Lirica Lecce: sold out per Traviata

Lecce. Si è conclusa con una grane partecipazione di pubblico la Stagione lirica della Provincia. Merito anche dello zampino di Lindsay Kemp

di Fernando Greco LECCE – Tutto esaurito per “La Traviata”, ultimo titolo nel cartellone della 44° Stagione Lirica leccese nonché ulteriore occasione per celebrare Giuseppe Verdi a 200 anni dalla sua nascita, dopo il “Requiem” inaugurale e “Un ballo in maschera”. // Lo zampino di Kemp

Lindsay Kemp

Lindsay Kemp L’allestimento leccese si è caratterizzato per una piacevole godibilità e un valido equilibrio tra tutte le componenti dello spettacolo, in primis l’aspetto visivo affidato all’esperienza di Lindsay Kemp in collaborazione con Alfredo Troisi per le scene. Lindsay Kemp è artista a tutto tondo, attore, pittore, danzatore e mimo di fama internazionale; negli anni Sessanta ha precorso i tempi con la sua maniera di fare teatro decisamente innovativa e “cross-over”, fornendo le basi per quello stile onirico e multidisciplinare che avrebbe caratterizzato la danza degli anni successivi, e qui pensiamo a compagnie come i Momix o La Fura Dels Baus. Ha fatto scuola il suo “Flowers”, spettacolo che è anche un tripudio di colori ed emozioni. In anni recenti Kemp ha collaborato magistralmente con il coreografo leccese Fredy Franzutti e il suo Balletto del Sud in occasione dei balletti “La bella addormentata” e “L’uccello di fuoco”. Da un artista così eclettico e trasgressivo ci si sarebbe aspettati una Traviata parimenti originale e “diversa”; invece a Lecce si è apprezzato uno spettacolo rispettoso della tradizione, elegante e coloratissimo, a cominciare dalle sfarzose scene art-déco di Troisi, con tanto di vetrate a mosaico. Lo stesso Kemp, presentando alla stampa questa Traviata, aveva dichiarato: “Il mio sforzo è quello di seguire il più possibile le intenzioni e lo spirito di Verdi. Non cerco mai di essere originale, se accade è un incidente e, per fortuna, sono soggetto a molti incidenti. Mi sono ispirato a pittori come Degas e Toulouse-Lautrec e il mio tentativo è portare bellezza in palcoscenico e incantare il pubblico”. Per Kemp dunque, più che di una graffiante zampata si è trattato di uno zampino che si lasciava intuire soprattutto dagli accessoriati costumi. Le donne erano vestite ognuna di un colore diverso, comprese le parrucche, e ogni abito era personalizzato con molti accessori. Immancabili i ventagli: Violetta esala l’ultimo respiro agitando lo stesso ventaglio del finale primo, come se fosse tornata per un attimo all’antico splendore. Gli uomini erano tutti in giacca scura e tutti con una camelia all’occhiello di colore bianco nel primo atto, rosso nel secondo, in pendant con il colore dell’abito delle rispettive padrone di casa, ovvero bianco per Violetta e rosso per Flora. Caso più unico che raro, l’intervento delle zingarelle e dei mattadori è stato completamente sostenuto dagli eccellenti membri del Coro Lirico di Lecce: con lodevole vis scenica hanno cantato e ballato, creando un momento piacevole e originale che durante il coro dei mattadori si è arricchito dal bel passo a due di Daniela Maccari e Antonio Aguila. Scenicamente debole l’ultimo atto: la camera da letto si limita a una chaise-longue e a una sedia dove all’inizio è seduta Annina, già pronta con in mano il bicchiere da dare alla moribonda. Assente lo specchio in cui Violetta dovrebbe guardarsi prima di esclamare: “Oh come son mutata!” // Il versante musicale

Rendine e Chung

Sergio Rendine e Myung-Whun Chung La bacchetta del giovane Min Chung, figlio del più celebre Myung-Whun Chung (presente in sala), ha avuto un formidabile controllo delle sonorità con tempi sempre molto sostenuti, ottenendo dall’orchestra Tito Schipa un interessante canovaccio musicale sempre rispettoso della linea di canto. Il preludio del terzo atto ha creato un’atmosfera di particolare tensione emotiva grazie al bel suono degli archi. Nel finale secondo, l’eccessiva velocità ha un po’ travolto e appiattito l’incedere narrativo. Finalmente la platea leccese, dopo anni di tagli selvaggi, ha potuto apprezzare un’esecuzione integrale, con tanto di cabalette e di “da capo”, compresa la cabaletta di Germont. // Il cast vocale Nel ruolo della protagonista, l’indisposta Cinzia Forte è stata degnamente sostituita dal soprano turco Burku Uyar, già applaudita Donna Anna nel recente “Don Giovanni” al teatro Petruzzelli di Bari. Partita da un repertorio di coloratura (Olympia, Regina della Notte), la cantante oggi si fa apprezzare in partiture che, pur rimanendo nell’ambito del canto d’agilità, le consentano di sfoderare il suo bel timbro lirico, come appunto i grandi ruoli mozartiani. Arrivare a Traviata partendo da Mozart (…meditate, gente!) le ha permesso dunque di mantenere una linea di canto pulitissima e precisa in virtuosismi e sovracuti (compresa la puntatura al Mi bemolle nel finale primo) seppur perfettibile dal punto di vista dell’incisività, quella tensione drammaturgica che dovrebbe caratterizzare l’eloquio verdiano. Tecnica rodata e solido mestiere hanno permesso al tenore Massimiliano Pisapia di disegnare un Alfredo scenicamente credibile e vocalmente a posto: la voce non sarà bellissima di suo, decisamente aspra nelle note centrali, ma dotata di un registro acuto intatto e luminoso, il che ha permesso al cantante di affrontare con successo tutte le insidie del suo ruolo, compresa la cabaletta del secondo atto. Oltre all’aspetto scenico giovanile, che lo faceva sembrare più il fratello di Alfredo che non il padre, il baritono Giampiero Ruggeri ha esibito voce corretta, ma dal timbro chiaro, quasi tenorile, facendo perdere un po’ di autorevolezza al ruolo di Germont. Alla frizzante Flora del mezzosoprano Letizia Del Magro ha fatto da contraltare l’Annina di Martina Capasso talmente impaurita da far tenerezza: d’altronde si apprende dal programma di sala che quest’ultima è ancora una studentessa di conservatorio. Gran simpaticone il Visconte di Orlando Polidoro, discreti tutti gli altri ovvero l’austero Douphol di Francesco Baiocchi, Angelo Nardinocchi e Gianfranco Zuccarino nei rispettivi panni di D’Obigny e Grenvil, i due Domestici interpretati da Giorgio Schipa e Fabio De Benedetto. Il Coro Lirico di Lecce, istruito a dovere da Emanuela Di Pietro, si è rivelato fondamentale per la buona riuscita di questa Traviata nella quale, come suddetto, ha avuto un ruolo primario a tutti gli effetti.

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