Brindisi, la Scu gestiva i parcheggi dell’ospedale Perrino: “Incassi fino a 11mila euro al mese”

DOSSIER/5 Dal 2015 presenza fissa degli uomini della frangia riconducibile a Cesario Monteforte, cognato del boss della Scu Francesco Campana. Nel fine settimana anche quelli del campo Franco Fanuzzi e in estate dei lidi, compreso quello vicino allo stabilimento dei carabinieri: “Turni di lavoro e giorni di riposo organizzati attraverso la moglie Alessandra Di Lauro e il figlio Giuseppe”. Le intercettazioni in carcere svelano problemi per l’assegnazione delle file di auto e propositi di vendetta: “Io pure i bambini di due anni gli vado ad ammazzare”. Nel 2016 una gambizzazione mai denunciata

 

Di Stefania De Cristofaro

 

BRINDISI – Parcheggiatori abusivi arruolati dagli uomini della Sacra corona unita: squadre al lavoro dal “tutti i giorni, secondo turni divisi tra mattina e sera, davanti all’ospedale Antonio Perrino” di Brindisi. Nel fine settimana anche all’ingresso del campo sportivo Franco Fanuzzi. Attività in grado di alimentare la cassa dell’associazione mafiosa, nell’ordine di 300-400 euro al giorno, per arrivare a 10-11mila euro al mese, stando alle dichiarazioni dell’ultimo pentito della Scu, Francesco Lazzari. Tanto che il sodalizio si era spostato lungo la litoranea per imporre il pagamento del ticket per la sosta delle auto, all’ingresso di alcuni stabilimenti balneari. Compreso quello vicino al lido dei carabinieri.

LA GESTIONE DEI PARCHEGGI DELL’OSPEDALE ANTONIO PERRINO

La gestione dei piazzali adibiti a parcheggio è finita nelle mani degli uomini della mafia, stando a quanto hanno accertato gli agenti della Mobile di Brindisi, diretti dalla vice questora aggiunta Rita Sverdigliozzi, attraverso una serie di appostamenti e di intercettazioni ambientali, spesso in carcere e in auto, altre volte telefoniche. Il quadro è stato descritto nell’ultimo provvedimento di arresto ottenuto dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, nell’ambito dell’inchiesta chiamata Old generation, sul ritorno in scena della frangia più “vecchia” (appunto old) dell’associazione di stampo mafioso. Quella rimasta sotto la direzione di Francesco Campana, nonostante la condanna all’ergastolo e il pentimento dei suoi due fratelli, Sandro (poi morto suicida) e Antonio, e tornata a scalpitare con la remissione in libertà di Giovanni Donatiello, alias Cinquelire, di Mesagne.

A parlare delle somme derivanti dalla gestione illecita dei parcheggi dell’ospedale, è Cesario Monteforte, arrestato la scorsa settimana, con l’accusa di aver fatto parte dell’associazione mafiosa, come referente della frangia di Campana, per lo meno sino a quanto i rapporti tra i due non si sono incrinati. Monteforte è il cognato di Francesco Campana e tanto per il pm, quanto per il gip, è stato a capo del gruppo che negli ultimi cinque anni ha avuto il monopolio dei posti auto. Parcheggi che il Comune non aveva voluto fossero a pagamento per “evidenti ragioni di utilità sociale”.

LE DIRETTIVE DAL CARCERE PER TURNI DI LAVORO E SOPRALLUOGHI DI CONTROLLO: LE INTERCETTAZIONI

Monteforte in carcere dava direttive alla moglie, Alessandra di Lauro, arrestata anche lei, e al figlio Giuseppe Monteforte, destinatario di obbligo di firma, in particolare con riferimento alla “turnazione dei parcheggiatori e al controllo sull’effettiva presenza degli stessi e sul loro operato”. E’ la donna, stando a quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, a controllare la situazione recandosi sul posto ed il figlio a riferire di problemi “lavorativi”.

