Brindisi, omicidio Carvone: “So chi l’ha ucciso, me l’ha confessato lui, mi disse che aveva avuto una colluttazione”

Il nome di un ragazzo brindisino in qualità di assassino del 19enne, avvenuto nel rione Perrino, nella notte tra il 9 e il 10 settembre 2019, è stato fatto in tribunale da un testimone nel processo sulla tentata estorsione dopo il furto di un’auto, avvenuto nello stesso quartiere, che per l’accusa è il movente alla base dell’uccisione. Per il fatto di sangue, al momento, non ci sono indagati

di Stefania De Cristofaro

BRINDISI – “Mi ha raccontato tutto lui: mi ha confessato di aver sparato a Giampiero Carvone e di averlo ucciso. Mi disse che aveva avuto una colluttazione con Carvone”. Il nome e il cognome di un ragazzo brindisino, sono stati indicati come l’assassino del 19enne freddato con un colpo di pistola calibro 7,65 alla nuca nella notte tra il 9 e il 10 settembre 2019 nel rione Perrino di Brindisi, e sono stati riferiti in Tribunale da un testimone chiamato a rispondere alle domande del pm e dei giudici, nel processo sulla tentata estorsione dopo il furto di un’auto, una Lancia Delta, avvenuto nel quartiere brindisino in cui Carvone viveva e ha trovato la morte. Fatti che, nella ricostruzione della procura, sono il movente dell’omicidio per il quale ad oggi non ci sono indagati. Non ce ne sono mai stati.

IL PROCESSO PER LA TENTATA ESTORSIONE: 6 IMPUTATI, LE RICHIESTE DI CONDANNA

In sei, tutti brindisini, sono imputati – a diverso titolo – per il tentativo di estorsione, la detenzione illegale di un fucile a canne mozze,  l’alterazione di arma, l’esplosione pluriaggravata e la minaccia in relazione a quanto avvenuto nel quartiere nelle ore precedenti all’omicidio. Il fucile usato per esplodere colpi in aria, nella piazzetta vicino alla chiesa, dove stavano giocando i bambini, e la pistola con cui è stato ucciso Carvone non sono mai stati trovati.

La pena più alta è stata invocata per Giuseppe Lonoce, 37 anni: 11 anni, 10 mesi e 20 giorni, più 10.900 euro di multa. Per il pm Raffaele Casto è il primo attore del tentativo di estorsione. Nove anni, un mese e 20 giorni sono stati chiesti per Stefano Coluccello, 28 anni, colui che usava l’auto rubata, parente acquisito di Lonoce; 4 anni e 4mila euro sono stati chiesti per Aldo Bruno Carone, 22 anni; 3 anni e 6 mesi più 3mila euro sono stati chiesti per Eupremio Carone, 21 anni (fratello di Aldo Bruno), l’unico – secondo il pm – ad aver dato dimostrazione di essere impegnato nel mondo del lavoro; 4 anni, 3 mesi e 9mila euro di multa sono stati chiesti per Alessandro Coluccello, 32 anni (fratello di Stefano Coluccello) e 7 anni, 4 mesi e 20 giorni più 13.600 euro sono stati chiesti per Giuseppe Sergio, 21 anni (nipote dei fratelli Coluccello).

LA TESTIMONIANZA NELL’UDIENZA IN TRIBUNALE DEL 24 APRILE SCORSO

La testimonianza è arrivata, a sorpresa, in occasione dell’udienza dello scorso 24 aprile, dedicata all’ascolto degli ultimi testi indicati dagli avvocati difensori, prima di lasciare la parola al pubblico ministero per le conclusioni e le richieste di condanna.

Il processo pende davanti al Tribunale presieduto da Genantonio Chiarelli, a latere Francesco Cacucci e Barbara Nestore.

Il testimone ha detto di conoscere solo di vista Giampiero Carvone e nel corso del contro esame del pm ha riferito di aver ricevuto la confessione di un ragazzo brindisino. Mentre stavano parlando è stato lui ad ammettere quello che aveva fatto. Il Tacco d’Italia è in possesso della copia del verbale d’udienza e dunque della trascrizione dell’interrogatorio, ma non riporta alcun elemento che possa identificare il teste, tenuto conto del fatto che le indagini sull’omicidio restano aperte.

