Ex Cemerad, rifiuti nucleari. E una bonifica attesa da 20 anni

 

// INCHIESTA// Statte. Tra i 14mila e i 18mila fusti di rifiuti radioattivi in un capannone, scoperti nel 1995 e mai bonificati. I soldi c’erano ma non sono mai stati spesi e sono stati destinati ad altro

Di Gabriele Caforio STATTE – L’Italia è un paese strano. È un paese dove si può dire che il nucleare non sia di casa perché diversi referendum ne hanno negato l’utilizzo ma è un anche un paese dove il rischio nucleare è sempre dietro l’angolo. Perché anche se col nucleare non ci produciamo l’energia, di scorie e di rifiuti radioattivi ne abbiamo fin troppi e “alle volte” li custodiamo male. Un esempio è il caso dello stabilimento Ex Cemerad di Statte, 1.140 metri cubi di rifiuti radioattivi, in stato di deterioramento, racchiusi in strutture dello spessore di una lamiera. Le indagini del Corpo Forestale volute dal procuratore di Matera Nicola Maria Pace, che portarono alla luce le illegalità del deposito, sono ormai vecchie di 20 anni. Si dovrebbe bonificare e mettere in sicurezza il sito, invece è tutto fermo, o quasi. Alcuni giorni fa il Corriere ha pubblicato le immagini delle indagini del Corpo Forestale che riprendono l’interno del capannone, nel 1995, adibito a sito di stoccaggio di rifiuti nucleari. Tra i 14mila e i 18mila fusti, pieni di rifiuti radioattivi, alcuni dei quali addirittura hanno tempi di decadenza di 9.999 anni. Uno stoccaggio delicato e di lungo termine in un capannone che non è neppure in cemento. Nessuna bonifica è stata fatta dal 1995 ad oggi. La società proprietaria del sito, la Cemerad di Giovanni Pluchino, riceveva rifiuti da tutta Italia. Le indagini hanno portato alla luce che la Cemerad aveva rapporti con Nucleco, società partecipata sia da Agip che da Enea che si occupa di ecoingegneria nucleare. Un giro ampio di rapporti commerciali che arrivava fino a legami con i casalesi e con una loggia massonica di cui faceva parte lo stesso proprietario. La bonifica, il Tribunale di Taranto l’aveva già disposta venti anni fa ma il Comune di Statte adesso sta preparando una nuova gara per la sola caratterizzazione del sito. I soldi stanziati in passato, 3 milioni e 700mila euro, non sono stati mai spesi. I fondi dovevano essere impegnati entro il 2008, ma i progetti hanno accumulato nel tempo vari ritardi e la Regione alla fine ha destinato i soldi ad altri usi. Secondo Roberto Mezzanotte, ex direttore del Dipartimento nucleare dell’Ispra, “in questo caso è possibile dire che chi ha inquinato forse l’ha fatta franca”. Sulla vicenda sono recentemente intervenuti anche i Verdi e l’Italia dei Valori. Angelo Bonelli, leader dei Verdi, ha chiamato in causa le istituzioni che “non sono intervenute rispetto ad una situazione estremamente pericolosa che dimostra come le bonifiche non siano state affrontate con la determinazione che la legge richiede” e chiede un intervento “immediato” del Ministero dell’Ambiente. L’altra tirata d’orecchio è arrivata dall’Italia del Valori attraverso una nota inviata da Luciano Pisanello, responsabile organizzativo, al neo governo Renzi chiedendo di “rendere finalmente credibile e tangibile la presenza della Stato in riva ai due mari: dall’Ilva fino al vergognoso caso dell’ex Cemerad di Statte”. “È impensabile – aggiunge la nota – che in vent’anni a sia stato fatto per porre rimedio a un disastro dalle dimensioni abnormi”, conservando “praticamente a cielo aperto materiale a decadenza di radioattività a 10mila anni”. Domani i cittadini di Taranto e Statte marciano anche per non far calare l’attenzione su tutta questa storia, ma non saranno soli. Tante le adesioni da altre parti della Puglia ma soprattutto tante le adesioni dal resto d’Italia. La lista delle zone lungo lo Stivale che sono molto inquinate e pericolose è ormai lunga: La Spezia, Trieste, Brescia, Vado Ligure, Porto Tolle, la Terra dei fuochi, Gela, Milazzo, Priolo, la Valle del Sacco in Lazio, Bussi sul tirino in Abruzzo e l’elenco potrebbe continuare ancora. La marcia di Taranto, si ripromettono gli organizzatori, sarà anche un momento per fare rete tra queste realtà che a seconda dei periodi godono di riflettori puntati o vengono facilmente dimenticate. Leggi l’inchiesta del Tacco sui Sin pugliesi: I SIN pugliesi, troppi ritardi e poche bonifiche Bonifiche terreni contaminati: arriva il condono tombale

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