Di rilievo è la conversazione intercettata nella saletta colloqui del carcere di Lecce, la mattina del 23 ottobre 2017: dopo che Cesario Monteforte “chiede lumi sul parcheggio del Perrino”, il figlio gli dice di avere “problemi con un soggetto, indicato come lo zio di Cesario, che si sarebbe impossessato di una fila”. Nella conversazione si fa riferimento alla “terza fila, oltre le due che gli spetterebbero”, stando all’assegnazione decisa da Cesario Monteforte. Il figlio, a questo punto, “chiede al padre che tale terza fila, gli venga tolta” e il padre gli risponde dicendo che nel caso in cui ci fossero stati ulteriori problemi, doveva rivolgersi ad “Antonio Signorile”, finito in carcere. E aggiunge di riferire a quanti gli davano fastidio che lui stava per essere scarcerato e che da quel momento in poi,

“Non ce ne sarà per nessuno”.

Sul punto insiste e dice al figlio di “non lasciarsi intimorire dal fatto che lui è sulla sedia a rotelle, perché se avessero provato a fargli qualcosa”, come ritorsione, “lui una volta uscito avrebbe ammazzato anche i bambini di due anni”.

L’interessamento alla gestione dei parcheggi del piazzale dell’ospedale, era “già partito dai vertici dell’organizzazione facente capo ad Antonio Campana (ufficialmente riconosciuto collaboratore di giustizia) e Raffaele Martena”: “dal carcere pensavano di affidare la gestione a soggetti a loro vicini, per il tramite di Jury Rosafio”, si legge nel provvedimento di arresto firmato dal gip del Tribunale di Lecce. “Solo dopo aver appreso che in tale situazione operavano i figli di Cesario Monteforte, decidevano di desistere in quanto si trattava di organici al sodalizio che di fatto versava direttamente i proventi all’organizzazione e a Francesco Campana in particolare”.

LA GESTIONE DEI POSTI AUTO RIFERITA DAL PENTITO ANTONIO CAMPANA, FRATELLO DEL BOSS FRANCESCO

Antonio Campana

A riferire della gestione dei posti auto davanti al Perrino, è Antonio Campana nell’interrogatorio reso ai pm dell’Antimafia il 7 marzo 2019: “Attualmente su Brindisi il maggior responsabile del gruppo di mio fratello Francesco e, quindi, quando dico di Francesco intendo dire anche di Giovanni Donatiello, è Cesario Monteforte, detto Rodolfo, cognato a affiliato diretto di mio fratello che si occupa attraverso i suoi ragazzi della gestione dei parcheggi all’esterno dell’ospedale di Brindisi e dello stadio della stessa città ai cui utenti viene chiesta una piccola somma di denaro”. Il ricavato – si legge nel verbale del pentito – “viene suddiviso mensilmente tra i vari affiliati, ivi compresi Giovanni e Francesco”.

Quanto alla fonte della sua conoscenza, il collaboratore riferisce: “Ho appreso di questa attività quando ero detenuto nel carcere di Terni, assieme a Raffaele Martena”. In quel periodo erano nella stessa cella e insieme progettavano l’evasione come è stato scoperto nell’ambito dell’inchiesta chiamata Oltre le mura, sulla gestione dal carcere del traffico di droga. “Martena mi disse che era sua intenzione prendere la gestione dei parcheggi, così come voleva rilevare la gestione dei bar ubicati all’interno dello stadio attraverso i suoi affiliati di Tuturano”, è scritto nel verbale a sua firma. “Scrisse, quindi, a Rosafio Jury affinché prendesse in mano la situazione dei parcheggi. Dopo qualche tempo, quando avevamo a disposizione un telefono in cella, nel corso di una conversazione con Rosafio, a nostra domanda su come si stessero svolgendo le attività illecite fuori e sui parcheggi, disse che i soldi li stava prendendo il parente di quello che sta lì con te. Per noi è stato chiaro che si trattava di Monteforte, cognato di Francesco mio fratello”. Antonio Campana conferma, come si è visto, la disponibilità di un telefono cellulare in cella, poi trovato dagli agenti della penitenziaria.

