Mafia&gioco: Puglia al secondo posto per infiltrazione

DOSSIER/11 Stando al rapporto dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, 4,6 miliardi di euro sono riconducibili a gruppi di stampo mafioso. In cima c’è la Campania, con 7,7 miliari di euro. A seguire Sicilia e Calabria. In provincia di Bari ruolo dominante dei clan Parisi e Capriati. Contatti con ‘ndrangheta e cosa nostra. Preoccupanti risvolti sociali: ludopatia e usura

 

Di Stefania De Cristofaro

 

BARI – I tentacoli della mafia anche nei giochi, con risvolti sociali preoccupanti perché lì dove c’è il business delle scommesse e delle slot, ci sono ludopatia e prestiti di denaro a tassi usurai che mettono in ginocchio sino a soffocare famiglie e imprese. La Puglia è la seconda regione in Italia per infiltrazione in questo settore, dopo la Campania: 4,6miliardi di euro, stando ai dati raccolti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nel 2019. I numeri sono elaborati per lo speciale focus su mafia&gioco inserito nell’ultima relazione Dia consegnata al Parlamento dal ministero dell’Interno.

LO SCENARIO NAZIONALE: GIOCHI E SCOMMESSE ON LINE, SALTO DI QUALITA’ DAL 2000

L’allargamento delle prospettive di business della criminalità organizzata è confermato dalle conclusioni a cui sono arrivate una serie di inchieste coordinate dalle procure Antimafia su tutto il territorio nazionale e la Puglia non fa eccezione rispetto al trend italiano: i settori dei giochi e delle scommesse on line hanno polarizzato gli interessi di tutte le organizzazioni di stampo mafioso, dalla Camorra alla ‘Ndrangheta, dalla criminalità pugliese, con la Sacra corona unita in primis, a Cosa nostra. In alcuni casi, sono emersi consorzi in chiave mafiosa.

Tenuto conto di questa convergenza di interessi, nella relazione sulle attività poste in essere dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) con riferimento al secondo semestre del 2019, è stato inserito il focus dedicato a Mafia&giochi. E’ un approfondimento sul fenomeno, elaborato partendo dalla “Relazione sulle infiltrazioni mafiose e criminali nel gioco lecito e illecito”, prodotta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, approvata il 6 luglio 2016, e dal “Libro blu 2018-organizzazione, statistiche e attività”, pubblicato il 19 agosto 2019 dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Il salto di qualità c’è stato a partire dagli anni 2000, quando le mafie – anche in Puglia – “hanno percepito l’elevata dimensione economica del mondo del gioco e delle scommesse prodotta dal circuito legale”. Sino al 1999, il panorama dell’offerta era concentrato su pochi giochi dai grandi volumi. “A cominciare dal lotto, per arrivare alle scommesse ippiche e ai concorsi pronostici, nell’ambito dei quali la raccolta complessiva ammontava a quasi 18 miliardi di euro”. “Dal 2000, arrivano nuove tipologie di gioco, tra cui le scommesse sportive e i videopoker e nel 2003 il legislatore nazionale, in considerazione della dilagante illegalità, è intervenuto puntando da un lato, a incrementare la deterrenza dell’azione di controllo sulle fasi e su tutta la filiera degli operatori di gioco e, dall’altro a rendere più competitivo il sistema legale rispetto a quello illegale”.

Appare significativo il dato riportato nel Libro blu 2018: “la ripartizione per regione dei volumi di gioco vede in testa la Lombardia con 14,65 miliardi di euro raccolti, contro i 124 milioni della Valle d’Aosta”, si legge. “Tra le regioni a tradizionale presenza mafiosa, si attesta al primo posto la Campania con 7,7 miliardi di euro, seguita dalla Puglia con 4,6 miliardi, dalla Sicilia con 4,5 e dalla Calabria con 1,9 miliardi”. La Lombardia guida la classifica generale del numero di apparecchi installati, con oltre 60mila macchine, mentre la Campania 40mila. Quanto al rilascio delle licenze per l’esercizio delle scommesse da parte dei questori, come autorità di pubblica sicurezza, in provincia di Napoli nel 2019 sono state 1386, in quella di Roma 1211, nel Foggiano 782, in provincia di Bergamo 765. A seguire: Brindisi con 672 (la prima delle province pugliesi), Palermo con 567, Bari con 502, Treviso con 404, Potenza con 383, Milano con 349 e Aosta con 7.

