Fidanzati uccisi: “Erano felici, mi è salita la rabbia”. Sadico compiacimento di uccidere

Antonio De Marco ha agito da solo per ammazzare Daniele De Santis ed Eleonora Manta: duplice omicidio in dieci minuti. Cuore, polmone, milza e intestino lacerati dalle coltellate. Sulla calzamaglia usata come cappuccio aveva disegnato una bocca con un pennarello nero: “Macabra ritualità”. L’arbitro colto di sorpresa in cucina ha provato a chiedere aiuto con il telefonino: il dispositivo trovato sporco di sangue sul pavimento. L’universitario ha cancellato la sua pagina Facebook e il numero dell’arbitro. Il pm: “Spietatezza ed efferatezza, insensibilità a ogni richiamo umanitario, pericoli di fuga e reiterazione del reato”

di Stefania De Cristofaro

LECCE – Nessuna pietà. Nessuna compassione per i due fidanzanti. Neanche dopo averli visti agonizzanti a terra. Ha accoltellato lei e lui ancora e ancora. Azione “spietata” e “premeditata” in una “macabra ritualità per mero compiacimento sadico”, arrivando persino a disegnare una bocca di colore nero sulla calza di nylon che gli copriva il volto. Antonio Giovanni De Marco, lo studente di Scienze infermieristiche, 21 anni, originario di Casarano, nel Leccese, sapeva di avere il fiato sul collo e per questo poteva fuggire e, prima ancora, poteva tornare a uccidere usando lo stesso coltello che aveva acquistato per ammazzare Eleonora Manta e Daniele De Santis.

LA CONFESSIONE DELLO STUDENTE UNIVERSITARIO E IL MOVENTE

Ha confessato. Ha ammesso di essere lui l’assassino. Lo ha fatto usando poche parole: “E’ vero, li ho uccisi”. Perché lo ha fatto? Per quale motivo tanta ferocia? “Erano troppo felici, mi è salita la rabbia”, la sua prima risposta in qualità di indagato, sottoposto a fermo di indiziato di delitto. E’ accusato di essere l’unico responsabile del duplice omicidio, con le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, in attesa che le indagini consegnino un quadro più chiaro del movente che, al momento, è riconducibile a un gelosia e invidia per un sentimento che lo studente non provava. Anzi. La felicità della coppia di fidanzanti gli dava fastidio ed era tale e tanta da provocare rabbia sino a organizzare un piano per far fuori entrambi.

L’ACCUSA DI OMICIDIO AGGRAVATO: “TOTALE INSESIBILITA’ A OGNI RICHIAMO UMANITARIO”

Antonio Giovanni De Marco

Lui che aveva scelto di fare l’infermiere di professione, per prendersi cura ogni giorno degli altri ha ucciso con ferocia, dimostrando una “totale insensibilità a ogni richiamo umanitario”, stando a quanto si legge nel decreto di fermo con l’accusa di omicidio aggravato, firmato dalla pm Maria Consolata Moschettini della Procura di Lecce. Azione criminosa – c’è scritto – realizzata con spietatezza e totale assenza di ogni sentimento di compassione e pietà verso il prossimo”. “Nonostante le ripetute invocazioni a fermarsi urlate dalle vittime, l’indagato proseguiva nell’azione meticolosamente programmata, inseguendole per casa, raggiungendole senza mai fermarsi”. Un fendente ha anche raggiunto Daniele De Santis al volto. “L’inflizione di un notevole numero di colpi anche in zone non vitali e dunque senza che tali modalità dell’agire fossero necessarie per l’economia e per la consumazione del reato, appare sintomatico di un’indole particolarmente violenta, insensibile a ogni richiamo umanitario”.

Il pm ha anche evidenziato la “sproporzione tra la motivazione del gesto” che potrebbe essere stato preceduta da una lite, e “l’azione delittuosa ulteriore elemento tale da far ritenere che questa sia stata perpetrata per mero compiacimento sadico nel provocare la morte della giovane coppia”.