L’ULTIMO PENTITO, FRANCESCO LAZZARO SULLA GESTIONE DEI PARCHEGGI NELLA CITTA’ DI BRINDISI

Altro riscontro sulla gestione dei parcheggi, arriva da Francesco Lazzaro, l’ultimo affiliato della Sacra corona unita ad aver iniziato il percorso delle dichiarazioni, finalizzate alla collaborazione: attualmente nell’anticamera dei pentiti di mafia. “Lazzaro a settembre 2019, mentre era detenuto nella casa circondariale di Saluzzo, manifesta la propria volontà di collaborare con la giustizia e sentito più volte dichiara di aver ricevuto la dote di padrino a carico di Francesco Campana”. Le sue dichiarazioni sono l’ennesimo colpo ai segreti del gruppo di Campana. “Come affiliato ricordo anche Cesario Monteforte, detto Rodolfo, attualmente libero”, si legge nel verbale del 6 novembre 2019, uno degli ultimi resi da Lazzaro. “Nel 2014 Monteforte era detenuto nel carcere di Taranto e in quel periodo ho avuto contatti con lo stesso, quando usufruivamo di permessi premio. Monteforte che, preciso, è cognato di Francesco per aver sposato la sorella, rivestiva la dote di crimine, oggi

Francesco Campana

corrispondente a quella di settima”.

Nei passaggi successivi, c’è la descrizione delle attività illecite: “In particolare ricordo che il 15 agosto del 2014, mi sono incontrato con Monteforte e insieme abbiamo pianificato una richiesta estorsiva nei confronti del titolare di un locale ittico nel porto di Brindisi, quale pensiero per evitare ritorsioni di qualsiasi genere. A tale richiesta non vi fu alcuna replica atteso che lo stesso dipendente aveva già avuto indicazione in tal senso. Venne corrisposta la prima somma richiesta di 2.500 euro, così come mi fu riferito da …omissis…per averlo a sua volta appreso da Rino Valente che aveva proceduto direttamente alla riscossione del denaro su incarico di Rodolfo Monteforte. Dopo aver appreso questa notizia, non ebbi la possibilità di parlare con Monteforte che era già rientrato dal permesso premio, quindi mi lamentai direttamente con Valente al quale dissi che il suo padrino non si era comportato bene e che me la sarei vista direttamente con lo stesso, in occasione del permesso di dicembre, di cui entrambi dovevano usufruire. Non è così accaduto, in quanto sono stato attinto da una nuova ordinanza di custodia cautelare, il 16 dicembre 2014 nell’ambito dell’inchiesta Pax”.

Venendo ai parcheggi, Lazzaro riferisce: “A partire dal 2012 avevo ripreso la gestione del parcheggio nei pressi dell’ospedale Perrino di Brindisi attraverso il mio affiliato ..omissis… Tale gestione fruttava 300-400 euro al giorno, per complessivi 10-11mila euro al mese. Di tali somme, mille euro al mese venivano corrisposti a Monteforte, altri mille a Francesco Campana e duemila a ….(seguono nome e cognome di un brindisino non coinvolto in questa inchiesta, ndr) che all’epoca era mio padrino. Dopo lo screzio con Monteforte, allo stesso non gli è stata più corrisposta alcuna somma di denaro, mentre nulla è cambiato per il reso almeno sino a quando non sono passato a carico di Sandro Campana”.

Sempre con riferimento alla gestione del parcheggio dell’ospedale Perrino: “Devo precisare – si legge nel verbale di Lazzaro – che dopo essere uscito dal carcere minorile e sino all’anno 2004, me ne occupavo personalmente nel senso che ero presente per veduta, ossia presenziavo al fine di scongiurare eventuali problemi.  La situazione è cambiata definitivamente quando sono passato con Sandro Campana e quindi con il suo pentimento. Da quel momento, infatti, Cesario Monteforte mandò a dirmi che sul parcheggio ormai c’era lui e che aveva stretto un’alleanza con …. di Brindisi e che io nulla potevo pretendere, togliendomi anche il mio affiliato, passato a suo carico”.