Due sono le direttrici dei profitti illegali: il gioco d’azzardo, le cui prospettive si sono allargate con l’offerta on line e le scommesse che garantiscono rilevanti introiti a fronte del rischio di sanzioni ritenute economicamente sopportabili. “Nel primo caso, c’è un’attività estorsiva ai danni delle società concessionarie, delle sale da gioco e degli esercizi commerciali, soprattutto bar e tabaccherie, in cui si esercita il gioco elettronico”. Frequente è l’impostazione di apparecchi da parte dei referenti dei clan o il pagamento di una somma per ogni macchinetta.

In ogni caso, sono drammatici i risvolti sociali: “le mafie approfittano dei giocatori affetti da ludopatia e concedono tassi usurai”. In tal modo, si genera un circolo vizioso nel quale, alla dipendenza dal gioco, si somma la dipendenza economica dai clan.

L’INFILTRAZIONE DELLA CRIMINALITA’ MAFIOSA IN PUGLIA: ESTORSIONI, SLOT MACHINE E PRESTANOMI

L’infiltrazione mafiosa in Puglia avviene con modalità differenti: dalla tradizionale attività estorsiva ai danni delle concessionarie, delle sale gioco e degli esercizi commerciali in cui si esercita il gioco elettronico, all’imposizione delle slot machine e video lottery sino ad arrivare all’intestazione a prestanome di società concessionarie, titolari dei nulla osta dei Monopoli, o all’inserimento di propri fiduciari nell’organigramma delle compagini. Su un binario parallelo si profilano le scommesse on line che vedono la criminalità organizzata pugliese operare attraverso soggetti in possesso di elevate competenze tecnico-informatiche.

“La specifica e mirata professionalità in questo ambito consente non solo di drenare risorse ingenti all’Erario, ma anche di inquinare la società, aumentando la dipendenza da gioco”.

La Regione Puglia ha approvato la legge per il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo il 17 giugno 2019, con il chiaro intento di arginare ulteriormente la ludopatia.

LA PROVINCIA DI BARI: RUOLO DOMANINTE DEI CLAN PARISI E CAPRIATI

Quanto alla provincia di Bari, ruolo di primo piano – stando a quanto è scritto nella relazione Dia – è riconosciuto ai clan Parisi e Capriati. Il primo riscontro investigativo risale al dicembre 2009, con l’operazione convenzionalmente chiamata Domino: furono eseguiti sequestri per circa 220milioni di euro, tra i quali 9 scuderie e 71 cavalli da corsa. Con rogatoria internazionale, la Corte inglese dispose il sequestro di quote – pari a due milioni di euro – di una delle società britanniche più importanti, tra quelle operanti nel settore delle scommesse on line, avente sede a Londra con numerose filiali in Italia. “La partecipazione, relativa a una società in possesso di regolare autorizzazione da parte della Gambling commission inglese è risultata formalmente intestata al figlio incensurato di un noto pregiudicato, già condannato per mafia, in quanto cassiere del clan Capriati”.

L’infiltrazione del clan Parisi, invece, è emersa nel 2010 con l’inchiesta Bocciulo della Guardia di Finanza e il sequestro di auto, immobili, imprese e rapporti finanziari per un valore di 15 milioni di euro. “Elemento caratterizzante dell’organizzazione era l’individuazione delle vittime da sottoporre a usura all’interno di circolo ricreativi”, è scritto nella relazione.

“Ai clienti venivano anche proposti pacchetti viaggio gratuiti con destinazione nei casinò in Russia, Slovenia, Croazia e Cipro, a fronte di un’unica condizione: il giocatore doveva acquistare fiche per almeno 5mila euro”.

Stando ai risultati delle indagini, “l’accompagnatore (porter) di rendeva disponibile a prestare denaro, sul posto, ai giocatori in caso di perdite”. La restituzione delle somme avveniva con l’applicazione di tassi usurai mensili oscillanti tra il 10 e il 20 per cento. “Il sodalizio, pertanto, era organizzato in modo tale da creare tra le persone con il vizio del gioco, lo stato di bisogno finanziario”.

LEGAMI CON GRUPPI DELLA ‘NDRANGHETA E DELLA MAFIA SICILIANA

Sono stati accertati anche legami con la ‘ndrangheta e con la mafia siciliana. Di rilievo, è l’inchiesta Scommessa del 13 novembre 2018 che ha evidenziato un’alleanza tra le cosche pugliesi, calabresi e siciliane finalizzata alla gestione delle scommesse illegali. E ha delineato l’espansione a livello transnazionale, nonché modalità adottate per superare le difficoltà di immissione in mercati connotati da differenti normative di settore. Gli accertamenti hanno fatto emergere la figura del cassiere dei Capriati, vertice dell’articolazione dei Martiradonna, incaricato di riciclare i proventi di origine delittuosa della consorteria mafiosa. Un altro barese, cugino dei fratelli Martiradonna è stato arrestato a Malta il 22 aprile 2019, in esecuzione di mandato europeo, nell’ambito dell’inchiesta Galassia della Dda di Reggio Calabria.