Il teste ha consegnato al pm e al tribunale il contesto in cui ha conosciuto quel ragazzo. La confessione, stando a quanto versione, è avvenuta a distanza più o meno di una settimana “dopo il fatto di Giampiero”. “Mi ferma, mi chiama in disparte e mi dice: ‘Vedi che ho dichiarato che stavo a casa tua perché tu sei del quartiere Perrino”. Queste dichiarazioni il ragazzo le fa “ai carabinieri o alla polizia”, a distanza di poche ore dall’omicidio. Il pm chiede: “La ferma all’improvviso in mezzo alla strada e le dice ‘stavo con te, so il tuo nome, so dove abiti, so tutto’? Risposta del teste:”Sì, non ci vuole niente a sapere, specialmente nel mio quartiere”. E ancora: “Io lì per lì mi sono messo paura, perché lui poi mi ha confessato quella sera di essere sotto effetto di sostanze stupefacenti e quindi io lì per lì ci ho creduto e non ci ho creduto”, si legge nella trascrizione dell’interrogatorio.

“Mi ricordo benissimo questa frase: ‘sono uscito stamattina dopo 9 ore di interrogatorio’”. Quanto al giorno della confessione, il testimone non è stato in grado di ricordarlo. “Direi una bugia. Più o meno una settimana, era venerdì o sabato, c’era molta gente giù in centro, c’erano molti ragazzi”.

Nessun dubbio, invece, da parte del testimone, sulle dichiarazioni che quel ragazzo avrebbe fatto in questa circostanza: “Mi disse che in caso mi dovessero chiamare, io dovevo dichiarare che lui stava con me e che al momento degli spari, lui è scappato e se n’è andato sotto dove noi chiamano grattacieli o comunque sia i palazzi rosa”. Sono le palazzine popolari più alte del rione Perrino.

GLI SPARI NEL RIONE PERRINO PRIMA DELL’OMICIDIO I GIAMPIERO CARVONE

A quali spari faceva riferimento questo ragazzo? Il teste risponde in questi termini: “Agli spari di quando c’è stato il caso, poi l’uccisione di Giampiero, quelli della notte”. Stando a quanto hanno accertato gli agenti della Squadra mobile diretti da Rita Sverdigliozzi il 9 settembre ci sono stati spari attorno alle 21,20 nei pressi della chiesa, poi alle 24 e infine all’una, orario dell’omicidio di Giampiero Carvone. Il teste precisa: “La sparatoria che poi è avvenuta l’uccisione di Giampiero”. Il pm insiste: “Quindi lui ha detto esattamente ‘guarda che quando hanno sparato a Carvone io ho detto che stavo a casa tua?”. Risposta secca: “Sì”. Domanda: “E lei cosa ha detto?”. “Io sono rimasto zitto, poi ho detto ma che stai dicendo? Comunque sia io avevo il timore di una persona che ti guardava ma in realtà guardava nel vuoto perché era sotto effetto di sostanze”.Il pm: “In quel momento?”. Il teste: “In quel momento lì quando mi ha raccontato tutto”. Di nuovo il pm: “Bene,quindi lei stava parlando con un drogato, insomma?”. “Sì”. Sempre il pm: “In mezzo alla strada?”. Risposta: “No, era nei pressi dei locali che ci sono lì al centro. Lui dopo che ha parlato ha alzato la testa e ha detto, scusando il termine, oh… E avevamo proprio la telecamera puntata sopra la testa”.

Il testimone racconta: “Io poi gli ho detto: ‘Ma ammesso e concesso che questo ragazzo abbia fatto chissà quale sgarro, non sarebbe stato meglio spararlo nelle gambe e vederlo – io gli feci un esempio – e vederlo magari sfregiato a vita che ucciderlo? Cioè io non oso immaginare,mettermi nei panni di quella povera mamma”. Il pubblico ministero: “Che cosa è successo?”.

