DOSSIER/2 Fra i collaboratori, anche Vito Braccio e Francesco Lazzaro: consegnati ai pm della Dda nomi di affiliati, spartizione delle attività e legami con le ndrine calabresi. Le confessioni hanno già permesso di trovare un telefonino nascosto in carcere, in uso a Raffaele Renna
Di Stefania De Cristofaro
BRINDISI – Nuovo scossone interno alla Sacra corona unita, versante Brindisino, per mano di chi sostiene di conoscere tutto del sodalizio mafioso per esserne stato un fedelissimo. Negli ultimi sei mesi, dopo il pentimento di Antonio Campana, fratello del boss Francesco, ci sono state due collaborazioni: Francesco Lazzaro e Vito Braccio, entrambi di Brindisi, hanno reso una serie di dichiarazioni contribuendo ad alimentare l’emorragia interna all’associazione di stampo mafioso.
I NUOVI PENTITI: VERBALI SULLA VECCHIA E SULLA NUOVA GUARDIA DELLA SCU
La notizia relativa ai due nuovi pentiti trova conferma ufficiale all’indomani del blitz Old Generation. E non è detto che non ci siano altre crepe alimentate da ulteriori pentimenti. Ad oggi, l’inchiesta Old generation offre lo scenario più aggiornato dell’associazione mafiosa tra Brindisi e provincia, essendo l’ultima a essere stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce: 19 indagati, 14 dei quali accusati di aver fatto parte del sodalizio mafioso, guidato in carcere da Francesco Campana e all’esterno da Giovanni Donatiello. Tanto per il pm della Dda, quanto per il gip il due Campana-Donatiello voleva riportare in auge la “vecchia” frangia della Sacra corona unita, quella dei cosiddetti tuturanesi, da sempre legati ai nomi storici del calibro di Pino Rogoli. La old generation (da qui il nome dell’inchiesta) non era finita in pensione, messa da parte dal gruppo dei giovani desiderosi come mai prima di fare il salto di qualità, spinti da Raffaele Renna.
Nelle 458 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare notificata a Campana, già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Tony D’Amico, fratello di Massimo, ex Uomo tigre della Scu, e a Donatiello, sono stati riportati alcuni dei verbali di recente dai due nuovi collaboratori di giustizia.
LE DICHIARAZIONI DI FRANCESCO LAZZARO: TELEFONINO TROVATO NELLA CELLA DI RAFFAELE RENNA
Francesco Lazzaro, arrestato nell’inchiesta chiamata Pax a dicembre 2014, “sin dall’inizio della sua collaborazione, nel carcere di Saluzzo” ha “contribuito al ritrovamento di un telefonino cellulare in carcere il 26 settembre 2019. Il dispositivo, formato mini, era in uso a “Raffaele Renna” e veniva usato dai detenuti per comunicare all’esterno”. Lazzaro ha precisato di essere stato ristretto assieme a Renna e nel corso dell’interrogatorio reso il 3 ottobre 2019 al pm, ha fornito “dichiarazioni di notevole rilievo”, a conferma della bontà della sua collaborazione.

“Il telefono cellulare veniva usato da Raffaele Renna alla mia presenza”, si legge nel verbale di Lazzaro. A seguire la descrizione delle modalità di uso, per fare e ricevere chiamate in cella. “Dapprima intercorreva una chiamata con l’utenza sopra indicata (e coperta da omissis, ndr) parlando con Stoppani, Sebastiano, Guadadiello, Pio Pio, Antonio Perrone e con due dei quattro fratelli di Torchiarolo”. Si tratta di nomi che Lazzaro ha fornito parlando degli affiliati.
“Nel corso di queste conversazioni si parlava dell’attività di traffico di stupefacenti del territorio, nonché delle intenzioni di uccidere Giovanni Donatiello indicato con il termine ‘la mano’ per il soprannome cinquelire, come il numero delle dita. Subito dopo arrivava una telefonata proveniente da un numero anonimo e l’interlocutore risultava essere Marco Pensa, indicato da Renna come il palestrato. La conversazione riguardava la spartizione del territorio, in merito al traffico di sostanze stupefacenti”.
IL RUOLO DI GIOVANNI DONATIELLO E LE ATTIVITA’ CONTROLLATE TRAMITE GLI AFFILIATI
Lazzaro, stando agli atti, è stato interrogato anche il 7 novembre 2019 dal pm della Dda, per approfondire la figura e il ruolo assunto da Giovanni Donatiello: “Alla domanda che mi viene posta in merito alla persona di Donatiello, preciso che ad oggi è il capo indiscusso della Sacra corona unita sul territorio di Mesagne e nei paesi limitrofi di San Donaci, Ostuni, Fasano e Carovigno”, è scritto nella trascrizione della risposta.
“Originariamente era affiliato a Giuseppe Rogoli. Successivamente, nel corso degli anni e a seguito della scissione operata da parte del clan capeggiato da Antonio Vitali, Massimo Pasimeni, Massimo D’Amico, Donatiello è stato estromesso e quindi si è affiliato direttamente a Ciccio Barbaro, appartenente all’omonima ‘ndrina di Platì con la dote di capo crimine”.
Quanto alla fonte della sua conoscenza, vale a dire da chi e in che modo, Lazzaro ha appreso queste informazioni, la risposta al pm è stata la seguente: “Ho appreso tali notizie da Raffaele Renna che, a sua volta, lo aveva appreso direttamente da Donatiello, mentre erano detenuti entrambi nel carcere di Parma. Da Renna ho appreso, durante la comune detenzione nel carcere di Saluzzo, che recentemente Donatiello ha affiliato a San Donaci …omissis, e Angelo Pagliara detto ‘focu meu’”. Pagliara è indagato nell’inchiesta Old generation, mentre l’altro è ad oggi in libertà in attesa della conclusione di un altro troncone di indagine sulle affiliazioni di stampo mafioso. Tutti e due, secondo Lazzaro, “erano prima affiliati ad Antonio Vitale, detto il marocchino”, detenuto da tempo.
Il collaboratore ha precisato che le “affiliazioni sono avvenute a partire dal mese di marzo 2018, a seguito della scarcerazione di Donatiello” e di averne avuto contezza da Renna. “Renna veniva aggiornato dalla moglie e dalla zia nel corso dei colloqui”, è scritto nel verbale firmato da Lazzaro. “Donatiello cura, attraverso i suoi affiliati, tutte le attività illecite, dal traffico di droga alle estorsioni”. Lazzaro ha tenuto a sottolineare di “non essere a conoscenza degli attuali rapporti tra Francesco Campana e Giovanni Donatiello”, avendo deciso di troncare ogni contatto nel momento in cui ha maturato l’intenzione di lasciare l’associazione.
LA VOLONTA’ DI RAFFAELE RENNA DI UCCIDERE GIOVANNI DONATIELLO

