Fo, Martino, Righetti e il buco nell’ozono
Rosa fresca aulentissima, ch’appari inver’ la state… diceva una poesia medievale siciliana che abbiamo studiato a scuola. Ma qualcosa non quadrava, perché le rose in estate non sbocciano, si spampanano. L’inghippo ce lo spiegò da par suo il maestro Dario Fo. Qui, più modestamente, ci occupiamo dell’ambivalenza dei sentimenti di Bruno Martino per la calda stagione. Anche lui (o forse Bruno Brighetti, polistrumentista del suo quintetto, nonché autore del testo) confonde l’estate con la primavera. Dice che ha dato il suo profumo a ogni fiore e garantisce che un tempo il sole scaldava, mentre ora brucia. Buco nell’ozono o no, prendiamo atto che, all’inizio degli anni '60 italiani, aprile cessava di essere il mese più crudele. Il boom economico, il calendario scolastico, le ferie alla Fiat e in tutta l’industria pesante delle grandi città del Nord, le rotonde sul mare ecc… ecc… facevano sì che fosse agosto, parafrasando T. S. Eliot, il mese che risveglia radici sopite e mescola memorie e desiderio. Non a caso il caldo ricorda baci perduti, e forse quell’inverno nevoso, che presto ricoprirà tutto col suo manto bianco, porterà una noiosa ma rassicurante pace dei sensi. Almeno fino all’estate successiva.
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