Ionio, mare dimenticato

L’area turistica avetranese dell’Urmo Belsito ha, per caso, meno pregio naturalistico di San Foca per non essere presa in considerazione dalla Vicepresidente Angela Barbanente?

//VISTO DA LONTANO// Da San Paolo il punto di vista di un salentino, studente al master post laurea in Social Economy and Labour

Di Nicolò Giangrande* nicolò giangrande La costa adriatica italiana, da Trieste ad Otranto, ha rappresentato per tutta la Guerra Fredda la linea di demarcazione territoriale ed ideologica tra due mondi contrapposti. Oggi quel confine marittimo, un tempo controllato ossessivamente dai radar, non è più la frontiera tra due blocchi internazionali antitetici ma è parte di uno spazio che condividiamo pacificamente con i Paesi balcanici che si affacciano sull’Adriatico. L’interesse verso il mar Adriatico, dovuto a questioni geostrategiche e di politica internazionale, ha fatto sì che la costa adriatica italiana beneficiasse di maggiori attenzioni rispetto alle altre coste. Nel frattempo gli equilibri internazionali sono cambiati e alcuni di quei Paesi – una volta oltre la cortina di ferro – sono entrati nella grande famiglia europea. Si è così trasformato il duro confronto, un tempo supportato dalla minaccia militare, in rapporti politici ed economici più distesi. L’attenzione internazionale nei confronti dell'Adriatico e la prevalenza chilometrica in Puglia della costa adriatica rispetto a quella ionica, hanno creato i presupposti per un diverso sviluppo – in termini di infrastrutture e mobilità – del nostro territorio. Sull’Adriatico sono presenti superstrade, l’autostrada adriatica A14 il cui ultimo tratto collega Bari a Taranto, ferrovie ed aeroporti. Infrastrutture consolidate nei decenni che oggi facilitano gli spostamenti interni alla Puglia, quelli extra-regionali e quelli verso l'Europa. Sullo Ionio la situazione è opposta. Per voler andare da Gallipoli a Ginosa Marina, entrambe località ioniche, è preferibile dirigersi verso l’Adriatico, fare il tour dei capoluoghi – Lecce, Brindisi e Taranto – e poi proseguire fino al confine con la Basilicata. Stessa situazione con il trasporto ferroviario. Sulla costa adriatica è attiva la rete delle Ferrovie dello Stato (FS) che unisce la Puglia all’Italia centrosettentrionale, mentre l’entroterra e la costa ionica sono servite prevalentemente, e ad intermittenza, da un servizio ferroviario e automobilistico effettuato dalle Ferrovie del Sud Est (FSE). Una linea delle FS che collega l’Adriatico allo Ionio è la Brindisi-Taranto, un malconcio percorso ferroviario a binario unico che ricorda il far west di Sergio Leone. Tutte piccole dimenticanze della politica nazionale e regionale che hanno aumentato il divario tra il lato ionico e quello adriatico ma che, fortunatamente, sono il motivo di attrazione per quei turisti richiamati dai paesaggi selvaggi e incontaminati e da luoghi dove l’orologio lo si può lasciare a casa perché il tempo sembra essersi fermato. La Guerra Fredda è finita, l’Adriatico da muro si è trasformato in ponte verso i Balcani, il regista Leone ha completato la Trilogia del dollaro, ma la Puglia considera ancora lo Ionio come un mare di secondaria importanza. Il centrosinistra pugliese guidato da Vendola – pur spazzando via il buio fitto che avvolgeva la Regione e ridando alla nostra terra l’orgoglio di essere parte del Mezzogiorno e del mondo – continua a volgere il proprio sguardo alla costa adriatica dimenticandosi di quella ionica. Prova di quanto affermo è quella dicotomia vendoliana che oggi vede il Presidente della Regione Puglia impegnato contro le trivelle petrolifere e il gasdotto TAP sul lato adriatico, mentre sull’altra costa è indifferente su una questione, altrettanto allarmante, come lo scarico della fogna nel mar Ionio in località Specchiarica. Sia ben chiaro che non pretendo che la localizzazione, decisa dal Comune di Manduria, e la condotta sottomarina, fortemente voluta dall’AQP, diventino un problema internazionale tale da richiedere l'intervento dei caschi blu dell'ONU. A mio avviso, però, questa vicenda non merita neanche di essere deliberatamente trascurata dagli attuali vertici regionali che, fino ad oggi, sollecitati più volte e da più parti, hanno deciso di girarsi dall’altra parte e di non voler neppure ascoltare le proposte alternative avanzate dal territorio. Cosa ha di diverso Specchiarica per non guadagnarsi le attenzioni della Regione Puglia? Abbiamo, forse, la sfortuna che in questa drammatica vertenza ambientale non ci sia un’altra istituzione, superiore alla Regione, con cui il Presidente Nichi Vendola possa fare polemica? L’area turistica avetranese dell’Urmo Belsito ha, per caso, meno pregio naturalistico di San Foca per non essere presa in considerazione dalla Vicepresidente Angela Barbanente? Le aree protette regionali del Fiume Chidro e della Salina Monaci dovranno prima essere inquinate, come è successo recentemente a Torre Guaceto, affinché l’assessore Giovanni Giannini del Partito Democratico presieda d’urgenza un tavolo tecnico-istituzionale a Bari? Interrogativi per i quali auspicheremmo avere delle risposte. *studente al master post laurea in Social Economy and Labour, Unicamp, San Paolo, Brasile; laurea triennale e specialistica presso l'Università del Salento in Scienze Politiche, Comunitarie e delle Relazioni Internazionali, voto 110 lode; Master in “Relazioni Internazionali Europa – America Latina” presso l'Università di Bologna, voto 30/30;

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