Illegalità ambientale, in Puglia sempre peggio: seconda in Italia

Il rapporto Ecomafia 2020 di Legambiente: la regione segue la Campania. Bari e Lecce fra le prime dieci province. “La corruzione è tra i peggiori nemici”, dice Francesco Tarantini, presidente della sezione pugliese dell’associazione. Dal primo gennaio 2019 al 17 ottobre 2020, 13 inchieste su tangenti e favori: 30 arresti, 110 indagati e 13 sequestri.

Di Stefania De Cristofaro

 

BARI – Sempre peggio. La Puglia scavalca la regione Sicilia in materia di illegalità ambientale e dal terzo posto occupato lo scorso anno, arriva al secondo dopo la Campania, nel rapporto Ecomafia 2020 realizzato da Legambiente. Le province di Bari e Lecce si piazzano ai primi dieci posti su scala nazionale.

IL RAPPORTO ECOMAFIA 2020. LE STORIE E I NUMERI DELLA CRIMINALITA’ AMBIENTALE IN ITALIA

Il trend negativo registrato negli ultimi anni trova amara conferma nell’ultimo report presentato dall’associazione ambientalista, senza fini di lucro, nata nel 1980. Con il sostegno di Cobat e Novamont, Legambiente ha analizzato i dati che si riferiscono all’attività svolta nell’arco dell’ultimo anno dalle forze dell’ordine, dalla capitaneria di porto e della magistratura, assieme al lavoro del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente nato dalla sinergia tra l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) e Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Ecomafia 2020 è stato presentato lo scorso 11 dicembre in streaming su legambiente.it e lanuovatecnologia.it e sulle pagine Facebook di Legambiente e La Nuova Tecnologia. Sono intervenuti il ministro dell’Ambiente e della tutela del Turismo e del Mare, Sergio Costa; il ministro per il Sud e la coesione territoriale, Giuseppe Provenzano; il procuratore Antimafia Federico Cafiero De Raho; il direttore generale dell’Ispra, Alessandro Bratti; il presidente e il vice presidente della commissione d’inchiesta sulle attività illecite, Stefano Vignaroli e Luca Briziarelli; la vice presidente della Commissione Ambiente della Camera dei deputati, Rossella Muroni; le deputate Chiara Braga e Silvia Fregolent, della commissione Ambiente della Camera.

BUSINESS DEI REATI AMBIENTALI E LA COLLUSSIONE  TRA CLAN, IMPRESE E PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

“L’ecomafia non si arresta e non conosce crisi”

dice il presidente della sezione pugliese di Legambiente, Francesco Tarantini. Nel 2019 sono aumentati i reati contro l’ambiente su scala nazionale: ne sono stati accertati 34.648. Questo numero, stando all’analisi contenuta nel rapporto, vuol dire che di reati ambientali ne sono stati accertati 95 al giorno, con una media di quattro ogni ora. Rispetto al 2018, c’è stato un incremento del 23,1 per cento.

A preoccupare maggiormente è il boom degli illeciti nel ciclo dei cemento: più 74,6 per cento rispetto ai 12 mesi precedenti, con un totale di 11.484 illeciti. Più reati rispetto a quelli accertati nel ciclo dei rifiuti: in questo caso, gli illeciti sono stati 9.527, con un incremento del 10,9 per cento rispetto al 2018. Male anche il settore della fauna, dove i reati sono stati 8.088, con un aumento del 10,9 per cento rispetto all’anno precedente. Aumento da capogiro per gli incendi boschivi: più 92,5 per cento, con un totale di 3.916 illeciti.

La galassia dei reati contestati in materia ambientale frutta euro in quantità. Esiste, infatti, un business che Legambiente ha stimato arrivando a poco meno di venti miliardi di euro per il 2019. Dal 1995 ad oggi, si arriva a 419 miliardi di euro.

A spartirsi il fatturato, insieme a imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (tre in più rispetto all’anno prima) attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali allo sfruttamento delle energie rinnovabili e via via”, si legge nella relazione di Legambiente.

PUGLIA AL SECONDO POSTO NELLA CLASSIFICA NAZIONALE DOPO LA CAMPANIA E PRIMA DELLA SICILIA

Nella regione Puglia, la situazione è risultata peggiore rispetto a quella emersa lo scorso anno: nel 2018, era al terzo posto, dopo la Sicilia; nel 2019 al secondo. La Puglia, infatti, ha scavalcato la Sicilia, piazzandosi dopo la Campania in materia di illegalità ambientale. Le infrazioni accertate sono state 3.598 e sono pari al 10,4 per cento sul totale italiano. I sequestri sono stati 1.020, le persone denunciate 3.200, quelle arrestate sono state sette. Chiudono la classifica le regioni Molise, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta.

 “Non diminuiscono l’abusivismo edilizio, i reati legati al ciclo dei rifiuti e quelli contro la fauna”, dice Tarantini. “La nostra Regione rimane in balia degli abbandoni e della combustione illecita dei rifiuti, mentre latitano gli abbattimenti degli edifici abusivi che continuano a essere sporadici. I numeri pugliesi di Ecomafia 2020 sono il frutto del capillare lavoro di controllo del territorio e di contrasto alle illegalità ambientali svolto in tutta la regione dalle Forze dell’Ordine e dalla magistratura, che nel 2019 ha contestato i delitti ambientali in 36 casi in applicazione della legge sugli ecoreati”.

Facendo un primo piano delle province pugliesi, Bari si trova al quinto posto su scala italiana, Lecce è al nono, Foggia al 13esimo e Taranto al 17esimo: le infrazioni accertate sono state, rispettivamente, 1.012, 814, 647  e 517.

