Copersalento, come un sansificio diventò inceneritore e centrale termoelettrica

// INCHIESTA// 5// Maglie. Ha bruciato la spazzatura proveniente anche da aziende imputate per traffico illecito di rifiuti, avvelenando persone, animali e terreni di diossina. Oggi è chiusa ma il pericolo inquinamento non è risolto

Da sansificio a centrale termoelettrica: la storia della Copersalento copre 30 anni della storia di Maglie ed è caratterizzata da mutamenti di volto e di identità. E’, inoltre, strettamente legata alla storia della famiglia Fitto. L’impianto nasce come sansificio nel 1986 sulle ceneri del sansificio Olearia Salentina Ol.Sa. Srl, riconducibile ai Fitto (contitolare della Olsa è Raffaele Fitto, figlio di Don Felice, il nonno dell’ex ministro Raffaele). La Olsa era stata messa in liquidazione per difficoltà economiche ed era stata acquistata dalla Regione Puglia guidata da Salvatore Fitto (padre dell’ex ministro Raffaele) che l’aveva affidata all’Ersap (l’Ente regionale Sviluppo agricolo pugliese). L’Ersap, a sua volta, nel 1986 la diede in gestione alla neonata Copersalento. I soci azionisti della Copersalento sono i fratelli Capurro, Raffaele Rampino e una consociata di Sviluppo Italia. Il sindaco Antonio Fitto, zio dell’ex ministro, ex presidente della Regione Puglia e neoeletto parlamentare europeo Raffaele Fitto, è il consulente legale. Nata come sansificio, cioè come un impianto che estrae oli per usi industriali dalla sansa, la Copersalento negli anni si trasforma: prima (nel 1998) in inceneritore, un impianto che, dopo aver estratto olio dalla sansa, può bruciarla; poi in una centrale termoelettrica, cioè un impianto che brucia la sansa esausta per produrre energia; infine in una centrale termoelettrica che brucia sansa e cdr (combustibile da rifiuto) vendendo l’energia prodotta all’Enel. Il tutto, dal 1999, grazie agli incentivi statali Cip6, previsti per chi produce energia utilizzando fonti rinnovabili e “assimiliate”, tra cui il cdr. E’ questo il vero business, negli ultimi dieci anni di vita della Copersalento. C’è di più: dal 2003 la Copersalento brucia rifiuti provenienti anche dalla Campania, oltre che dal resto d’Italia. Due delle ditte campane da cui acquistava il cdr sono tra le imputate nel processo sull’inceneritore di Colleferro, in Lazio, perché falsificano il cdr che vendono ad inceneritori compiacenti. Cioè, in mezzo al comune cdr, nascondono rifiuti tossici, taroccando il codice Cer del rifiuto, la sua “carta d’identità”: in tal modo i rifiuti pericolosi vengono etichettati come normale cdr. Nel complesso, una decina di altre ditte che hanno rifornito la Copersalento di cdr sono state imputate per traffico di rifiuti pericolosi o smaltimento non autorizzato di rifiuti. In cambio la Copersalento dà al territorio una trentina di posti di lavoro. Ed immissioni di fumi e polveri inquinanti in atmosfera in moltissimi casi gravemente al di sopra della soglia consentita. Il livello massimo di emissioni nocive viene rilevato dal bollettino Arpa il 10 luglio 2008 (su campioni d’aria raccolti l’8 maggio 2008): la diossina prodotta dai camini dello stabilimento è 420 volte superiore alla norma. E’ la prima volta che il livello di diossina viene misurato con strumentazione scientifica e con rilevazioni ininterrotte per un anno. Finalmente il territorio prende coscienza della realtà e l’opinione pubblica si sensibilizza al problema. Successive analisi accertano l’inquinamento dei terreni che ricadono attorno allo stabilimento. Gli animali hanno pascolato in terreni contaminati nutrendosi di foraggio avvelenato. Sono contaminati essi stessi. Centinaia di capi vengono abbattuti. Il 16 marzo 2009 la Provincia dispone la chiusura immediata dell’impianto. Il sindaco Antonio Fitto firma l’ordinanza di chiusura (la n. 42) il 24 marzo 2009. Nel gennaio 2010 la Procura ne dispone il sequestro preventivo. Lo smantellamento inizia a metà ottobre 2010 per bloccarsi subito dopo. Ma la storia della Copersalento è anche una lunga vicenda di perizie e consulenze tecniche, legate, a vario titolo, alle inchieste giudiziarie. Negli anni la Procura apre numerosi fascicoli perché gli sforamenti, almeno negli ultimi 15 anni, vengono segnalati all’autorità giudiziaria; in un caso viene emessa sentenza di condanna: Egidio Merico e Raffaele Rampino, direttore e legale rappresentante della Copersalento, vengono condannati in via definitiva a cinque mesi con la condizionale per non aver rispettato i valori di emissione stabiliti, per non aver rispettato le prescrizioni imposte nell’autorizzazione rilasciata dal Ministero in relazione alla centrale di cogenerazione; per aver modificato le emissioni convogliandole in un solo camino senza aver chiesto l’autorizzazione, per aver provocato emissione di polveri, vapori e fumo “atti ad offendere, imbrattare, molestare persone”. Insomma per aver inquinato arrecando danno alle persone ed all’ambiente.

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