Scu, il pentito Antonio Campana: “Donatiello mandante del rapimento lampo del figlio di Barabba”

Il collaboratore, fratello del boss Francesco, svela il sequestro del minore, il cui padre è ritenuto affiliato al gruppo dei tuturanesi: “Per la liberazione furono pagati 100mila euro, di cui 50mila furono versati dalla famiglia di Raffaele Martena. Quest’ultimo aveva intenzione di uccidere Cinquelire”. I verbali riportati nell’ordinanza di arresto Old Generation: gli indagati sono 19, sei sono rimasti a piede libero a fronte della richiesta di arresto avanzata dal pm al gip

 

Di Stefania De Cristofaro

 

BRINDISI – Mafiosi senza scrupoli, quelli della Scu del Brindisino. Capaci di organizzare e portare a termine il “sequestro lampo del figlio di un affiliato alla nuova guardia del gruppo dei tuturanesi”, stando a quanto ha svelato il pentito Antonio Campana.

 “Giovanni Donatiello, detto Cinquelire, è stato il mandante del rapimento del bambino di “Barabba” di Torchiarolo, per il quale venne pagato un riscatto di 100mila euro, metà dei quali versati da Raffaele Martena che aveva intenzione di uccidere Donatiello”.

 

I VERBALI DEL PENTITO ANTONIO CAMPANA, FRATELLO DEL BOSS FRANCESCO

Nelle rilevazioni del fratello del boss Francesco Campana, c’è anche l’agghiacciante racconto del rapimento di un ragazzino, la cui colpa nella logica mafiosa, era di essere il figlio di un affiliato al clan dei “nuovi”, gruppo che voleva mettere all’angolo gli “storici” e in particolare il tandem sul quale continuavano a pedalare Francesco Campana, nonostante la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Toni D’Amico, e Giovanni Donatiello, rimesso in libertà il 6 marzo 2018, benché fosse stato condannato pure lui al carcere a vita in primo grado e avesse poi scontato 30 anni di reclusione. Nel clan dei nuovi, c’era tale Barabba, già arrestato e condannato per associazione finalizzata al traffico di droga, legato alla frangia di Raffaele Renna in netta contrapposizione con Donatiello, per il predominio sul territorio e la gestione delle attività illecite.

Donatiello da venerdì scorso è tornato in cella: gli agenti della Mobile di Brindisi, diretti dal vice questore aggiunto Rita Sverdigliozzi, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare ottenuta dai pm della Dda di Lecce, nell’ambito dell’inchiesta chiamata “Old generation”, a indicare il ruolo assunto dai vecchi della Sacra corona unita, tornati a scalciare. Diciannove le persone coinvolte, a diverso titolo, nelle indagini. Nomi consegnati da Antonio Campana nei primi interrogatori resi al pm, subito dopo aver fatto sapere della volontà di collaborare.

L’INCHIESTA OLD GENERATION: I NOMI DEI 19 INDAGATI, SEI SONO RIMASTI A PIEDE LIBERO

In carcere: Francesco Campana con l’accusa di essere stato il capo della frangia storica della Scu dal carcere, Cesario Monteforte (il cognato), Alessandra Di Lauro (moglie di Monteforte), Giovanni Donatiello alias Cinquelire indicato con il capo all’esterno, Angelo Pagliara, Antonio Signorile e Teodoro Valenti. Tutti sono accusati di aver fatto parte della “vecchia frangia” della Sacra corona unita, quella “tuturanese”, attiva a Brindisi e a Mesagne.

Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, tutti i giorni dalle 18 alle 20, per Lucia Monteforte (moglie di Francesco Campana), Giuseppe Monteforte (fratello di Lucia Monteforte) entrambi accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, Riza Mara, Marco Sperti e Simone Sperti (fratelli, figli di Lucia Monteforte). Il gip ha evidenziato lo status di incensurati per tutti.

Sono rimasti a piede libero, a fronte della richiesta del pm di applicazione della misura cautelare: Antonio Ferraro, Emanuele Guarini, Walter Margherito, Valerio Marzano, Roberto Nigro e Vincenzo Valenti. Non è da escludere che la Dda faccia ricorso al Tribunale del Riesame per ottenere gli arresti.

IL RAPIMENTO DEL BAMBINO: IL MANDATE E IL PAGAMENTO DEL RISCATTO

Nel fascicolo dell’inchiesta Old generation sono confluiti tutti i verbali resi da Antonio Campana nei 180 giorni che, per legge, sono destinati alla raccolta delle dichiarazioni. Tecnicamente Campana è un collaboratore di giustizia a tutti gli effetti, è stato inserito nel programma di protezione dello Stato e nel frattempo ha ottenuto il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione dal Tribunale di Lecce, nel conteggio della pena a conclusione del processo in abbreviato scaturito dall’inchiesta Oltre le mura. Era accusato di aver diretto la Scu dietro le sbarre, di aver diretto il traffico di droga e di aver tentato anche la fuga. Ha ammesso tutto, Campana e in tasca ha anche la patente di credibilità. E ha chiamato in correità i suoi affiliati. I verbali hanno un effetto dirompente negli equilibri già precari interni all’associazione. Perché in precedenza, gli uomini della Scu erano stati costretti a fare i conti con il pentimento di Sandro Campana, fratello di Antonio e Francesco, morto suicida nella località protetta in cui viveva.

