori, per tutta la giornata, Sambito resta nel suo “quartier generale” e tramite il telefono di un’altra persona contatta gente e viene a sua volta chiamato:
“Vedi che sto venendo, però non ti potevo mandare la fotografia perché mi hanno fatto lasciare il telefonino”.
Cosa vuol dire? Per il pm, che erano state seguite le indicazioni di voto, spiegate anche tramite l’invio a domicilio di fac-simile:
“Su una scheda troverai semplicemente il simbolo di Forza Italia e metti la croce, sull’altra il simbolo di Fi e sotto il nome della ragazza”.
IL GIP: “MANCA L’INTESA CON I POLITICI”
Se tutti questi elementi evidenziano “l’impegno e l’attività svolta dal clan in favore dell’elezione del candidato prescelto, dagli stessi non è dato evincere l’elemento costitutivo principale e fondamentale della fattispecie contestata (dal pm, ndr) ossia il patto politico-mafioso”, ha scritto il gip. Manca. “L’intesa convenzionale intercorsa tra il politico e gli esponenti mafiosi, fondata sullo scambio di reciproche promesse”. Scambio finalizzato, per un verso “ad assicurare un contributo di voti e dall’altro un atteggiamento di benevola disponibilità ad assecondare in caso di elezione, determinate istanze della consorteria delinquenziale, per qualsivoglia necessità o evenienza”.
È in forza di questo patto scellerato che il politico è consapevole di poter fare affidamento su un apporto sicuro di consensi, il cosiddetto serbatoio elettorale. Così come è consapevole del fatto che, una volta eletto, deve mettere a disposizione del sodalizio attività o servizi, per favorire gli interessi mafiosi. Se è vero che questa intesa può avvenire “anche in forma implicita e senza particolari formalità, occorrono tuttavia elementi probatori atti a dimostrare, sia pure a livello indiziario, la sussistenza del patto, quindi di due volontà”. Nel caso dei voti in favore di Illiano, secondo il primo giudice,
“non si ha alcuna evidenza della disponibilità da questi dimostrata ad assicurare vantaggi alla consorteria in caso di elezione, né tanto meno della consapevolezza del candidato circa la campagna elettorale posta in essere dal clan in suo favore”.
Il gip, inoltre, ha scritto di non aver compreso su quali elementi il pm ha fondato l’imputazione provvisoria in relazione ai venti euro per ogni voto. L’unica intercettazione di rilievo è quella tra Claudio Pugliese e una donna, non indagata: “Ma a te di danno qualche cosa?”, chiede lei a lui dopo aver ottenuto il nome da votare.
“Dipende, se vince qualcosa la prendo, in lavoretto. O mi danno il lavoro buono o me li dà cash”. Conversazione non sufficiente a sostenere la sussistenza del patto.
IL CONTROLLO DELL’ELETTORATO ATTIVO DA PARTE DEL CLAN
La lettura del gip è che ci sia stata “una iniziativa unilaterale da parte della consorteria la quale, eventualmente, in caso di elezione, avrebbe presentato il conto, ossia la richiesta di vantaggi da assicurare al clan nell’esercizio del mandato politico”. Considerazione che non inficia la rilevanza penale della condotta posta in essere nell’interesse del gruppo di stampo mafioso, sotto l’aspetto del controllo del territorio: in questo caso, “l’elettorato attivo”, ossia i cittadini titolari del diritto di voto.
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