Stando all’esito delle indagini, questi era “a capo dell’associazione criminale, in qualità di costitutore e gestore delle società usate per la raccolta illecita di scommesse”. L’indagato – è scritto nell’ordinanza di custodia  – “garantendo gli interessi economici della cosca di ‘ndrangheta Tegano nel reggino e della famiglia catanese di cosa nostra Santapaola-Ercolano, aveva una sponsorizzazione criminale che poteva permettergli di agire soverchiamente nei confronti dei Martiradonna”. Al fine di aggirare la più rigida normativa sul sistema concessorio-autorizzatorio italiano, la cosa aveva creato una rete di gioco da banco e on line, attraverso società estere, con sedi in Paesi a fiscalità privilegiata tutte riconducibili alla famiglia Martiradonna di Bari. Il sistema “consentiva di espletare abusivamente l’attività di bookmaker, eludendo ogni tipo di tracciabilità”. I guadagni venivano reimpiegati in attività commerciali formalmente intestate a prestanome, in finanziamenti a favore della famiglia Capriati e al mantenimento dei sodali.

E’ stato accertato che “il sodalizio era organizzato secondo una struttura piramidale, ordinata su più livelli gerarchici, capeggiata dal bookmaker-allibratore estero, ditta con sede all’estero controllata da Martiradonna, con alle dirette dipendenze i master di zona”. Questi ultimi “usavano il pannello informatico concesso dal bookmaker per controllare la rete delle agenzie e gestivano un conto on line (conto master) su cui lo stesso bookmaker anticipava o versava il capitale necessario ad alimentare i fidi o a pagare le scommesse di ciascuna agenzia”. I titolari di agenzie, legati al bookmaker da un formale mandato legale, a loro volta, erano dotati di un conto gioco o conto madre, al quale appoggiavano i clienti privi di regolare registrazione e, tramite questo pagavano le eventuali vincite, riscuotevano le perdite e regolarizzavano settimanalmente i sospesi con i master, facevano pervenire loro le somme guadagnate previa trattenuta della provvigione pattuita.

Se l’inchiesta Scommessa ha evidenziato le capacità dei clan mafiosi Parisi e Capriati di essere allo stesso tempo mente e regia della multinazionale delle scommesse on line e di tenere relazioni anche con altre organizzazioni, la recente operazione Gaming machine del mese di gennaio 2020, ha messo in luce come l’interesse del settore dei giochi riguardi anche il clan Strisciuglio. E’ emerso che le organizzazioni si suddividevano il territorio in zone di influenza per acquisire in modo esclusivo e monopolistico la gestione della distribuzione delle apparecchiature.

LA PROVINCIA DI FOGGIA: MAFIA&GIOCO ATTRAVERSO LEGAMI CON LA ‘NDRANGHETA

Nella provincia di Foggia, il connubio gioco&mafie è emerso in modo indiretto, ovvero attraverso circuiti criminali il più delle volte riferibili a organizzazioni di matrice ‘ndranghetistica. Già nel 2016, le indagini avevano portato a individuare un uomo “vicino alla famiglia Femia, espressione dei Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica), titolare di una società emergente nel settore della gestione delle slot machine il quale aveva collocato proprie apparecchiature in diversi locali, scalzando di fatto altre società dello stesso settore”. Il rapporto con la ‘ndrangheta emerge anche in una recente interdittiva antimafia emessa il 22 gennaio 2020 dalla prefettura di Foggia nei confronti di una società di internet point e scommesse on line.

La forza intimidatrice della società foggiana, attraverso forme di assoggettamento che sfruttano la fama criminale, si manifesta anche nel settore dei giochi. Esempi della cosiddetta estorsione ambientale, sono emersi nell’operazione Decima azione del 2018 con riferimento ai gruppi Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino-Lanza e alla gestione illecita delle scommesse sportive, come le corse di cavalli.

IN PROVINCIA DI BRINDISI L’INTERESSE DELLA SACRA CORONA UNITA DOPO LA FINE DEL CONTRABBANDO

In provincia di Brindisi, l’interesse della Sacra corona unita nel settore dei giochi è risalente nel tempo: “già a metà degli anni Novanta, un boss brindisino del contrabbando, trasferitosi in Albania, era riuscito a costituire una società nel campo delle scommesse e del gioco d’azzardo, fittiziamente intestate e deputate allo svolgimento di attività di immediato cash flow”. Dopo la fine del contrabbando, il gioco d’azzardo e i videopoker sono diventati una fonte sicura di introiti per il mantenimento degli affiliati e delle famiglie dei detenuti.