Per il gip che ha accolto la ricostruzione dell’accusa, rispetto non solo alla resistenza della vecchia guardia, ma alla volontà di riscatto del gruppo, “Lazzaro riferisce dell’intento omicidiario di Raffaele Renna nei confronti di Giovanni Donatiello” e “conferma che lo stesso era da imputare a un contrasto fra i due risalente nel tempo, aggravatosi probabilmente per il ruolo sempre più preminente assunto da Donatiello all’interno dell’organizzazione mafiosa”.
La “fonte di Lazzaro è indiretta”, ma per il gip è “attendibile” perché “egli ha dimostrato, facendo ritrovare il cellulare, di essere perfettamente a conoscenza delle attività illecite di Renna”. “D’altronde – scrive sempre il giudice – che la moglie Daniela Fortunato e la zia Maria Carmela Rubini (di Renna, ndr) fossero intranee all’organizzazione mafiosa è ampiamente comprovato da quanto già accertato nel corso del procedimento penale, nel cui ambito sono state condannate in primo grado”. La moglie di Renna alla pena di “sei anni di reclusione” per droga, la zia a 12 anni per narcotraffico.
Donatiello e Renna sono stati effettivamente nello stesso carcere di Parma nel periodo compreso tra l’11 giugno 2016 e il 7 luglio 2016 e dell’esistenza del contrasto fra i due ha riferito Antonio Campana, nel corso dell’interrogatorio reso il 28 maggio 2019, il cui contenuto non è mai stato reso noto essendo stato secretato. Il relativo verbale è leggibile per la prima volta ora, nell’inchiesta Old generation, e si riferisce al “sequestro lampo del figlio di Barabba”. Secondo Campana, “Raffaele Martena (del gruppo del nuovi, ndr) parlava male di Giovanni Donatiello e lo indicava come mandante del sequestro”, in seguito al quale venne pagato un “riscatto di 100mila euro”, metà dei quali “versati dalla famiglia di Raffaele Martena, poiché in quel periodo luigi Barabba erano in società nella gestione del traffico di droga”.

IL PENTITO VITO BRACCIO: “A BRINDISI VOLEVANO FARE UNA BELLA COSA”
L’altro ad essere effettivamente passato nelle fila dei “dichiaranti”, anticamera della collaborazione e quindi del riconoscimento a 360 gradi dell’essere pentito, è Vito Braccio, di Brindisi. “Dichiarazioni importanti” anche le sue: sono state raccolte il 12 luglio 2019. “Per quel che riguarda l’attuale struttura della Sacra corona unita su Brindisi – ha detto – so che la situazione è stata presa in mano da Giovanni Donatiello, nel senso che lui per conto di Francesco Campana è attualmente al vertice dell’organizzazione”. Braccio ha precisato di aver saputo del nuovo organigramma da “Angelo Pagliara, incontrato lo scorso dicembre nelle campagne fra Brindisi e San Donaci”. Il dichiarante sostiene che in quella occasione ha “fornito” Pagliara di “30 grammi di cocaina” a fronte della richiesta di 50. “Sapevo – ha spiegato – che si trattava di una fornitura che non sarebbe stata pagata”.
“Fu allora che Pagliara mi disse che si stava organizzando con Giovanni Donatiello, per fare una bella cosa su Brindisi e che se avessi voluto sarei potuto andare con loro”.
Restano ancora coperti da omissis i nomi di altri affiliati su Brindisi città e negli altri comuni della provincia.
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