IL COLTELLO USATO PER UCCIDERE I FIDANZATI NON E’ STATO TROVATO

Si è procurato un “grosso coltello” che non è stato ancora trovato. I carabinieri hanno rinvenuto il fodero ai piedi di un organo a pedali all’interno dell’appartamento. Ha messo “guanti di plastica”, ha ricavato un cappuccio da “un paio di calze di nylon da donna” disegnando una bocca di colore nero, si è procurato “strisce stringitubo e ha trascritto su cinque fogli di carta “il cronoprogramma dell’azione criminosa con descrizione di diversi particolari relativi alle modalità esecutive” del duplice omicidio. Ha raggiunto l’abitazione dei fidanzati, è riuscito a entrare avendo un mazzo di chiavi e ha accoltellato entrambi come una furia.

Eleonora e Daniele sono morti per “insufficienza cardio-respiratoria acuta da lacerazione di cuore, polmone, milza e intestino. Un massacro.

I FIDANZATI SORPRESI IN CUCINA. LA CALZA DI NYLON CON IL DISEGNO DI UNA BOCCA NERA E LA BOTTIGLIA DI ACE

I fidanzati sono stati sorpresi in cucina, poco prima di cenare. La tavola era apparecchiata. Hanno provato a sottrarsi alla furia dello studente e nel tentativo di scappare hanno usato mobili come scudo, riuscendo ad arrivare all’ingresso: Eleonora Manta è stata raggiunta sul ballatoio ed è crollata sul pavimento, Daniele De Santis è riuscito a fare qualche passo in più, arrivando sino alle scale che portano al piano sottostante. Lungo il corridoio è stato trovato un flacone di Ace, più avanti un telo copritutto. Sul pianerottolo è rimasta la calza di nylon: due fori all’altezza degli occhi, cerchiati in nero e dello stesso colore la bocca disegnata.

Qualcuno dei condomini nei primi istanti ha pensato quei rumori di mobili che cadevano e di tonfi erano di un “terremoto”. “Una sedia che cade”, quella sì può finire a terra per una scossa. “Non cade un tavolo, non cade una credenza”. E le urla disperate.

Dieci chiamate ai centralini di pronto intervento delle forze dell’ordine, tra le 20.45.44 e le 20.59.19: sull’orario del duplice omicidio, la ricostruzione porta a ritenere che i due giovani siano stati ammazzati “in poco meno di dieci minuti” nell’arco appunto compreso tra “le 20.45.44”, a cui risale la prima telefonata di soccorso, e quella successiva delle 20,54.19”.

LA PRIMA TELEFONATA AL 112 ALLE 20,45: UN TESTIMONE VEDE UN UOMO CON UN COLTELLO

La ricostruzione illustrata nel decreto di fermo parte dalla telefonata che alle 20,45.55 arriva alla centrale operativa dei carabinieri: a comporre il numero di pronto intervento è un giovane di 28 anni, nato in Albania e residente a Lecce, uscito per portare a passeggio il suo cane. “Sto sentendo delle grida, tipo ‘na lite domestica violenta, tra viale don Bosco e la parallela, ci sono delle palazzine, si sentono delle grida allucinanti, proprio con un una violenza inaudita”.

Le urla disperate di Eleonora vengono ascoltate in diretta dal militare che risponde alla chiamata arrivata al centralino del 112: “Ricordo che ho inserito il vivavoce per far sentire le grida all’interlocutore”, si legge nella trascrizione che si riferisce alla telefonata ai carabinieri. “Al termine, ricordo di aver fatto caso che le urla di aiuto andavano ad affievolirsi sempre più sino a non udirle più”. I due fidanzati erano già morti: ammazzati con una serie di coltellate. Più di sessanta stando all’esame autoptico.

Il giovane richiama: “E’ uscito un uomo armato, ha un coltello nella mano sinistra, sta tendando la fuga verso Porta Rudiae dalla zona dell’acquedotto, dalla parte di via Martiri d’Otranto”, aggiunge. Si trova a essere testimone in maniera del tutto involontaria: vede passare quel giovane con il coltello a 15-20 metri da lui. “Il coltello ha una lama di 15-20 centimetri”, dice al telefono. “Sta a piedi, non ha auto o moto, è da solo”.