LA LETTERA SCRITTA A FRANCESCO CAMPANA: “NON POSSONO FARE NIENTE, TI SONO VICINO COL CUORE”

“Ho riferito quanto accaduto a Francesco Campana, per il tramite di Ronzino De Nitto che incontrava Maurizio Briganti di Lecce, detenuto nello stesso carcere di Campana, a Voghera, in occasione dei processi che si svolgevano a Lecce”, spiega Lazzari.

“Mandai a dire a Campana che il cognato Monteforte mi aveva fatto l’abuso dei parcheggi e Campana mi mandò a dire che avrebbe cercato di capire cosa stava succedendo. Dopo circa un anno, Campana tramite una lettera inviatami attraverso ….omissis… mi mandò a dire che mi era vicino con il cuore, ma che non poteva fare nulla, autorizzandomi a compiere quello che ritenevo giusto una volta libero”.

Infine, rispetto alla ripartizione delle somme incassate dalla gestione dei parcheggi dinanzi all’ospedale, Lazzari ha spiegato: “Dalla mia gestione, preciso che mille euro erano destinati a Cesario Monteforte e venivano consegnati direttamente da omissis alla compagna di Monteforte. Solitamente omissis avvisava Giuseppe Monteforte che sarebbe andato a consegnare la somma, sicché presso la loro abitazione si faceva trovare anche l’allora compagna di Francesco Campana, sorella di Monteforte, alla quale veniva consegnata la somma che le spettava. I duemila euro destinati a ….venivano consegnati direttamente a lui sempre da ….”.

IL PENTITO ROBERTO LEUCI: “MISI LA PISTOLA SUL CRUSCOTTO E DISSI CHE IL PARCHEGGIO ERA MIO”

C’è un altro collaboratore di giustizia che ha riferito dell’attività di gestione dei parcheggi e ha svelato come interesse del gruppo mafioso fosse arrivare agli spazi lungo la litoranea di Brindisi. Le dichiarazioni sono quelle di Roberto Leuci e sono state messe a verbale il 23 novembre 2018: Nell’estate del 2015 ci siamo appropriati del parcheggio di un lido confinante con quello dei carabinieri. Era gestito da tale Chiappina. Rino Valente ci ha parlato perché, per conto di Rodolfo Monteforte, gestiva il posteggio di fronte. Chiappina non ha ceduto alle minacce di Valente. Antonio Signorile mi ha detto quello che era successo e io lui siamo andati da Valente perché volevamo la conferma. Avuta questa conferma, io e Roberto Nigro, ci siamo recati al parcheggio di Chiappina e l’abbiamo trovato nella sua auto mentre parlava al telefono. Io mi seduto al lato passeggero e ho appoggiato una pistola calibro 9×21 sul cruscotto dicendogli che da quel momento il parcheggio era mio”.

LA GAMBIZZAZIONE AVVENUTA NELL’ESTATE 2016 E MAI DENUNCIATA

Secondo l’accusa, Cesario Monteforte “aveva approfittato di un permesso premio presso la sua abitazione dal 23 dicembre 2015 sino al 2 gennaio 2016 per imporre il proprio predominio sulla gestione dei vari parcheggi posti davanti all’ospedale e anche su quelli vicini ai lidi balneari nel periodo estivo”, scrive il gip nell’ordinanza. “In tale contesto Teodoro Valenti aveva tentato di imporre il predominio del gruppo Campana sul parcheggio del lido-ristorante…..(è scritto il nome, ndr) fino all’anno precedente gestito da Chiappina”.

Nell’estate 2016, “questi veniva fatto oggetto di attentato a mezzo di esplosione di colpi di arma da fuoco”. Rimase ferito a una gamba. Nessuna denuncia. Autori e mandanti non sono mai stati identificati.

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