Dal 2004 ad oggi, nella mia veste di direttrice del Tacco d’Italia sono stata destinataria di circa 100 tra querele, integrazioni di querele, richieste di rettifica.
Non avevano mai nulla di concreto da rettificare. Non avevano mai nulla di concreto da contestare. Ho scritto per i principali giornali italiani, ma le querele sono arrivate sempre tutte a me. Quei grandi giornali, dopo le querele arrivate a me, non ai loro direttori, hanno comunque interrotto la mia collaborazione. Ho sempre vinto in sede penale e civile. La maggior parte delle querele sono state archiviate.
Una volta una coppia di grossi imprenditori salentini, vicini agli ambienti della sacra corona, mi querelarono perché sostenevano che la grotta paleolitica di cui scrivevo non esisteva. Su quella grotta avevano operato una lottizzazione abusiva. In quella grotta, censita dal catasto regionale, erano stati trovati reperti paleolitici di rara fattura, esposti nei musei.
Un’altra volta la figlia di un boss mi querelò, varie volte, perché diceva che lei aveva lo stesso cognome del padre, ma l’interdittiva antimafia che era arrivata alla sua azienda, e poi a un’altra e un’altra ancora, era frutto di un’allucinazione della Procura.
Come le querele temerarie, cioè fatte per intimidire e dare fastidio, anche le richieste di rettifiche che non hanno nulla da rettificare sono da considerarsi azioni intimidatorie. Ma la legge sulla Stampa garantisce il diritto di replica-rettifica e noi giornalisti dobbiamo accordarlo.
Loro, non hanno nulla da dire, ma lo dicono lo stesso.
Noi, diamo loro voce a norma di legge. E nella legge, scriviamo quello che abbiamo da dire e andiamo avanti.
MLM
di Thomas Pistoia
Egregio Direttore,
in qualità di legale rappresentante della “Donvitocorleone Spa” vengo qui a significare quanto segue:
in data 8 dicembre 2019, nell’articolo intitolato “Il sindaco è stato indagato per mafia perché aveva rapporti con le cosche e ricattava e faceva voto di scambio e vinceva le elezioni spaventando e minacciando le persone e faceva in modo che suo fratello diventasse un pezzo grosso della banca”, avete scritto che il nostro sindaco è stato indagato per mafia, ha rapporti con le cosche, ha fatto ricatti, ha praticato il voto di scambio, ha vinto le elezioni spaventando e minacciando le persone e ha fatto in modo che suo fratello diventasse un pezzo grosso della banca.
Tutto ciò non risponde al vero.
Infatti il nostro comune è stato sciolto per mafia ed è attualmente commissariato, quindi il sindaco che lo guidava non è più sindaco. E non è detto che l’imputazione per mafia che pende sul capo dell’ex-primo cittadino e lo scioglimento del comune, per mafia, siano per forza collegati. Perché magari il sindaco si trovava a passare di là mentre il comune veniva sciolto ed è rimasto coinvolto suo malgrado, a sua insaputa. Anzi, lui si trovava lì nel momento dello scioglimento per dare una mano, però nessuno l’ha capito, è stato frainteso.
Inoltre:
il fatto che il presidente della banca abbia lo stesso cognome del suddetto sindaco non dimostra affatto che i due siano fratelli. Potrebbe essere un caso di omonimia, oppure sì, sono fratelli ma non si sono mai visti prima. Uno dei due magari è stato posto neonato dentro una cesta e abbandonato alla corrente di un fiume. Oppure sono fratellastri, tipo che uno è figlio di secondo letto. Che poi, guardateli bene. Come si fa a dire che sono fratelli, fateci caso, non si somigliano neanche.
E aggiungo:
smettetela con questa storia che il boss pentito ha fatto il nome del sindaco, asserendo che era in affari con lui. Prima di tutto: il boss potrebbe essere affetto da un problema di pronuncia tipo la zeppola, allora voi sentite la doppia zeta ma quella magari e una doppia “tì” o una doppia “dì”. Ci vuole poco a scombinare un verbale se il trascrittore è ubriaco. E voi potete garantirci che in procura sono tutti astemi?
Che poi l’affare tra il boss e il sindaco avrebbe riguardato dei finanziamenti per l’apertura di un supermercato in cambio di un appoggio elettorale. Embé? Com’è? Il sindaco si prodiga per creare posti di lavoro, agevola lo sviluppo economico, migliora la produttività del territorio e voi che fate? Scrivete sul vostro giornale che è imputato per estorsione aggravata dal metodo mafioso, tentata e consumata, violenza privata e tentata concussione?
Insomma, un po’ di serietà!
I fatti non vanno mica raccontati riportando fedelmente quello che dice la procura! Questo è copiare! Metteteci un po’ di inventiva, abbiate un po’ di iniziativa! Ecchecazzo! Ma pure per i giudici, no? Loro sono abituati a parlare con tutti quei tecnicismi giuridici, la gente non li capisce. Rielaborate!
Termini apparentemente negativi come “estorsione aggravata” possono diventare “recupero fondi per lo sviluppo di attività a beneficio dell’associazione fondata dagli amici e dagli amici degli amici”. Amicizia, capite? C’è… C’è del sentimento! Ecco, voi, voi… Ci dovete mettere il cuore, ci vuole più poesia!
Ci mettete un po’ di arte soltanto quando dovete elogiare le forze dell’ordine e le istituzioni. Quelli chiamano le loro operazioni con nomi altisonanti tipo “tornado” e voi ci ricamate sopra, commentando i filmati trionfalistici di elicotteri, cortei di volanti, perquisizioni, cani antidroga, come se fossero poemi omerici! Ah, come vi esaltate in quei casi!
Ma per favore! La vostra è soltanto propaganda!
Quindi, per tutto quanto sopra e anche per altro che mi riservo di integrare, visti gli articoli numero eccetera eccetera e il combinato disposto eccetera eccetera, vi chiedo formalmente di rettificare urgentemente il contenuto del vostro articolo.
Diversamente, la “Donvitocorleone Spa” si vedrà costretta ad adire le vie legali a salvaguardia della propria discutibile onorabilità, specie che quest’anno c’è stata una grande morìa delle vacche, come voi ben sapete.
Punto, due punti.
Massì, fai vedere che abbondiamo!
Abbundandis abbundandum.
Sostieni il Tacco d’Italia!
Abbiamo bisogno dei nostri lettori per continuare a pubblicare le inchieste.
Le inchieste giornalistiche costano.
Occorre molto tempo per indagare, per crearsi una rete di fonti autorevoli, per verificare documenti e testimonianze, per scrivere e riscrivere gli articoli.
E quando si pubblica, si perdono inserzionisti invece che acquistarne e, troppo spesso, ci si deve difendere da querele temerarie e intimidazioni di ogni genere.
Per questo, cara lettrice, caro lettore, mi rivolgo a te e ti chiedo di sostenere il Tacco d’Italia!
Vogliamo continuare a offrire un’informazione indipendente che, ora più che mai, è necessaria come l’ossigeno. In questo periodo di crisi globale abbiamo infatti deciso di non retrocedere e di non sospendere la nostra attività di indagine, continuando a svolgere un servizio pubblico sicuramente scomodo ma necessario per il bene comune.
Grazie
Marilù Mastrogiovanni
------
O TRAMITE L'IBAN
IT43I0526204000CC0021181120
------
Oppure aderisci al nostro crowdfunding