Al 112, alle 20.46.27 arriva la telefonata di un ragazzo dello studentato universitario che chiede l’invio di una pattuglia. “Sto sentendo urlare, in una casa di fronte, sto sentendo una donna che chiede aiuto”. L’universitario spiega di trovarsi In cucina e di aver pensato inizialmente a una banale lite. “Poi quando ho sentito un forte tonfo, come di un mobile che cadeva e il rompersi di ceramiche e una voce di donna che implorava fortemente aiuto, ho deciso di chiamare immediatamente con il mio cellulare il 112”, è scritto nel verbale della trascrizione dell’interrogatorio dello studente. Alle 20.46.36, richiesta di intervento alla polizia di stato da una ragazza dello studentato.

LA TELEFONATA AL 113 DEL CONDOMINO DEL PIANO INFERIORE: VEDE L’ASSASSINO DALLO SPIONCINO

Al centralino del 113 arriva una telefonata con richiesta di aiuto da parte di un condomino alle 20.48: si chiama Andrea, nome circolato erroneamente nell’immediatezza dei fatti come quello del killer perché alcuni giovani ospiti, domiciliati presso la casa dello studente che si trova vicino alla palazzina di via Montello, sentono prima “ti prego, fermati” e poi gridare il nome di Andrea e ancora aiuto. La voce è quella di una donna.

Andrea effettivamente, sentendo le grida, si affaccia sul pianerottolo e urla: “Ho chiamato la polizia”. E’ ragionevole pensare che Eleonora riconosce la voce del vicino di casa e chiede aiuto a lui. L’assassino non si ferma. “La donna e l’uomo pronunciavano frasi del tipo ‘aiuto, cosa stai facendo’”. “Le urla e i rumori erano tali che capivo che non si trattava di una semplice lite e che stava accadendo qualcosa di brutto”, è scritto nel verbale di interrogatorio del condomino. Per questo, richiama: “Nel contempo mi avvicinavo alla porta della mia abitazione per capire qualcosa di più”. Questo è il suo racconto: “Sentivo la porta di sopra aprirsi e le urla diffondersi sul pianerottolo di sopra nel vano scala A. A questo punto pensavo ci fosse un ladro, ho aperto la porta e ho urlato: ‘sto chiamando la polizia’”.

Chiusa la porta, guarda dallo spioncino: “Notavo una figura che si trascinava sulle scale, non capivo chi potesse essere. Poco dopo notavo una persona che si avvicinava e lo colpiva più volte e sentito chi stava a terra che diceva più volte ‘basta, basta, basta”. Lo implora di fermarsi, Daniele De Santis. Ma niente. L’omicida a questo punto va via: “Dallo spioncino ho visto che questa figura che con passo normale e apparentemente tranquillo scendeva le scale”. Felpa di colore nero, con il cappuccio alzato, e sulle spalle uno zainetto di colore giallo con inseriti grigio-argento. Un metro e 75 di altezza, stando alla descrizione di chi lo vede dallo spioncino, spalle larghe.

Il condomino, sentito nuovamente dai carabinieri, ricorda che la donna gridava: “Aiuto, ci stai ammazzando”. In televisione, c’era la partita del Milan contro il Bologna. Quelle parole ci-stai-ammazzando continuano a rimbombargli in testa.

La ragazza, fidanzata con il giovane che abita nell’appartamento del piano di sotto, parlando al telefono con un’amica, spiega di aver “sentito rumori dal solaio”, in modo “improvviso”. E questo conferma il fatto che Daniele ed Eleonora sia stati “colti di sorpresa” e accoltellati con ferocia. Alle 20.50 ancora una telefonata da parte di un altro giovane dello studentato. Poi di nuovo il condomino di nome Andrea.

