Scu, pizzino di scuse di Francesco Campana dopo i pentimenti dei fratelli: “Questione morale ed etica”

DOSSIER/7 La lettera trovata nel carcere di Lecce. Il boss della frangia cosiddetta tuturanese costretto a scrivere una lettera “con umiltà e rispetto” umiliarsi per rivolgersi agli uomini vicini a Raffaele Renna, volto emergente dell’associazione mafiosa del Brindisino: “Ho dovuto fare i conti con vicissitudini familiari”. E aggiunge: “Assurda la mia condanna all’ergastolo per l’omicidio di Antonio D’Amico che non ho manco commesso”

 

Di Stefania De Cristofaro

 

BRINDISI – Sulle spalle una condanna al carcere a vita per omicidio di stampo mafioso e, ancor prima, l’umiliazione per il pentimento di tutti e due i fratelli. Umiliazione anche quella senza fine per Francesco Campana, 47 anni, nato a Mesagne, boss della vecchia frangia della Sacra corona unita, da sempre fedele a Pino Rogoli e Salvatore Buccarella. Il virus della collaborazione che prima ha contagiato il più giovane dei fratelli, Sandro, e poi l’altro, Antonio, ha messo in ginocchio il capo tanto da costringerlo a “umiliarsi”, sino a decidere di scrivere una lettera agli affiliati dell’emergente Raffaele Renna, a capo della frangia dei “giovani” del sodalizio.

IL PIZZONO SCRITTO DA FRANCESCO CAMPANA TROVATO NEL CARCERE DI LECCE

Il pizzino scritto da Francesco Campana è stato scoperto il 2 agosto 2019, nel corso di una perquisizione nel carcere di Lecce, nella stanza detentiva occupata da Giuseppe Perrone, alias Barabba, arrestato con l’accusa di essere legato alla Scu e in particolare al gruppo di Raffaele Renna, 41 anni, alias Puffo, nativo anche lui di Mesagne, nella gestione del traffico di droga.

La missiva di Campana era contenuta in una lettera scritta da Renna a Perrone. Il testo del “pizzino” di Francesco Campana è stato trascritto nell’ordinanza di custodia cautelare ottenuta dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, nell’ambito dell’inchiesta chiamata Old generation, sulla volontà di riscatto della vecchia frangia della Scu (old, appunto) rispetto ai volti nuovi. Il provvedimento di arresto è stato notificato a Campana nel carcere di Opera.

Secondo il gip del Tribunale di Lecce che ha firmato gli arresti, Francesco Campana “si rivolge a Perrone con umiltà e rispetto, propri di chi riconosce ormai il ruolo di preminenza di Renna e dello stesso Perrone”. Questo è il testo scritto da Campana:

“Carissimo Giuseppe, dovevo scriverti qualche mese fa per ricambiare i tuoi sempre graditi saluti che mi invii con l’amico Raffaele ogni volta che vi sentite”.

LE RAGIONI DELLA LETTERA RIVOLTA AGLI AFFILIATI: “VICISSITUDINI FAMILIARI”

Non ti ho scritto prima non perché io non abbia voglia e/o il piacere di farlo, ma semplicemente perché ho dovuto fare i conti con tutte le vicissitudini familiari che mi hanno profondamente toccato sia a livello morale sia a livello etico e, infine, l’assurda e inaccettabile conferma della condanna alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di Antonio D’Amico che – tra l’altro – non ho manco commesso”, si legge nella lettera. Campana, quindi, spiega cosa gli sia successo e si fa riferimento a questioni di natura familiare relative alla decisione di entrambi i fratelli di passare dalla parte dello Stato, senza mai scrivere le parole pentimento o collaborazione. Non scrive neppure la parola fratelli. Del resto, lo definì Sandro Campana, il primo a puntargli il dito contro, consanguineo in una delle ultime dichiarazioni rese in videoconferenza come imputato nel processo davanti alla Corte d’Assise a Brindisi, scaturito dall’inchiesta Zero che il 14 dicembre 2014 sfociò nel blitz eseguito dagli agenti della Squadra Mobile.

L’OMICIDIO DI ANTONIO D’AMICO: FREDDATO MENTRE ERA A PESCA SULLA DIGA DI BRINDISI

Tra i capi d’imputazione, quello per l’omicidio di Antonio D’Amico, fratello dell’ex uomo della scu, Massimo D’Amico, detto uomo tigre, Francesco Campana: la condanna al fine pena mai, come si legge nelle motivazioni della sentenza, scaturisce, anche dalle dichiarazioni di Sandro Campana, in veste di collaboratore.

