Petruzzelli: Violetta commuove ancora

Bari. Sold out per l’allestimento di Ferzan Ozpetek de “La Traviata”. Ambientazione orientaleggiante e taglio cinematografico

di Fernando Greco (foto di Carlo Cofano)

Traviata

Il primo atto BARI – Prevedibile sold out al Petruzzelli per ben otto recite de “La Traviata”, popolarissima opera di Giuseppe Verdi giunta a Bari nell’allestimento curato da Ferzan Ozpetek, secondo regista d’estrazione cinematografica presente nel cartellone della Stagione Lirica dopo Gianni Amelio e la sua ’”Elektra” inaugurale.

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Elena Mosuc e Francesco Demuro // L’ambientazione orientaleggiante La messa in scena barese, creata in collaborazione con il Teatro San Carlo di Napoli, ha visto la regia di Ferzan Ozpetek in collaborazione con Dante Ferretti per la scenografia e Alessandro Lai per i curatissimi costumi. Alla sua seconda esperienza operistica dopo l’Aida di Firenze, il regista turco crea per Traviata un’ambientazione orientaleggiante che nel primo atto sa di belle époque un po’ vintage, con tanto di valletti in turbante e personaggi adagiati su grandi cuscini, con una ricerca tutta particolare per le lampade e per il sontuoso costume della protagonista. Un’elegante specchiera in forma di paravento è presente sul lato sinistro della scena e dà occasione al regista per un taglio cinematografico: quando Violetta, rimasta sola, inizia a cantare il suo lungo monologo, si toglie i gioielli guardandosi allo specchio e dando così le spalle al pubblico, che pertanto vede la sua immagine riflessa nello specchio.

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Elena Mosuc con Annunziata Vestri Grande impatto visivo per il secondo atto: la prima parte è ambientata nel cortile di una lussuosa dimora di campagna impreziosita da elementi moreschi, mentre nella seconda parte lo stesso impianto scenico si trasforma in una maestosa scalinata notturna che fa da sfondo alla festa in casa di Flora.

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Elena Mosuc Il terzo atto è quello in cui si appalesa in maniera netta l’essenza cinematografica del regista: unico arredo di scena è un letto bianco posto al centro del palcoscenico sul quale si consuma l’agonia di Violetta. Gli accessi di tosse della protagonista provocano emissioni di sangue che interrompono realisticamente il colore bianco del letto, delle lenzuola e della camicia di lei, mentre il ricordo del passato si concretizza con dei flashback che compaiono di tanto in tanto sullo sfondo buio. Pleonastico il video proiettato sul sipario all’inizio dell’opera, che a mo’ di titoli di testa propone in primissimo piano il volto di Violetta durante il preludio iniziale. // Un’intensa performance Nella recita del 27 marzo i panni della protagonista sono stati indossati dal soprano Elena Mosuc, che ha regalato al pubblico una performance da indiscutibile fuoriclasse. L’interprete ha vissuto appieno il dramma di Violetta esibendo una tecnica ferratissima che le ha permesso di esprimere sia la frizzante leggerezza del primo atto (terminato con uno sfavillante mi bemolle) sia l’intenso lirismo dei due atti successivi, commovendo il pubblico con un “Addio del passato” da manuale, ricco di miracolose mezze voci sostenute da un formidabile controllo dell’emissione. Cesello belcantista e notevole phisique du role per il tenore Francesco Demuro alle prese con il ruolo di Alfredo: incantevole per virtuosismo vocale nella sua irresistibile dichiarazione d’amore “Un dì felice eterea” e nel disperato duetto finale “Parigi o cara”, il cantante si è rivelato un po’ meno efficace nel secondo atto, che avrebbe necessitato di un piglio drammatico più deciso e di un volume più consistente.

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Secondo atto, prima parte

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Secondo atto, seconda parte Il personaggio dell’irremovibile Germont ha ricevuto autorevolezza e nobiltà d’accenti dall’interpretazione di Giovanni Meoni, forte di un timbro baritonale incisivo su tutta l’estensione, ma anche vibrante di umanità nell’aria “Di Provenza il mar, il suol”. Spigliato e accattivante il mezzosoprano Annunziata Vestri nel ruolo di Flora; efficace l’Annina del mezzosoprano Simona Di Capua; voce possente e imponente vis scenica per il baritono Gianfranco Cappelluti nei panni del Barone Douphol; efficace e brillante come sempre il basso Domenico Colaianni nel ruolo del Marchese d’Obigny.

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Elena Mosuc e Giovanni Meoni Puntuali e precisi i tre baritoni Massimiliano Chiarolla, Rocco Cavalluzzi e Antonio Muserra nei rispettivi ruoli di Gastone, del Dottor Grenvil e del Domestico nonché il giovane tenore Francesco Castoro nei panni di Giuseppe. // Tangibile passionalità La valida Orchestra del Petruzzelli è stata diretta dalla personalissima bacchetta di Daniele Rustioni che ha improntato tutta l’esecuzione a una tangibile e multiforme passionalità, sempre rispettosa del dramma e della linea di canto. Passionalità che si traduceva talora in tempi concitati, come nel brindisi del primo atto o nel momento del ritorno di Alfredo durante il terzo atto, talora in un lento crogiolarsi del sentimento, come nell’aria “Un dì felice eterea” o nell’“Addio del passato”.

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Elena Mosuc nel terzo atto Il tutto supportato in maniera ottimale dal cast dei solisti sempre in sintonia col tessuto orchestrale. Gli accordi degli archi che preludono all’inizio del primo e del terzo atto hanno trovato nell’esecuzione barese un inedito calore, che evocava più la nostalgia e il rimpianto che non la perentorietà della morte. Eccettuato il taglio della seconda strofa di “Ah fors’è lui”, per il resto la partitura è stata eseguita nella sua interezza, comprendendo le due cabalette del secondo atto “O mio rimorso, infamia” e “No, non udrai rimproveri”.

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Elena Mosuc e Francesco Demuro Impagabile per tecnica e arte scenica il Coro del Teatro Petruzzelli istruito da Franco Sebastiani: particolarmente efficace l’intervento corale durante la festa del secondo atto, in piena sintonia con le coreografie di Luigi Neri.

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