Scu, il collaboratore Andrea Romano: casa popolare del Comune, summit in un distributore di benzina

DOSSIER4/L’ASPIRANTE PENTITO ANDREA ROMANO Brindisi. Nel verbale del 31 marzo scorso, è leggibile anche la parte in cui l’aspirante pentito racconta ai pm dell’Antimafia di Lecce degli incontri tra Rodolfo Monteforte, Giovanni Donatiello e la moglie di Francesco Campana, Lucia Monteforte: “Tutto questo mi è stato confermato anche dallo stesso Campana e dal mio affiliato Cristian Ferri con il quale mi sentivo telefonicamente”

BRINDISI – Andrea Romano, l’aspirante pentito di Brindisi, aveva la disponibilità di una casa popolare assegnata dal Comune e dopo essere finito in carcere per l’omicidio di Cosimo Tedesco, avvenuto in quell’abitazione il primo novembre 2014, usava un telefonino cellulare per parlare periodicamente con i suoi affiliati in libertà dei business mafiosi. Gli altri, gli old della Sacra corona unita, invece, anche da liberi preferivano i vecchi pizzini consegnati brevi manu perché ritenuti maggiormente sicuri essendo più contenuto il rischio di intercettazione. Il passaggio di mano, spesso, avveniva in un distributore di benzina alla periferia di un paese in provincia di Brindisi, facilmente raggiungibile sia da Mesagne che dal capoluogo.

LA CASA POPOLARE ASSEGNATA AD ANDREA ROMANO NEL RIONE SANT’ELIA

La disponibilità di un appartamento popolare, assegnato dal Comune di Brindisi, è stata ammessa da Romano, quando ha iniziato a parlare da ex mafioso (sostiene lui), in qualità di collaboratore di giustizia nel corso degli interrogatori con i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, il cui contenuto è stato riassunto nel verbale illustrativo depositato in occasione dell’ultima udienza del processo scaturito dall’inchiesta della Squadra mobile di Brindisi, chiamata “Old generation”, sulla sopravvivenza della frangia storica (appunto old-vecchia) della Sacra corona unita in città.

Il verbale è datato 16 giugno 2021 ed è firmato da Romano davanti alle pm della Dda salentina, Giovanna Cannalire e Carmen Ruggiero, nella casa circondariale in cui è ristretto, la cui località è stata coperta da omissis.

Il passaggio è il seguente: “Ho riferito negli interrogatori da me resi quanto di mia conoscenza circa la titolarità anche per interposta persona, di beni immobili o mobili o altre utilità riferibili a me o a persone conosciute, aventi natura e provenienza illecita, precisando di non essere titolare di beni immobili o mobili, vivendo una una casa popolare a me assegnata dal Comune”.

L’amministrazione cittadina è quella di Brindisi e l’appartamento è si affaccia in piazza Raffaello, nel rione Sant’Elia, dove venne ucciso Cosimo Tedesco, 52 anni, a colpi di Beretta calibro 9, all’indomani della festa di Halloween organizzata per festeggiare il compleanno di un bambino. Per quel fatto di sangue Romano è stato arrestato il 25 febbraio 2015 ed è stato condannato all’ergastolo. Fine pena mai diventato definitivo nella primavera 2020 anche per altri due brindisini, Alessandro Polito e Francesco Coffa. Omicidio aggravato dai futili motivi per affermare – scrivono i giudici nelle motivazioni – “l’onore offeso in quel contesto socio-culturale”, dopo un rimprovero alla mamma di una bambina che si era avvicinata al passeggino in cui dormiva il figlio di un componente della famiglia di Tedesco.

Per i giudici d’Appello, gli “imputati avevano attirato Cosimo Tedesco a casa di Romano, per un chiarimento dopo un banale litigio, ma in realtà allo scopo di vendicare uno sgarro, organizzano una sorta di imboscata a casa propria, dove ad attenderli c’era un gruppo composto da Romano e dai cognati Coffa e Polito”. Tutti e tre hanno escluso la volontà di uccidere.

I RETROSCENA DELLE COMUNICAZIONI TRA CAPI E AFFILIATI PER LA GESTIONE DELLE ATTIVITA’

Il brindisino Andrea Romano, davanti ai pm della Dda, ammette di aver avuto la disponibilità di un telefonino che consegna lo stesso giorno un cui inizia a rispondere alle domande.

Il brindisino parte dall’indicazione della fonte sull’andamento delle attività illecite e dice: “Tali notizie oltre a Campana (Francesco, ndr) mi venivano fornite dai miei affiliati in libertà nel corso delle comunicazioni telefoniche che intrattenevo con essi allorquando li convocavo per avere aggiornamenti su estorsioni, traffico di stupefacenti, usura riciclaggio”.

LE RIUNIONI NELLA STAZIONE DI CARBURANTE IN PROVINCIA DI BRINDISI

“A tali riunioni partecipavano -si legge nel verbale – Claidi Tatani, Antonio Signorile, Fabrizio Russo, Antonello Gravina, Paolo Rillo, Marcello Campicelli, Simone Ruggiero, Francesco Soliberto e altri”.

“Proprio nel corso di una di queste riunioni, Fabrizio Russo mi confermo che il business avviato con Giovanni Donatiello sta andando bene e di comunicare a Campana di stare tranquillo”, è scritto nel verbale. Nel passaggio successivo, Romano riferisce i suoi rapporti con Donatiello: “Già quando eravamo detenuti entrambi a Voghera, lo stesso dopo aver appreso della sua scarcerazione, mi disse che per qualsiasi cosa avessi avuto bisogno di lui, dovevo mandare una sola persona presso un distributore di carburanti e questo perché non si fidava di avere contatti telefonici, ma preferiva i messaggi con i cosiddetti pizzini di carta”. Nel verbale è leggibile il luogo in cui cui si trova la stazione di servizio.

“Tanto è vero che in più occasioni, Rodolfo Monteforte (anche questi nel frattempo scarcerato) e Giovanni Donatiello si incontravano presso il distributore di benzina, alla presenza di Cristian Ferri, affiliato di Monteforte e in quel contesto, Monteforte consegnava i pizzini pervenuti da Campana attraverso la moglie Lucia Monteforte, ovvero prelevava i pizzini che dovevano essere recapitati allo stesso Campana”. Due, le fonti di conoscenza di questa staffetta per i messaggi, stando a quanto riferito da Andrea Romano: “Tutto questo mi è stato confermato dallo stesso Campana, ma anche da Cristian Ferri, con il quale mi sentivo telefonicamente poiché nel frattempo era divenuto mio affiliato”. Poi la precisazione: “In un’occasione, io stesso da una finestra del carcere di Voghera ebbi modo di vedere Rodolfo Monteforte, da poco scarcerato, che insieme alla sorella Lucia, si stava recando al colloquio con Francesco Campana e con loro riuscii anche a scambiarmi dei saluti da lontano”

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