L’inviata del Tg1 Maria Grazia Mazzola fu aggredita dalla boss del clan Caldarola Monica Laera. Il gip archivia la querela della boss e chiede rinvio a giudizio per mafia.
di Marilù Mastrogiovanni
Infondata e falsa: la querela per molestie e diffamazione presentata dalla mafiosa Monica Laera nei confronti di Maria Grazia Mazzola, inviata speciale del Tg1, è stata archiviata. Il gip del Tribunale di Bari, Giovanni Anglana, su richiesta del pm ha disposto l’archiviazione, stigmatizzando da un lato l’appartenenza di Monica Laera e del marito Lorenzo Caldarola alla criminalità organizzata, dall’altro il corretto esercizio del diritto-dovere di cronaca da parte di Mazzola.
L’appartenenza di Laera e Caldarola alla criminalità organizzata di stampo mafioso, precisa il gip, “è stata accertata giudizialmente” e il fatto che l’inviata del Tg1 l’abbia sottolineata in alcune circostanze, non è “una mera illazione della giornalista”.
I FATTI
Lo scorso 9 febbraio l’inviata del Tg1 si trovava a Bari per girare un reportage sul fenomeno dei minorenni reclutati dalle mafie: fenomeno esteso in varie regioni d’Italia. A Bari, Mazzola si era recata nel quartiere Libertà e, scrive il gip, qualificandosi come giornalista, per strada, nei pressi dell’abitazione di Laera e Caldarola, si era limitata a “chiedere informazioni circa la residenza di Caldarola e la vicenda giudiziaria che aveva interessato il figlio Ivan”.
Laera, uscita dalla sua abitazione, aveva raggiunto Mazzola sul suolo pubblico intimandole di allontanarsi, rifiutandosi di rispondere alle domande e aggredendola improvvisamente, minacciandola di morte e provocandole lesioni.
Il tutto ripreso da ben tre telecamere. L’inviata, assistita dall’avvocata Caterina Malavenda, ha quindi presentato querela nei confronti di Laera, verso la quale pende la richiesta di rinvio a giudizio per vari reati aggravati dal metodo mafioso. L’udienza preliminare si celebrerà il 16 gennaio 2020.
La pm Lidia Giorgio della Direzione distrettuale antimafia di Bari ha infatti contestato a Monica Laera, già condannata in via definitiva per mafia e ritenuto soggetto socialmente pericoloso, l’articolo del codice penale 416 bis, perché la minaccia di morte e l’aggressione fisica alla Mazzola avevano l’obiettivo di controllare il territorio, cioè il quartiere Libertà, facendo pesare il suo status di mafiosa e di moglie di mafioso.
Laera era stata poi intervistata dal Tgr Puglia: al microfono di Fabio Zellino, oggi al Tg2. La boss del quartiere Libertà aveva chiesto scusa per l’aggressione, adducendo come scusante il fatto che fosse sconvolta per la morte della nonna.
Non tanto sconvolta da querelare subito dopo Maria Grazia Mazzola, per le dichiarazioni rese al Corriere del Mezzogiorno il 23 febbraio 2018, nell’articolo dal titolo “Io, cronista picchiata. La mafia non ama i giornalisti” e per le altre dichiarazioni rese nel corso della cerimonia di premiazione del premio “Iride”, il 7 aprile 2018.
Il gip nell’ordinanza di archiviazione precisa anche che la condotta di Mazzola è rispettosa del cosiddetto “decalogo del buon giornalista”, che le domande non furono insistenti e anzi, “appena accennate”, e che vi fosse un oggettivo interesse pubblico sia sulle vicende giudiziarie del figlio di Laera, su cui vertevano le domande, sia sull’aggressione che ne è seguita.
Il gip del Tribunale di Bari ha ritenuto e ribadito nella sua decisione che i rilievi della Mazzola sul conto della Laera erano pertinenti e veri in relazione sia all’aggressione sia al curriculum criminale della donna. Il giudice ha infine sancito e ribadito la correttezza dell’esercizio del diritto di cronaca esercitato da Mazzola, sottolineando che “è di agevole comprensione l’interesse pubblico alla conoscenza della notizia, atteso che le domande poste dalla giornalista (in realta’ appena accennate, attesa la reazione della Laera) vertevano su di un episodio di cronaca giudiziaria (che vedeva coinvolto il figlio della Laera) e dovevano innestarsi nell’ambito di un programma televisivo sulla devianza minorile”.
Soddisfazione per la decisione è stata espressa dal sindacato Stampa romana, dall’Ordine nazionale dei giornalisti, da Ossigeno per l’Informazione.
Associazione stampa romana ha dichiarato: “Attendiamo l’apertura del processo penale sull’aggressione fisica subita da Mazzola, nel quale l’Asr chiedera’ la costituzione di parte civile per ribadire il principio dell’intangibilita’ del giornalismo e del giornalismo d’inchiesta”.
Il video dell’aggressione
I RETROSCENA
Sull’aggressione all’inviata della RAI Maria Grazia Mazzola e sul modo in cui la notizia è stata trattata da alcuni organi d’informazione locali ho preso posizione in questo editoriale.
Un mero errore materiale, commesso dalla sottoscritta in quel corsivo, ha scatenato una levata di scudi da parte del Comitato di redazione del Tgr Puglia.
Trovate tutto qui: Aggressione a Maria Grazia Mazzola, il Cdr della Tgr Rai Puglia: «Solo falsità su di noi. Siamo in prima linea contro le mafie»
Sulle mafie in Puglia e sulla loro capacità di controllare militarmente i territori, è emergenza. Un’emergenza taciuta a tutti i livelli. Le mafie reclutano ragazzi sempre più giovani e inducono alla prostituzione bambine di 12-13 anni, in cambio di una dose di coca.
Se il servizio pubblico garantisce diritto di replica ai mafiosi, senza fare domande, senza fare domande scomode, prerogativa di un giornalista, non ne usciamo più vivi. Moriamo noi, muoiono i nostri figli, muore la Democrazia.
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