L’inchiesta chiamata Calipso, condotta dai carabinieri di Brindisi nel 2010, ha evidenziato il cambiamento delle strategie facendo emergere il controllo delle estorsioni sui videopoker tra l’Italia e l’Albania e il ruolo di primo piano assunto da un ex contrabbandiere il quale, all’atto della sua cattura, a Valona, “era in procinto di inaugurare un casinò in quella località”. Nella relazione Dia è stato riportato uno stralcio del provvedimento di arreso, relativo a una intercettazione tra lo stesso boss e un altro esponente di vertice della cosiddetta frangia mesagnese:

“Devono tenere la gestione per fare il 25 per cento. Devono venire un mese da noi che devono imparare il mestiere, la gestione qual è? Che tutte le macchinette che appartengono a loro no, ogni due-tre giorni devono andare a farsi un giro, prendere i soldi. I soldi praticamente vengono tutti alla cassa, non sono più i tempi e le persone di una volta perché questo lavoro non lo conosceva nessuno. Il fatto delle macchinette, è un lavoretto che ti fa vivere”.

L’attività dei giochi elettronici da intrattenimento, formalmente lecita, veniva svolta anche nell’interesse della Scu a cui era devoluto il 5-6 per cento degli incassi per la protezione ricevuta.

I CLAN LECCESI ATTIVI NEL SETTORE DEI GIOCHI D’AZZARDO E LA CONCESSIONE DI PRESTITI

Anche nel Leccese, l’inchiesta Poker 2 ha confermato l’interesse degli ambienti mafiosi verso il settore dei giochi: un provvedimento ablativo è stato eseguiti nei confronti di un esponente del clan Tornese di Monteroni, il quale gestiva attività economiche legate al mondo delle scommesse, avvalendoli di agenzie in Puglia, Emilia Romagna e Veneto, affiliate a un broker austriaco.

La gestione in forma di impresa delle diverse articolazioni della filiera del gioco è documentata anche nell’indagine Clean Games del 2015 con la quale è stata smantellata un’organizzazione in grado di imporre, con metodi mafiosi, un monopolio illegale nel settore della produzione di apparecchi da gioco e nel controllo di quello d’azzardo anche a distanza, “attraverso la fraudolenta interruzione del flusso telematico di comunicazione dei dati” e il ricorso a metodi intimidatori.

La struttura organizzativa era costituita da imprese e società di fatto riconducibili a soggetti del gruppo De Lorenzis di Racale, noti imprenditori del settore dei videogiochi e delle scommesse sportive, collegate ai clan storici come i Troisi di Casarano e i Padovano di Gallipoli, in grado di avere rapporti con elementi dei gruppi calabresi. Non solo. Il sodalizio concedeva prestiti per l’avviamento delle attività, pretendendo il rientro dei capitali e minacciando di incassare i titoli in garanzia, laddove non fossero stati installati i videogiochi. In questo modo, il sodalizio riusciva ad appropriarsi delle attività commerciali di clienti in grave difficoltà economica. L’attività di indagine anche fatto emerge “collisioni con un esponente dell’Amministrazione finanziaria”.

Rapporti tra il gruppo De Lorenzis e il clan Briganti di Lecce sono stati confermati con l’inchiesta Twilight dei carabinieri, sfociata nel blitz il 29 novembre 2016 e poi con le indagini Le Vele di gennaio 2019 e Final Blow del 26 febbraio 2020. “Quest’ultima ha fatto luce sulle modalità di esecuzione del programma criminoso finalizzato ad alterare a proprio vantaggio l’esito delle giocate presso una sala bingo di Lecce”.

Il gaming costituisce fonte di interesse anche per il clan Coluccia di Galantina: con l’inchiesta Dirty slot del 17 gennaio 2020, è stata scoperta l’organizzazione del gioco d’azzardo anche a distanza. Il denaro di provenienza illecita veniva trasferito presso conti correnti accesi in alcune banche della Repubblica di San Marino. Diverse le interdittive antimafia emesse dal prefetto di Lecce nei confronti di società e cooperative operandi nelle attività di video giochi e scommesse. “La consolidata capacità imprenditoriale del sodalizio Coluccia emerge pure dagli esiti giudiziari dell’inchiesta Labirinto del 2 luglio 2018: per l’installazione delle macchinette da gioco, il clan era costretto al pagamento del cosiddetto pensiero di Pasqua alla frangia del clan Tornese, facente capo ai Rizzo.

Anche nella provincia di Taranto ci sono forme di ingerenza di una mafia imprenditrice, interessata a infiltrarsi nel tessuto economico e sociale e, in particolare, nella gestione dei centri scommesse, delle slot machine e video-lottery.

 

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