L’ARRIVO DEI CARABINIERI: TROVATI BIGLIETTINI E FASCETTE

La pattuglia del Norm dei carabinieri arriva alle 20,55: i militari vedono i cadaveri di due ragazzi. Al secondo piano, quello di Daniele De Santis, sul ballatoio quello di Eleonora Manta. Inizia la caccia al killer.

Nel piazzale antistante la palazzina, nei pressi del marciapiede, viene trovata una fascetta “serracavo di colore nero di 35 centimetri per 0,5”. Vengono trovati cinque foglietti di carta scritti a mano. Piegati e sporchi di sangue: su uno c’è una mappa, su un altro come accoltellare, sugli altri come pulire. Sangue anche sulla maniglia interna del portoncino d’ingresso posto a destra dello stabile che non presenta alcun segno di effrazione e sul passamano della prima rampa di scale. A metà del corridoio che conduce secondo e ultimo piano del condominio, una pozza di sangue e una ciocca di capelli. Più avanti un laccio di colore nero. Disteso sulla scalinata, il corpo senza vita di Daniele: pantaloncino e maglietta pieni di sangue.

 

L’ULTIMA STORIA PUBBLICATA DA ELEONORA SU INSTAGRAM ALLE 20.43

Eleonora usa per l’ultima volta il suo telefono alle 20,43 del 21 settembre: è l’ora che il perito informatico nominato dai pm indica come quella della “cessazione della sessione attiva sul social network”. E’ “l’ultima operazione registrata sul dispositivo effettuata dall’utente. Le successive risultavano essere operazioni in ingresso o in background”. In altre parole, “tale dato può con correttezza conferma che Eleonora Manta non abbia più usato il suo dispositivo dopo quell’ora”, è scritto nel decreto di fermo.

La conferma dell’orario arriva dall’analisi sul telefonino in uso a Daniele De Santis: il ragazzo “viene fotografato da Eleonora alle 20.05, allorché era da poco arrivato a casa, sull’uscio della cucina con un busta in mano”. Sull’orario di rientro nell’appartamento non ci sono dubbi, poiché il dispositivo del giovane arbitro aggancia la rete wi-fi un minuto dopo. Una volta tornato a casa, il giovane scatta delle foto e le invia in alcune chat WhatsApp. L’ultimo accesso risulta alle 20,44. Poi l’inferno, il massacro lì nell’abitazione scelta per vivere il suo amore con Eleonora.

IL TENTATIVO DI DANIELE DI CHIUDERE AIUTO CON IL TELEFONINO : LUI E LA FIDANZATA UCCISI IN DIECI MINUTI

Stando alla ricostruzione, l’arbitro prova a chiedere aiuto con il telefonino: sul display del cellulare rimane uno screenshot dello schermo bloccato delle ore 20,47. Il dispositivo viene trovato dai carabinieri sul pavimento della cucina, sporco di sangue.

L’analisi dei tabulati telefonici ha accertato che l’ultimo accesso alla rete di De Santis è avvenuto dopo una videochiamata delle 20,37, della durata di quattro minuti e 41 secondi con un amico. Circostanza confermata dalla madre del giovane, secondo la quale il figlio verso le 20 era andato da lei a prendere dei dolci e che lei alle 20,46 gli aveva mandato un messaggio su WhatsApp. Il figlio non ha risposto. Non poteva farlo. Era già stato ucciso. Da chi?

LE INDAGINI: I PRIMI SOSPETTI SULLA CERCHIA DEGLI AFFITTUARI DELL’APPARTAMENTO

Le indagini partono da un dato di fatto: chi ha agito, è entrato nell’appartamento senza alcuna difficoltà. O perché i due fidanzati gli hanno aperto la porta o perché l’assassino aveva le chiavi di casa. Per questo motivo l’attenzione degli investigatori viene rivolta subito nei confronti delle persone che avevano preso in affitto le stanze della casa. Il mercato della locazione a Lecce è alimentato soprattutto dalle richieste degli universitari. Daniele De Santis oltre a fare l’arbitro si occupava di affittare le camere, mentre Eleonora Manta lavorava all’Inps di Brindisi.