Antonio Campana

Secondo i giudici, Francesco Campana meditò vendetta nei confronti e puntò al fratello Antonio, chiedendo aiuto a Carlo Gagliardi, anche lui condannato all’ergastolo: i due lo raggiunsero sulla diga di Punta Riso il 9 settembre del 2001, dove stava pescando. Gagliardi guidava, Francesco Campana sparò, stando alla ricostruzione di Sandro Campana. Una raffica di pallettoni calibro 12 raggiunse D’Amico al torace e alla testa.

L’INTERESSE DI FRANCESCO CAMPANA PER LA SITUAZIONE PROCESSUALE DI GIUSEPPE PERRONE

Francesco Campana, fatta questa precisazione, si rivolge a Perrone e si dimostra interessato alla sua situazione processuale: “Come stai? Quel poco che so in merito ai tuoi vari processi, l’ho letto sulla carta stampata e mi dispiace che nonostante la scelta del rito abbreviato ti sono state inflitte condanne a dir poco sproporzionate rispetto al reato contestatoti”.

La lettera prosegue: “Eccessiva appare la condanna per il reato di cui all’articolo 416 bis (l’appartenenza all’associazione di stampo mafioso, ndr) fondato esclusivamente sull’accusa di essere stato il destinatario di una lettera strampalata che metteva in evidenza un atteggiamento esteriore improntato a grandiosità spropositata da parte del mittente”.

E ancora:

“Giuseppe caro, prima di concludere questa missiva, volevo rassicurarti sul rapporto amichevole che si è instaurato tra me e tuo nipote. Non vorrei che tu pensassi che io abbia intenzione di mancarti di rispetto (ci mancherebbe altro. Anzi sarò mio dovere coltivare quella sana e affettuosa armonia familiare a te tanto cara. Concludo con l’auspicio che i tuoi processi si concludano secondo le tue aspettative perché stiamo invecchiando in carcere lontano dai nostri cari. Salutami caramente i paesani e mio zio (poveretto!). Ti abbraccio con stimato affetto, Francesco”.

IL RAFFORZAMENTO DEL RAPPORTO TRA FRANCESCO CAMPANA E GIOVANNI DONATIELLO

La lettura data sia dal pm della Dda di Lecce che dal gip del Tribunale salentino è la stessa: questa lettera “costituisce la prova evidente dell’allontanamento di Francesco Campana dal gruppo di Renna, che ormai non riconosce più la sua leadership”. Non solo. “A ciò segue un rafforzamento del legame tra Francesco Campana e Giovanni Donatiello”, alias Cinquelire, di Mesagne, rimesso in libertà nella primavera del 2018, dopo la condanna all’ergastolo come mandante dell’omicidio di Antonio Antonica, e la commutazione della pena nei 30 anni di reclusione scontati in cella.

“Donatiello di Renna risulta essere il principale nemico”, scrive il gip nel provvedimento di arresto dell’inchiesta Old generation che ha portato in carcere Donatiello con l’accusa di essere stato a capo della frangia storica in tandem con Francesco Campana. “Donatiello è capo indiscusso della Sacra corona unita sul territorio di Mesagne e nei paesi limitrofi di San Donaci, Ostuni, Fasano e Carovigno”, si legge sempre nell’ordinanza di custodia.

LA LETTERA SCRITTA DA RAFFAELE RENNA PER GIUSEPPE PERRONE

RaffaeleRenna
Raffaele Renna

Nel provvedimento è riportato integralmente anche il testo della lettera scritta da Renna a Perrone, “a conferma del ruolo apicale” assunto da Raffaele Renna: “Mio adorato fratello, come sempre la tua lettera mi fa sembrare di stare seduti a un tavolo a parlare come i vecchi tempi e quando dici che ciò che abbiamo fatto è storia sposi appieno il mio pensiero”.

Tu e i nostri cari fratelli siete stati la sorpresa più bella della mia intera vita e non sto enfatizzando né tanto meno scrivendo favole, è davvero ciò che penso SIETE UNICI”, ha scritto Renna.

“Ho mandato loro un po’ di foto e spero siano rimasti contenti, in più per una volta (da quando sono in carcere) ho la possibilità di regalare IO un sorriso a tutti NOI, ma alla grande….Te lo anticipo in attesa di sviluppi. Poi, come vedi, ti mando una lettera di Francesco a prova che quello che penso e soprattutto che è giusto per me/noi è giusto per il mondo…”.