IL CICLO ILLEGALE DEI RIFIUTI: IN UN ANNO, 965 PERSONE DENUNCIATE IN PUGLIA

Nel ciclo illegale dei rifiuti nel 2019 la Puglia rimane al secondo posto con 835 infrazioni accertate (l’8,8% sul totale nazionale), 965 persone denunciate, 6 arrestate e 314 sequestri effettuati. Nella classifica provinciale Bari e Foggia sono rispettivamente al settimo e nono posto con 233 e 185 infrazioni accertate. La Campania detiene il primato italiano con 1.930 reati. Al terzo posto, c’è la regione Lazio che con 770 reati ha superato la Calabria.

Significativo è il dato fornito da Legambiente sulle inchieste relative ai traffici illeciti di rifiuti: dal primo gennaio 2019 sino al 15 ottobre scorso, ce ne sono state 44, a fronte di 807 persone indagate, 335 arresti  e 168 aziende coinvolte. “ Quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti sotto sequestro (la stima tiene conto soltanto dei numeri disponibili per 27 inchieste), pari a una colonna di 95.000 tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna”.

Dal 2002 all’ottobre 2020, in Puglia ci sono state 81 inchieste contro attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti, circa il 16,5 per cento di quelle su tutto il territorio nazionale. Nell’ambito delle indagini, sono state 219 le ordinanze di custodia cautelare, 645 le persone denunciate e 94 aziende coinvolte con oltre 6 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrate.

Lo scorso mese di marzo, l’inchiesta Bios coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha scoperto il traffico di finto compost destinato all’agricoltura. I militari della Guardia di Finanza hanno sequestrato 255 terreni agricoli trasformati in discariche abusive per una superficie complessiva di 353 ettari, sottoposto 16 soggetti a misure cautelari e confiscato beni per 26 milioni di euro a quattro società e 22 persone fisiche. Secondo l’accusa, sono state trattate abusivamente 240mila tonnellate di rifiuti speciali conferite da imprese campane e pugliesi,  qualificate illecitamente come compost, un fertilizzante organico stabilizzato biologicamente, e  poi smaltite illecitamente nei terreni della provincia del capoluogo dauno.

Nella classifica sugli incendi negli impianti di trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti in Italia, dal 1 gennaio 2013 al 17 ottobre 2020 la Puglia si piazza al settimo posto su scala nazionale con 81 incendi negli impianti.

ILLEGALITA’ NEL CICLO DEL CEMENTO: IN PUGLIA 335 SEQUESTRI E 1.365 DENUNCE

Nella classifica regionale dell’illegalità nel ciclo del cemento, la Puglia è al secondo posto con 1.350 infrazioni accertate (l’11,8 per cento sul totale nazionale), 1.365 persone denunciate e 335 sequestri. Su scala provinciale, sempre con riferimento al 2019, Lecce, Bari, Brindisi, Foggia e Taranto sono rispettivamente al secondo, dodicesimo, quindicesimo, diciannovesimo e ventesimo posto con 471, 293, 205, 185 e 181 infrazioni accertate.

Per quanto riguarda il racket degli animali (corse clandestine di cavalli, combattimenti clandestini, traffico di animali da compagnia, commercio illegale di specie protette, macellazione clandestina, abigeato, bracconaggio e pesca di frodo), la Puglia è al terzo posto con 801 infrazioni accertate (il 9,9 per cento  sul totale nazionale), 716 persone denunciate, un arresto e 320 sequestri.

Nella classifica provinciale dell’illegalità contro la fauna nel 2019, Bari, Lecce, Taranto e Foggia si piazzano rispettivamente al sesto, quindicesimo, diciottesimo e ventesimo posto con 318, 148, 132 e 124 infrazioni accertate. Diverse le operazioni svolte dai Carabinieri Forestali contro l’abbattimento illegale di uccelli acquatici e svernanti presenti nelle zone umide della Provincia di Foggia e BAT.

LA CORRUZIONE IN MATERIA AMBIENTALE E L’ARCHEOMAFIA IN PUGLIA

“La corruzione è tra i peggiori nemici dell’ambiente”

Sottolinea ancora una volta il presidente Tarantini. Dal 1 gennaio 2019 al 17 ottobre 2020, in Puglia ci sono state 13 inchieste sulla corruzione in materia ambientale, con 30 persone arrestate, 110 denunciate e 13 sequestri effettuati. “Una delle vicende più emblematiche sull’intreccio tra corruzione e ambiente riguarda l’operazione T-Rex, inchiesta della Guardia di Finanza di Taranto che ha indagato sull’ampliamento della discarica di Grottaglie”, ricorda Tarantini.

I finanzieri, il 14 marzo 2019, hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare. Il 7 maggio scorso   hanno sottoposto a sequestro preventivo quote sociali, beni mobili e immobili e disponibilità finanziarie per 28 milioni e 300mila euro. Le indagini hanno portato a scoprire che un imprenditore locale attivo nel settore dei rifiuti aveva stipulato con una società lombarda contratti, risultati gonfiati, in modo tale da alimentare fondi neri  per le tangenti da destinare ai pubblici ufficiali corrotti. Secondo l’accusa, in tal modo la società proprietaria della discarica era riuscita a ottenere l’autorizzazione all’ampliamento del sito. Stando ai conteggi dei finanzieri, l’operazione aveva fruttato ricavi per  26 milioni in nove mesi.

Sul fronte dell’archeomafia, vale a dire dell’aggressione criminale al patrimonio artistico e archeologico, la Puglia, una delle regioni più ricche di reperti archeologici ma anche di tombaroli attivi, è al quinto posto con 47 furti di opere d’arte.

 

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