“C ve acchiann”? La risposta del Tar Lazio a Emiliano su xylella, ulivi e Tap

Di Marilù Mastrogiovanni

 

Se i giudici amministrativi scrivessero in barese, riassumerebbero più o meno così la sentenza di ieri e la invierebbero via pec a Michele Emiliano: “C ve acchiann”?

Che cosa vai trovando, ossia che cosa vuoi, che cosa pretendi?

Non c’è molto da aggiungere, infatti.

Le sette pagine della sentenza sono addirittura ridondanti rispetto all’evidenza dei fatti, che però la sentenza deve mettere in ordine e ricordare.

E la sentenza lo fa, ovviamente.

E i giudici della sezione Terza (Gabriella De Michele, Presidente; Daniele Dongiovanni, Consigliere, Estensore; Achille Sinatra, Consigliere) nella sentenza con cui rigettano la richiesta della Regione Puglia di annullamento delle autorizzazioni del Ministero dell’Ambiente all’espianto degli ulivi in agro di Melendugno, per la realizzazione della prima tranche di lavori a terra del gasdotto Tap, scrivono che è stata proprio la Regione Puglia ad autorizzare quell’espianto con ben due atti dirigenziali.

E’ stata la Regione Puglia ad autorizzare quell’espianto.

(I giudici non lo ripetono, lo ripeto io, perché repetita iuvant).

Poi, i giudici non scrivono (perché non era quello il contesto, ma lo scrivo io perché il contesto, per mestiere, devo analizzarlo) che la Regione Puglia ha anche approvato una legge (in vigore dal 30 marzo scorso), che ribadisce l’obbligo di espianto degli ulivi nel raggio dei 100 metri dall’ulivo risultato positivo a xylella, cioè tre ettari di deserto per un ulivo positivo.

E non scrivono i giudici che, in base ad un’altra legge regionale, tutti gli ulivi della zona infetta (e Melendugno lo è, perché tutto il Salento è stato dichiarato “infetto” da xylella), possono essere sradicati e poi si può anche costruire. Dopo sette anni, ma si può costruire.

Ora: cerchiamo di capire.

La battaglia dei cittadini e delle cittadine contro Tap e contro l’espianto degli ulivi, di tutti gli ulivi, è lecita, è onesta, è ragionevole, è un democratico dissenso, benché disperato.

Ma non né lecito né onesto che Michele Emiliano utilizzi le battaglie dei cittadini come strumento politico per la sua personale battaglia (che recluta anche sindaci di destra). Battaglia che non si gioca a Melendugno, tra la terra rossa, ma tra le mura dei palazzi del Pd. E non per conquistare spazi vitali a San Foca, come fanno i cittadini e le cittadine “giù” nel Salento, ma per conquistare una poltrona a Roma.

Le sette pagine della sentenza (.doc)

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