Francesco è Francesco Campana. “Dopo che la leggi rispondi lui personalmente poiché sono certo che con i tuoi modi, il tuo lessico e ancor più la tua luce non farai altro che far capire SE MAI CE NE FOSSE BISOGNO che sei ciò che io gli ho già ampiamente detto, ci tengo che lui si spiegasse con te con UMILTA’ e RISPETTO e lui che è un mio caro fratello da 20 anni non ha eluso le mie aspettative e seppur da NOI c’è un’unica legge ci tenevo che tu avessi un riscontro che, conoscendoti, di certo regalerà un sorriso! Perciò sono contento che con Mino hai espresso ciò che era doveroso e che lui ha capito la realtà, gli ho risposto al suo scritto ribadendo che l’unico a cui deve qualcosa SEI TU! Perciò, come vedi dalla lettera di Francesco, Tu sei tu e non solo per me (che già basta e avanza) ma per tutti e tutta la nostra famiglia e gli amici della provincia vicina, a tal proposito di saluta tanto Mau5 che tiene molto a te”. Secondo l’accusa, Mau5 è Giovanni Donatiello, conosciuto nell’ambiente come Cinquelire.

L’AMBIZIONE DI RENNA: “ARRIVARE NON AL TOP, MA DI PIU’, SI PARLA DI NUMERI”

“Sappi che questa considerazione non è dovuta a me che come è sacrosanto ho imposto il mio pensiero, ma è dovuta a ciò che SEI, IL MEGLIO. Vorrei  tanto parlarti a voce, ci sono tante cose di cui farti partecipe e tante strade che ci porterebbero non al top ma di più, una è quella che ti ho anticipato all’inizio, si parla davvero di numeri e credo che pur da qua riusciremo a ridere forte come se fuori ci fossimo noi. Sappi sempre che sei 1 spasso avanti a tutti al tavolo rotondo dei grandi dove in tutta la nostra provincia e l’altra due mani non si riempiono, perciò se dovesse succedere ciò che penso per tutti noi e mio fratello inclusi sei tu e il nostro amato Cristian che è sempre vicino a te su tutto e so bene che sta un po’ dispiaciuto per fuori ma so ancor più che vi volete bene e perciò è come se ci fossi io”.

IL RIFERIMENTO AL FILM LE CROCIATE: “SINO ALLO SPARGIMENTO DI SANGUE”

La lettere prosegue: “L’altro giorno in TV hanno fatto il film LE CROCIATE  se non lo hai visto vedilo è un gran film in una scala da 1 a 10 gli do’ 9! Sei sempre nel mio cuore e sempre lo sarai… “USQUE AD EFFUSIONEM SANGUINIS” letteralmente significa ‘FINO ALLO SPARGIMENTO DI SANGUE’ ma il significato richiama il massimo concetto di fedeltà e coerenza perciò richiama il nostro fraterno, sincero e stupendo rapporto… con il cuore tu Raff salutami tutti qua ti baciano forte P.S (ovviamente tuo nipote è Mino nella lettera di Francesco).

CARCERE DURO PER RENNA DAL 22 GENNAIO 2020: “PARTICOLARE E CONCRETA PERICOLOSITA’”

Puffo, suo alias negli ambienti dell’associazione mafiosa, dal 22 gennaio scorso è un detenuto ristretto al 41 bis: carcere duro per la durata di quattro anni (salvo proroghe) applicato con decreto del ministro della Giustizia, “in ragione della sua particolare e concreta pericolosità”, poiché “risulta essere in grado di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell’organizzazione criminale di appartenenza”.

Secondo quanto rappresentato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale – Dda- di Lecce il 25 ottobre 2019 e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo il 18 novembre successivo, Renna, 41 anni da compiere a marzo, è non solo appartenente alla Scu, come affiliato prima di Massimo Delle Grottaglie, ucciso nel 2001, poi di Francesco Campana, a sua volta ritenuto uno dei vecchi capi della frangia riconducibile a Buccarella, ma in grado di rimanere in posizione di vertice nonostante sia stato arrestato e sia in cella – ininterrottamente – dal 28 settembre 2011. In carcere gli sono stati notificati una serie di ordinanze di custodia cautelare, anche con l’accusa di associazione finalizzata al traffico di droga, e di ordini di carcerazione.

Lo scorso 6 febbraio, a Renna è stato notificato l’ordine di esecuzione della pena per 30 anni di reclusione, in seguito a condanne definitive: Decorrenza dal 22 marzo 2019, scadenza il 21 marzo 20149”, si legge a fronte di un cumulo di pene pari a 47 anni, 11 mesi e venti giorni. Con multa di 51.760 euro. Sempre che, nel frattempo, non ci siano ulteriori imputazioni con conseguenti condanne.

 

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