Sul telefonino del ragazzo sono state trovate 165 annotazioni con la scritta “Montello”, corrispondente al nome della strada, “frutto evidente dell’abitudine di salvare gli stessi contatti degli ospiti” con quello della via. Da qui un restringimento del ventaglio investigativo: cercare chi poteva ancora entrare in quella abitazione. Entrare senza neppure bussare. E che l’assassino sia entrato senza citofonare o bussare al campanello, è emerso nel momento in cui sono stati comunicati i primi risultati della perizia sui telefonini perché è stato accertato “un breve lasso di tempo tra l’ultimo contatto telematico avuto da Daniele, con un suo amico, e la prima telefonata di richiesta di intervento”.

Il passo successivo ha portato gli investigatori a stilare una lista di ex inquilini, nella quale c’era il nome di Antonio Giovanni De Marco, memorizzato da De Santis come “ragazzo-infermiere-via-Montello”.

I MESSAGGI SU WHATSAPP TRA DANIELE E ANTONIO SULL’AFFITTO DI UNA CAMERA DELL’APPARTAMENTO

Fra Daniele De Santis e Antonio De Marco l’ultimo messaggio scambiato su WhatsApp risale al 17 agosto. Il primo al 29 ottobre del 2019. Hanno sempre parlato dell’affitto di una camera nell’appartamento. De Marco “esprimeva l’idoneità dell’appartamento, trovandosi nelle vicinanze delle fermate dei bus di linea urbana”. Era comodo per spostarsi, non avendo un’auto. Ed è a una fermata di autobus che si è fermato l’omicida.

Il 6 luglio 2020, tramite WhatsApp, De Marco aveva chiesto a De Santis la disponibilità della stessa stanza nella quale egli aveva già alloggiato per motivi legati alla frequenza del tirocinio universitario”. Lo stesso giorno De Santis informa la sua ragazza della richiesta di locazione “dell’infermiere”: “entrambi commentavano con una risata, scrivendo testualmente ahahaha, il possibile ritorno del ragazzo. Eleonora aggiungeva: “Torna tutto come prima XD”, rappresentando con le ultime due lettere una ulteriore risata”.

LA COABITAZIONE DI ELEONORA MANTA E ANTONIO DE MARCO E I POSSIBILI SCREZI

Questo scambio di battute, secondo la lettura data dai pm, è da “ricondurre verosimilmente alla volontà dei due di deridere il ragazzo in ragione di un possibile episodio accaduto durante la sua precedente permanenza in quella casa dal 30 ottobre al 30 novembre 2019”. In quel periodo, lo studente aveva occupato una stanza e aveva condiviso l’appartamento con Eleonora Manta. Stando alle testimonianze raccolte, quella non poteva essere definita una “coabitazione scevra da situazioni difficili”. Un’amica di vecchia data della ragazza ha riferito infatti che” Eleonora non si trovava a suo agio perché l’appartamento era condiviso da altre persone”.

IL POST DI DE MARCO SU FACEBOOK E LA CANCELLAZIONE DEL PROFILO

Il 3 luglio, quindi 3 giorni prima aver chiesto una nuova locazione, Antonio De Marco pubblica sulla sua pagina Facebook un post “tratto dal blog Universo psicologia”, il cui titolo è “desiderio di vendetta” e che “stigmatizzava tale sentimento, riportando il seguente commento: Un piatto da servire freddo—è vero che la vendetta non risolve il problema, ma per pochi istanti ti senti soddisfatto”, accompagnandolo da due faccine sorridenti”.

La consulenza informatica ha accertato anche che fino al giorno d’inizio delle perquisizioni, la foto del profilo Facebook di Antonio De Marco era visibile anche al dispositivo in uso a Daniele De Santis. “in seguito il profilo del ragazzo-infermiere non risultava essere più visibile”. Per quale motivo? “Verosimilmente a seguito della eliminazione della stessa dal proprio dispositivo, per non essere identificato e rintracciato”, è scritto nel decreto di fermo. La consulenza ha ricostruito il contenuto di 55 chat intercorse fra i due.

