Per percorrere 50 km le “littorine” delle Ferrovie Sud est ci impiegano due ore, con ritardi anche di mezz’ora. E in 50 km si deve fare pure un cambio, a Novoli. Ma, secondo i magistrati, per sperperare un patrimonio pubblico di 300 milioni di euro gli ex amministratori, ora agli arresti, ci hanno impiegato pochissimo. E mentre le littorine arrancavano per trascinare su e giù pendolari e qualche sperduto turista, l’amministratore delegato Fiorillo sfrecciava col suo autista personale pagato 14mila euro al mese, bevendo bottiglie di vino pagate 2.600 euro l’una. La realtà è così surreale che serve un racconto di Thomas Pistoia per poterla interpretare fino in fondo. MLM
Mio nonno non parla mai. Se ne sta lì, ore e ore, sulla sua sedia gravitazionale. Ormai sono quindici anni che sta piantato lì sopra, dal giorno dell’incidente, dal giorno in cui non ha camminato più.
Quando si è ritrovato così, immobilizzato, condannato a passare il suo tempo davanti a un visore 3D, quando ha compreso che avrebbe potuto, al massimo, da quel momento, scorrere sospeso sui prati di un giardino pubblico, guardando volare i piccioni, ha smesso di parlare. Mugugni, monosillabi, frasi di non più di quattro parole. Noi abbiamo cercato di comprenderlo, di stargli vicino, ma non è servito. Non si è mai ripreso.
Oggi, io, che sono sempre stato il suo nipote prediletto, ho deciso di tentare l’azzardo: mi sono seduto vicino a lui e gli ho chiesto di raccontarmi di quel giorno, del giorno dell’incidente.
Il nonno, quando mi ha visto prendere con tanta determinazione l’iniziativa, ha tradito un po’ di stupore, poi mi ha guardato fisso negli occhi. Infine ha parlato.
– Cosa vuoi sapere? – ha detto con voce lontana.
– Tutto. Voglio sapere tutto quello che accadde.
Lui, credo istintivamente, ha alzato lo sguardo verso il cielo salentino, che l’estate ogni notte semina a stelle, poi ha cominciato, incredibilmente, a raccontare.
– Io non viaggiavo per piacere – ha detto – non facevo il turista. Ero un pendolare. Ogni mattina mi alzavo prestissimo e, da Casarano, raggiungevo Grottaglie in tempo per prendere il primo convoglio. L’unico lavoro che avevo trovato era in un albergo lontanissimo da qui, fuori dal mondo. Facevo il cameriere. E il viaggio… Viaggiare era faticoso quanto lavorare… All’epoca dallo Spazioporto partivano soltanto gli Shuttle della Space Sud-Est…
– Anche adesso, nonno.
– Ah. Beh, noi viaggiavamo su velivoli vecchi, scomodi, ferraglia che non avrebbe mai dovuto decollare… Me li ricordo… Erano inquietanti… Bianchi, con le strisce arancioni o blu… Sporchi… Arrivavo al lavoro con le ossa rotte dai sobbalzi sul sedile d’acciaio…
– Anche oggi sono così, nonno. Ma come andò l’incidente?
– Ah. Vedi, all’epoca gli Shuttle viaggiavano su un’unica rotta. Il velivolo per la luna faceva scalo su una stazione orbitante, la Novolys, attendeva l’altro, che dalla luna tornava, poi proseguiva sulla sua stessa scia. E viceversa.
Ecco, per farti capire, se fossero stati veicoli come quelli dell’antichità, se fossero stati treni, avremmo potuto dire che camminavano entrambi sullo stesso binario e che, quando erano troppo vicini al punto da rischiare di scontrarsi, si fermavano e si cedevano a vicenda il passo…
– Nonno… Fanno ancora così. Si fermano ancora a Novolys. Che poi non ho mai capito… Novolys è oltre la luna… Cioé… Prima la superano poi tornano indietro?