Tra i verbali di Antonio Campana leggibili in chiaro c’è quello del 28 maggio 2019, relativo all’interrogatorio nel corso del quale è svelato il rapimento di un bambino. Del “fatto del bambino” parlò Raffaele Martena, altro affiliato della Scu del gruppo di Renna, in una “sfoglia” sequestrata a casa di “Barabba”, il giorno del suo arresto avvenuto il 25 maggio 2016. Quel pizzino oggi può essere riletto dagli investigatori della Mobile di Brindisi, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, avendo i dettagli forniti dal collaboratore.

A Campana viene chiesto dei rapporti tra Giovanni Donatiello e Raffaele Renna, reclusi assieme nel carcere di Parma dall’11 giugno al 7 luglio 2016, e racconta di un contrasto fra i due: “Nel 2016, nel corso di una perquisizione nell’abitazione di tale Barabba di Torchiarolo, venne rinvenuta una sfoglia scritta da Raffaele Martena in cui quest’ultimo parlava male di Giovanni Donatiello detto Cinquelire”.

“In particolare – si legge – lo indicava quale mandante del sequestri lampo del figlio di Barabba, per la cui liberazione fu pagato un riscatto di centomila euro, di cui 50mila furono versati dalla famiglia di Raffaele Martena, poiché un quel periodo Barabba e Martena erano in società nella gestione del traffico di stupefacenti”.

LA SFOGLIA SCRITTA IN CARCERE DA RAFFAELE MARTENA: SEQUESRATA A CASA DI BARABBA

Martena aveva scritto testualmente: “Del fatto del bambino chi si è reso responsabile è quel…di 5lire con ….(seguono il nome e il cognome di un uomo non indagato nell’inchiesta Old generation, ndr) che ora che esce Cristian (un affiliato, ndr) ti spiegherà meglio, poiché sta a Lecce e doveva parlare con una persona di Squinzano”. La questione, evidentemente, venne affrontata e risolta in tempi brevi tra gli affiliati della Scu, senza che nessuno sapesse. Adesso, invece, le indagini dovranno chiarire se effettivamente Donatiello chiese di rapire il bambino, per quale motivo, chi sequestrò il minore, dove venne nascosto il ragazzino, se quel riscatto sia stato pagato e con quale denaro.

Nell’ambiente della Scu tutti sapevano del “casino”. Antonio Campana prosegue: “Nello stesso periodo ricevo una lettera da parte di Raffaele Renna con la quale mi scriveva che l’amico aveva combinato un casino sprecando brutte parole nei confronti di Giovanni Donatiello, con il quale si era incontrato nel carcere di Parma e avevano cercato di ricomporre la situazione, ma Donatiello non ne aveva voluto sapere”.

Martena – si legge sempre nel verbale di Campana – mi riferiva di aver ricevuto anche lui una lettera da Raffaele Renna che all’epoca era detenuto a Parma, unitamente a Giovanni Donatiello per scontare una pena per il 41 bis, in cui lo informava che Donatiello era rimasti male per le parole che aveva speso nei suoi confronti”.

L’ACCORDO TRA FRANCESCO CAMPANA E GIOVANNI DONATIELLO PER UN NUOVO GRUPPO SCU

“Mio fratello Francesco aveva l’abitudine di scrivermi spesso delle lettere e in una circostanza, non ricordo esattamente il periodo, ma compreso tra l’estate del 2016 e quella del 2017, mi scrisse informandomi in maniera critica che aveva fatto un accordo con Giovanni Donatiello, all’epoca entrambi detenuti nel carcere di Voghera. E che, poiché a breve a quest’ultimo avrebbe guadagnato la libertà, aveva deciso di costituire un nuovo gruppo con a capo mio fratello Francesco e Giovanni Donatiello, il primo avrebbe operato all’interno del carcere, mentre Giovanni all’esterno con il supporto di tutti gli affiliati di mio fratello in libertà, in aggiunta a quelli dello stesso Donatiello”.

Quello che ha riferito il pentito Antonio Campana, secondo il gip del Tribunale di Lecce Edoardo D’Ambrosio, “dimostra come il fratello Francesco, nella controversia tra Donatiello da un lato e Martena e Renna dall’altro, fosse rimasto dalla parte del primo e ciò nonostante il legame esistente tra questi ultimi e lo stesso Campana Antonio”. Nell’ordinanza di arresto per Campana e Donatiello, il gip scrive anche: “La circostanza ha indubbiamente influito nel rapporto tra Renna e lo stesso Francesco Campana, sino a giungere quest’ultimo ad abbandonare il ruolo di capo e referente del gruppo di Renna”. E a siglare un accordo con Donatiello per affermare la supremazia dei vecchi (gli old della Scu).

L’INTENZIONE DI RAFFAELE RENNA DI UCCIDERE DONATIELLO SVELATA DAI PENTITI

Se da un lato Campana e Donatiello hanno iniziato a farsi sentire, dall’altro Raffaele Renna maturava l’intenzione di punire una volta per tutte Cinquelire: doveva essere ucciso. Dell’intento omicidiario di Renna hanno parlato gli ultimi pentiti della Sacra corona unita, fornendo nuovi elementi sugli assetti dell’associazione di stampo mafioso e sull’esistenza del contrasto fra Renna e Donatiello, impossibile da riuscire a conciliare perché nel frattempo il vecchio Cinquelire era riuscito ad ampliare la cerchia dei suoi affiliati, supportato in carcere da Francesco Campana.

Sulla richiesta di uccidere Donatiello, i verbali resi dai collaboratori di giustizia restano coperti da omissis.

 

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