MI HA DETTO MEGLIO A LUI CHE A ME, SENNO’ SAREBBE SUCCESSO A ME

Il teste: “Lui mi ha detto: ‘No,meglio a lui che a me perché sennò altrimenti poi sarebbe successo a me‘”. Sempre il rappresentante della pubblica accusa: “Quindi questo ragazzo aveva paura?”.

“Sì”, risponde il teste. “Dice che praticamente c’era stata una sparatoria contro di lui. Quella sera lui aveva la maglia, ricordo benissimo, aveva la mano coperta dalla maglia, non ricordo per quale motivo, comunque sempre in ambito di queste cose successe. Sì, aveva delle escoriazioni, lui mi spiegò sempre per queste cose successe qui, mo’ non mi ricordo di preciso, la prenderei in giro, direi il falso, ricordo benissimo che lui mi disse che era perché aveva avuto una colluttazione con Carvone”.

Quanto al motivo: “Il perché si sono litigati di preciso, non so. Ricordo che c’era una macchina di mezzo, però è passato tanto tempo”. Il teste, sempre su richiesta del pm, precisa: “Di quella sera che mi ha raccontato che è andato sotto casa di Giampiero, che aveva avuto questa colluttazione, che ci sono questi stati spari, che poi, altra cosa che mi sto ricordando, gli dissi: ‘Ma tu non lo volevi uccidere?’.

LUI MI HA CONFESSATO CHE AVEVA UCCISO GIAMPIERO CARVONE

Il pm: “Ma perché lui ha detto che aveva ucciso Giampiero?”. Il testimone: “Sì”. Sempre il pubblico ministero: “A lei ha detto che ha ucciso Giampiero?”. Risposta: “Lui mi ha confessato questa cosa qui”. Di nuovo il pm: “E lei non è andato dalla polizia a dirlo direttamente questo fatto?”. Il teste: “Chi mi avrebbe creduto? Scusami, eh”. Il pm: “E mo il tribunale le deve credere?. “Mah, non lo so”.

Nuovamente il pm: “Perché lo sta dicendo adesso al Tribunale, scusi?”. Risposta: “Ma perché poi, le stavo spiegando prima, io poi cercavo sempre di aprire questo discorso e lui mi diceva: ‘No, non ti preoccupare, ma secondo te veramente?’. Il pm interrompe: “Mi scusi un attimo, eh a me sembra molto più rilevante il fatto che le abbia detto ‘io ho ammazzato Giampiero Carvone’ rispetto al fatto che le abbia detto ‘guarda che io ho detto alla polizia, ai carabinieri, che stavo a casa tua’. Le pare o no?”. Il teste: “Non lo so, mi dica lei”. E il pm: “Io le sto chiedendo: è più grave la prima cosa o la seconda?”. Il teste: “Beh, tutte e due gravi. Cioè è grave pure il fatto che se una persona ha fatto veramente è stato lui che ha fatto questo gesto, è gravissimo che lui abbia messo in mezzo un pinco pallino, è da uomo di m… me lo permetta”.

Il pm insiste: “Lei viene a sapere dell’omicidio e la tiene per sé?”. Il testimone: “E l’ho tenuta per me. Poi lui ha detto: ‘Vedi, non ti preoccupare che è una bugia che ho dichiarato che non stavo a casa tua, quindi tranquillo, che non ti chiameranno, che non verranno mai chiamato”. Il pm: “Questo le ha detto che era bugia e rispetto all’omicidio di Giampiero Carvone, ‘io ho ucciso Giampiero Carvone, gliel’ha detto che era bugia oppure ha confermato ‘l’ho ammazzato proprio io’?”. Il teste ha risposto: “No, lui ha sempre confermato”. Il pm: “Tutti i giorni gliel’ha detto?”. Il teste: “No tutti i giorni, non è che si alzava la mattina, invece di dire buongiorno, nah ho ucciso Giampiero. Non funziona così, ogni volta che si apriva il discorso lui mi tagliava in tronco e diceva ‘quella storia chiudiamola, dimenticala’”.

Il contro esame è terminato così. Giudici, pm e difensori torneranno in aula per le arringhe dei penalisti. L’inchiesta sull’omicidio resta aperta. E la famiglia di Giampiero Carvone aspetta una risposta: chi ha ucciso quel ragazzo di 19 anni?. Merita giustizia.

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