– Eh. Sai cosa c’è di ridicolo? In quell’epoca di viaggi cosmici e computers, le partenze, gli arrivi e le fermate a Novolys, erano gestite da uomini che giravano una manopola. Quando lo shuttle partiva da Grottaglie l’omino dello Spazioporto faceva squillare il cellulare dell’omino sulla stazione orbitante. Nello stesso tempo, anche l’omino sulla luna, dopo la partenza dell’altro Shuttle, faceva squillare il cellulare al collega su Novolys. Quest’ultimo, ricevute le due chiamate, preparava i due attracchi per le navicelle, girando una manopola. Un omino e una manopola, capisci? La vita di tante persone dipendeva da un omino e da una manopola…
– Nonno…
– Fammi indovinare… Funziona ancora così.
Non ho risposto. Il nonno ha capito e ha proseguito il suo racconto.
– Questo sistema di solito funziona. Ma capita, magari soltanto una volta, ma capita… che… che uno degli omini quel giorno si distrae, perché non si sente bene e se resta a casa nessuno lo paga, o perché è stanco a causa dei turni mal retribuiti cui è costretto… E non sente la telefonata… Non la sente. Ecco, quel giorno qualcuno non sentì lo squillo e non girò la manopola… Io… Io ricordo solo lo schianto e un dolore atroce alla schiena. Per il resto so solo che sono stato l’unico sopravvissuto, gli altri passeggeri morirono tutti.
– Mi spiace, nonno. Ora capisco. Avrei fatto meglio a non chiedere.
– No. No, hai fatto bene. E’ giusto che tu sappia, sono io che sbaglio a non parlare. Voi giovani dovete sapere, per non ripetere gli stessi errori. Il capo… Il… Il presidente… Come cazzo si dice… L’amministratore delegato, ecco… Causò un crack finanziario da milioni di euro… I soldi che sarebbero dovuti servire per migliorare le strutture, i velivoli, la sicurezza… Il denaro con cui avrebbe potuto assumere altro personale e migliorare le condizioni di quello già presente… Si è mangiato tutto lui, aiutato dai suoi amici… La puoi chiamare mafia. Già. E’ mafia anche quella. Sì, lo hanno messo ai domiciliari per un po’, ma, per un ricco, i domiciliari sono comunque confortevoli e durano sempre troppo poco. Per i poveri e i lavoratori, invece, i danni sono atroci e spesso… – il nonno accenna un gesto come a indicare la sua schiena – Spesso permanenti.
Vorrei dire qualcosa, ma non trovo parole. Guardo il nonno che ora solleva nuovamente gli occhi verso il cielo, come se cercasse lassù, nel firmamento, una risposta che non c’é.
Restiamo così, uno accanto all’altro, nonno e nipote. A uno che ci guardasse dalla luna sembreremmo infinitamente piccoli e infinitamente stupidi.
Come tutti gli uomini.
Condannati a diventare padroni del cielo.
Senza mai possedere le stelle.
Sostieni il Tacco d’Italia!
Abbiamo bisogno dei nostri lettori per continuare a pubblicare le inchieste.
Le inchieste giornalistiche costano.
Occorre molto tempo per indagare, per crearsi una rete di fonti autorevoli, per verificare documenti e testimonianze, per scrivere e riscrivere gli articoli.
E quando si pubblica, si perdono inserzionisti invece che acquistarne e, troppo spesso, ci si deve difendere da querele temerarie e intimidazioni di ogni genere.
Per questo, cara lettrice, caro lettore, mi rivolgo a te e ti chiedo di sostenere il Tacco d’Italia!
Vogliamo continuare a offrire un’informazione indipendente che, ora più che mai, è necessaria come l’ossigeno. In questo periodo di crisi globale abbiamo infatti deciso di non retrocedere e di non sospendere la nostra attività di indagine, continuando a svolgere un servizio pubblico sicuramente scomodo ma necessario per il bene comune.
Grazie
Marilù Mastrogiovanni
------
O TRAMITE L'IBAN
IT43I0526204000CC0021181120
------
Oppure aderisci al nostro crowdfunding