LE TELECAMERE: TRE FOTOGRAMMI DECISIVI PER IL RICONOSCIMENTO

Altro elemento importate ai fini delle indagini, è costituito dalle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza a presidio della città di Lecce. Tre i fotogrammi decisivi. Alle 20,55 un occhio elettronico che si trova in via Martiri d’Otranto, a pochi metri dall’accaduto riprende un giovane che nell’abbigliamento e nella corporatura corrisponde a quello indicato dal giovane ai carabinieri al telefono. E’ la stessa figura che si vede nel raggio di ripresa di una seconda telecamera alle 20,35, quindi prima dell’omicidio: questa si trova in via Veneto e mostra il ragazzo con una mascherina facciale di colore nero, “corrispondente a quella trovata sul luogo del duplice omicidio”.

Il terzo fotogramma è stato ricavato dalla visione del filmato registrato dalla telecamera in via Alessandro Fleming alle 21.09: in questo caso, lo zoom ha permesso di vedere che sui jeans c’erano delle macchie di sangue. Una all’altezza del ginocchio sinistro e l’altra nella parte laterale della gamba destra. In via Fleming risiede lo studente universitario del corso di Scienze infermieristiche.

IL PERCORSO RIPORTATO IN UNO DEI BIGLIETTI PERSI DALL’ASSASSINO

Il percorso ricostruito dalle telecamere è “compatibile con il contenuto di uno dei cinque fogli scritti nel quale è riportato: “Scendo dalla fermata, attraversi e ri-attraversi in diagonale poco prima del bar di via V.Veneto c’è il condominio a dx a fine strada attento di fronte passare velocemente sul muro a sinistra”. Che questo biglietto l’abbia scritto De Marco, per l’accusa è certo perché è stata disposta una comparazione calligrafica con la firma che il 21enne ha apposto sulla domanda di rilascio della patente, in data 28 giugno 2017 e sulla carta d’identità rilasciata dal Comune di Casarano il 23 maggio dello stesso anno.

I biglietti deve averli persi nella colluttazione.

IL PERICOLO DI FUGA E REITERAZIONE DEL REATO: L’INFERMIERE SAPEVA DI ESSERE PEDINATO

L’infermiere sapeva di essere pedinato e per questo motivo poteva fuggire. Era certo di essere stato individuato. Era consapevole del fatto che, avendo perso in maniera accidentale la calzamaglia, qualcuno poteva averlo visto. Aveva perso anche la mascherina nella colluttazione con i ragazzi. E non era riuscito a perfezionare il piano che prevedeva “un meticoloso programma di cancellazione delle tratte attraverso detergenti e teli”, così come “descritto nei biglietti trovati”. Il 26 settembre, poi, aveva scoperto di essere seguito dai carabinieri: aveva individuato l’auto usata dai militari e si era reso conto di essere anche videoripreso.

Non solo. Dopo il duplice omicidio, i contatti telefonici con amici e parenti sono diminuiti e sono diventati brevissimi, a differenza delle comunicazioni attraverso i canali informatici perché considerati di più difficile monitoraggio. Tra le conversazioni riportate, per contenuto, nel decreto di fermo, c’è quella del 27 settembre scorso, quando lo studente viene chiamato da uno zio che gli comunica che sarebbe stato a Lecce e che gli avrebbe portato qualcosa da mangiare. De Marco risponde di non essere a casa senza aggiungere altro.

Dal suo telefono, inoltre, ha cancellato il numero di De Santis. Infine sapeva che gli investigatori poiché avevano trovato biglietti, guanti e mascherina erano nelle condizioni di ricavare il Dna per iniziare una serie di confronti. Poteva fuggire. Prima ancora, tenuto conto della “estrema pericolosità”, per il pm c’era il rischio che potesse tornare a uccidere. Fermato e portato in carcere otto giorni dopo il massacro.

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