//SPECIALE LIVING LABS//
L’INTERVISTA. Sara Invitto, coordinatrice scientifica di Easy Perception Lab, ci illustra quanto lavoro ci sia dietro la realtà aumentata. Ed è tutto ‘Almost blue’
Interagire con un dinosauro o passeggiare in mezzo ai plancton quanto ha a che fare con le Neuroscienze? E perché è necessario che ci lavori su un “Laboratorio di anatomia umana” se abbiamo a che fare con un Tarbosauro? Lo abbiamo chiesto a Sara Invitto, ricercatrice di Psicologia generale presso il Laboratorio di anatomia umana e neuroscienze dell’Università del Salento, e referente scientifica del progetto. Professoressa Invitto, in che modo ha interagito il Laboratorio di Anatomia umana e neuroscienze con il Cetma e Agilex e qual è stato il suo contributo per la realizzazione del Easy perception lab? Il Progetto è nato nel febbraio del 2012, quando l’allora neo-direttore del MAUS, Genuario Belmonte, mi parlò della necessità, per il suo Museo, di costruire dei progetti per gli utenti diversamente abili. La richiesta del professore era nata perché un’associazione per utenti diversamente abili aveva fatto visita al MAUS e a lui come direttore aveva manifestato l’esigenza di strumentazioni didattiche e museali per disabilità percettive. Mi trovavo da poco all’interno del Dipartimento DiSTeBA (venivo da un altro dipartimento) e per me quella richiesta era stimolante perché mi faceva sentire più integrata in nuovo dipartimento. Così iniziai a scrivere un progetto sulla percezione, la filogenesi (quel Museo è legato all’evoluzione) e delle strumentazioni tattili per l’utenza museale: ho proposto al Sistema Museale D’Ateneo il progetto e ho iniziato ad inserire tutte le manifestazioni dei bisogni per il bando dei Living Lab, per tutte le strutture museali di Unisalento. I requisiti dei Living Lab, però, erano molto stretti per le Aziende (le aziende ricevevano il finanziamento e dovevano in parte cofinanziare), e nel territorio era molto difficoltoso trovare un’azienda con quei requisiti. Fui contattata dal Cetma, e con Italo Spada iniziammo a costruire un percorso progettuale legato alla realtà virtuale (lasciando da parte il sistema tattile perché loro lavorano sul virtuale-visivo, prevalentemente): il Cetma, che lavora con varie aziende ed è una realtà altamente professionale sul territorio, ha incontrato Agilex, azienda che aveva i requisiti. In questo modo il progetto è nato in interazione reale tra Azienda, Laboratorio di ricerca e Utente finale: si è scelto solo un Museo, il MAUS, date le caratteristiche di finanziamento, tentando di creare però una rete almeno per gli altri due musei del DiSTeBA.
Il progetto è continuato e tuttora continua in interazione, anche post progettuale, anche per la rete ENOLL (European Network Living Labs). Il progetto era appunto e doveva essere centrato sulla facilità percettiva per qualsiasi tipo di utenza, da qui il nome Easy Perception Lab (acronimo Ep_Lab). Per quanto mi riguarda, poi, all’interno del progetto, abbiamo co-progettato i prototipi e io, come ricercatrice che si occupa dal 1996 di psicofisiologia, ho testato attraverso una tecnica elettroencefalografiche per valutare l’attività (i potenziali evento correlati) dei modelli 3D e 2D con suoni e senza suoni, all’interno del contesto museale e fuori dal contesto museale e in vari altri setting sperimentali il percetto museale e il prototipo per comprendere l’ergonomia percettiva del prodotto costruito (anche per utenti diversamente abili). Ancora, ho testato l’usabilità del sito web costruito per il MAUS. Abbiamo trovato vari risultati interessanti, già pubblicati in varie modalità in ambiti nazionali e internazionali. Ancora: il Living Lab è stato utile dal punto di vista scientifico per creare dei contatti in ambito internazionale. Abbiamo Contattato Rinchen Barsbold, Docente Universitario, Direttore del Paleontological Centre of the Mongolian Academy of Sciences, Tod O’Brien, del NOAA, The National Oceanic and Atmospheric Administration COPEPOD / COPEPODITE Project Leader NOAA – NMFS – Science & Technology – Marine Ecosystems Division – United States of America, Russell R. Hopcroft Professor, Institute of Marine Science University of Alaska Fairbanks- Fairbanks e altri docenti in ambito nazionale e internazionale che hanno contribuito a creare l’archivio di immagini per Easy Perception Lab. I prototipi sono stati dei video interattivi virtuali che hanno come oggetto vari tipi di Plancton (oggetto di studio del prof. Belmonte, professore Ordinario di Zoologia, settore Marine Biology, con incarico successivo di direttore Museale) e il Tarbosauro (perché nel MAUS sono presenti vari reperti fossili di Dinosauri), app web, e un calendario interattivo con suoni dell’evoluzioni che compara la filogenesi e l’ontogenesi (parallelismo estremamente affascinante, oggetto di studio e di insegnamento da circa tre anni all’interno della mia didattica universitaria legata alle scienze cognitive ma anche trait d’union con la zoologia e con la biologia evoluzionista). Quanto sono importanti per i ricercatori queste fonti di finanziamento? I Living Lab non sono finanziamenti per i ricercatori, ma sono finanziamenti per le aziende. Io come ricercatrice ho potuto co-progettare dei prototipi e validarli (indirettamente è come se avessi avuto un finanziamento) ma non ho potuto gestire direttamente e indirizzare i fondi per come reputavo all’interno delle attività di sperimentazione. Nella nostra Rete Living Lab per il progetto Ep_Lab, diciamo che siamo stati tutti estremamente fortunati a trovare partner reciprocamente collaborativi e professionali, e ognuno di noi ha svolto molto più del lavoro che era dovuto per creare realmente dei prototipi forti, ma questa situazione è una mosca bianca. Noi ricercatori abbiamo reale bisogno di finanziamenti. I finanziamenti europei per la ricerca premiano le Cordate e le Cordate Universitarie forti vengono fatte non dai ricercatori ma dai grandi gruppi. La politica Europea poi finanzia la richiesta dell’Utenza (anche giustamente per l’utenza). Ma se è così l’utente non è in grado di chiedere sperimentazione perché non la conosce, quindi la politica finanzia la richiesta. La scienza e la sperimentazione non vengono rinforzate né incentivate, ma vengono ripiegate a ‘utilità pubbliche’. I finanziamenti così distribuiti scotomizzano parte della ricerca e della sperimentazione e indirizzano l’innovazione a ‘basso consumo’. Io come ricercatrice che, come tanti miei colleghi, non ha notte né giorno per studiare e lavorare (dovendo anche conciliare la ‘vita reale’ con la ricerca), sono estremamente disorientata rispetto a queste scelte politiche e finanziarie. Spero che un giorno, o in campo universitario o in campo politico, si possa dare spazio anche alla ricerca, non quella gestita dalle lobby, ma quella dei ricercatori universitari, che è ben altra cosa. E questo concetto cerco di comunicarlo anche ai miei studenti: avere passione per la ricerca nonostante all’esterno non ci siano gratificazioni. Forse un giorno verranno, ma se non sarà così, almeno avremo più connessioni neurali altrui… Se non ci fossero, quale sarebbe l'alternativa? Sono anni che faccio ricerca senza finanziamenti. Le faccio un esempio. Ho costruito un device elettroencefalografico, che non sto qui a spiegare, ha avuto il numero di european patent, ma devo pagare le tasse (come università) per mantenerlo, e i miei fondi sono a zero. Sto provando a contattare varie aziende. Ancora ho costruito un altro apparecchio, sempre per EEG, con il CNR (anche qui non do specifiche) non ho i fondi per implementarlo e non posso pubblicare a altrimenti non è oggetto di brevettabilità (un apparecchio per essere brevettato non deve essere oggetto di alcuna pubblicazione).
L’alternativa a non averli è lavorare comunque a prescindere dai soldi, ci perdiamo tutti noi ricercatori, ma non perdiamo la nostra dignità ‘cognitiva’. Mi è capitato di comprare materiale per ricerca con i miei soldi, e di trovare anche persone, a prescindere dai finanziamenti o dal lavoro che svolgevano, che hanno collaborato con me, in assenza di fondi, per comprendere dei funzionamenti di alcune apparecchiature o per costruire percorsi di ricerca. Abbiamo fatto rete in questo modo e abbiamo prodotto sperimentazione. Ma non sono pessimista, prima o poi arriverà un altro finanziamento. O arriverà qualcuno che ha ricevuto un finanziamento che ti includerà nel suo gruppo di lavoro perché hai delle competenze. E si va avanti. A quali progetti di ricerca sta ora lavorando? Oltre questo progetto, che per quanto mi riguarda e per i dati raccolti, avrò da pubblicare per circa un anno, ho vari progetti con il centro Antiviolenza Renata Fonte, che è in convenzione con il DiSTeBA. Lavoro da anni sui processi cognitivi e percettivi delle donne vittime di violenza. Last but not least … ricerche su musica/suoni e neuroscienze (anche dal punto di vista filogenetico). Come in un precedente workshop organizzato nel 2012 da me su Musica e Neuroscienze, in cui è stato presente Robert Zatorre (Montreal University), uno dei massimi esperti di Musica e Neuroscienze, il cui titolo era ‘Almost Blue’ … è tutto ‘Almost Blue’, (vedi Chet Baker), il processo di ricerca non è sempre felice, ma è estremamente coinvolgente ed emozionante. SULLO STESSO ARGOMENTO LEGGI ANCHE: Genuario Belmonte: ‘Ecco il Maus delle meraviglie' MAUS, così rivive un Tarbosauro
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