Le gnofie: il filo rosso tra il dio drago ed il dio ragno

Riti ergotici di prosperità della donna ed il dio drago in Salento

(nella foto: Casa rossa della Madonna dell'Alto) Questo rito è sconosciuto ai più perché apparteneva alla cultura magico contadina, inoltre il fenomeno era censurato perché riguardava mogli rispettate che non potevano avere figli, ‘le gnòfie’. Questo termine arcaico sembra derivare da Ofione, infatti molti sono gli indizi che mi lasciano credere che in origine fosse un rito propiziatorio ad un arcaico aspetto di Taotor: il drago. Venni a conoscenza di quest’usanza casualmente durante un’intervista, effettuata per altri interessi, negli anni Ottanta, all’ultima donna che si sottopose al rituale. Campi Salentina 1983 “Mi sposai nel 1919, mio marito era rispettato da tutti, era un proprietario terriero. Io non riuscivo a rimanere incinta e lui era molto avvilito, né voleva assolutamente adottare figli, non voleva sangue altrui nella sua famiglia. Io mi sentivo mortificata, soprattutto quando mi chiamavano ‘gnòfia, che vuol dire sterile. Il nostro medico ci informò che se mi fossi sottoposta ad un intervento chirurgico, all’ospedale di Bari, forse avremmo risolto il nostro problema. Mio marito si oppose, gli sembrava una cosa contro natura. Decisi, a sua insaputa, di affidarmi alla medicina degli antichi. Così si credeva prima, le donne sterili guarivano nelle pozze d’acqua di Bagnara (zona messapica nei pressi della Madonna dell’alto, tra Campi, Cellino e Squinzano). Mi rivolsi agli esperti che mi dissero che le pozze di Bagnara non c’erano più dai tempi ‘degli antichi degli antichi’, i pozzi della serra erano senza acqua, si poteva fare a Sant’Elia (nei pressi del convento), perché le acque erano le stesse, ma il luogo era troppo esposto, l’unica soluzione era farlo a Casalabate, non solo perché la corrente era la stessa, ma lì c’era pure una casa rossa identica alla casa della Madonna dell’alto, indispensabile per fare la medicina”. A Casalabate c’era una cupola rossa identica alla casa tempio della Madonna dell’alto? “Si, la casa era indispensabile, ti faceva riprendere dai malori della medicina. Sì, si trovava dove ora c’è il bar Valentino”. Quando hai fatto questo rito? Me lo puoi descrivere? “Due, tre anni dopo il matrimonio, intorno al 1922. Partimmo con il biroccio, io, una donna che sapeva, per assistermi, un uomo di conoscenza degli antichi e l’autista”. Chi erano? Li conoscevi? “No, valli a trovare ora!?! Me li portò mia suocera, lei era di Malaschi (zona di campagna tra Campi, Cellino e San Donaci, ai piedi della serra della Madonna dell’alto) e conosceva le cose degli antichi. Appena arrivati mi fecero mettere in sottana bianca. Mi legarono una lunga corda intorno alla vita e poi la girarono sotto le ascelle per potermi calare in acqua. Mi tenevano sospesa per qualche minuto tra acqua e cielo, poi mi calavano in acqua e mi facevano ruotare per ore, sotto il sole ed a digiuno. Di tanto in tanto mi facevano bere degli intrugli preparati con l’acqua dolce sorgiva del posto e le loro erbe mediche, per non disidratarmi e per farmi possedere dall’acqua”. Perché l’acqua può possedere? “No, no, quello che c’è nell’acqua”. Che cosa c’è? “Lei è in tutte le acque, nei pozzi, nelle cisterne, lei è come la madonna, si è la stessa cosa. Quello che doveva succedere è che il vortice d’acqua doveva aprire le tube, per quello che c’è nella corrente”. Ma cosa c’è? “Non sai, non puoi sapere, non riesco a spiegarti. Ogni tanto mi facevano riposare nella casa rossa, mi sentivo male, come non mi sono mai sentita, mi sdraiavano sul pavimento e mi dicevano di concentrarmi sulla forma esagonale della casa. Quando mi legarono di nuovo sentì di non farcela più”. Cosa ti faceva male? “Non so descrivere, mi sentivo girare, il sole nella testa, mi sentivo male, finché non mi sentì proprio come quel quadro della madonna, con la testa nel sole ed i piedi sulla terra, accanto al serpente. Mi sentì proprio lei e dissi di smettere. Quando ritornammo, stavo così male che chiamarono il medico. Avevo dolori in tutto il corpo e mi sentivo il sole in testa. Il medico disse che avevo preso la malaria e, venuto a conoscenza dell’episodio, fece immediatamente smettere questo tipo di medicina per paura di una terribile epidemia. Scrisse una lettera ai medici di fuori ed organizzò delle serate per istruire le donne sui problemi di ginecologia. Erano altri tempi, non c’era l’istruzione che c’è oggi. Aver fatto la medicina degli antichi però mi ha aiutato molto, da allora mi distaccai dal problema, come se non fossi io la ’gnofia’, mi sono sentita dell’altro, la mamma di tutti”.

pozzo malaschi

Il pozzo Malaschi Ho studiato a lungo questo caso perché sembra un sincretismo cattolico con riti di prosperità preistorici. Dopo numerose interviste a parenti, amici e conoscenti della donna, sono riuscita a capire la sostanza psicoattiva usata. “Rischiò di prendere il fuoco di sant’Antonio, con ‘lu sciueiu’ (Ergot) non si scherza, ci vuole il vino, il lievito ed il grano degli antichi, che era buono” riferì la sorella dell’intervistata. “Non si ammalò di malaria, contrasse in forma lieve il fuoco di sant’Antonio, per questo il medico fermò queste usanze, c’era il rischio di una pestilenza” ha riferito lo scorso anno la moglie di un nipote della signora. Parlare di ergotismo è molto difficile e pericoloso, in quanto questo parassita delle graminacee, da cui oggi si estrae LSD, è un veleno che ha causato nella storia pestilenze, dolori atroci e perdita degli arti. Di certo questa medicina derivava da riti ergotici di prosperità legati al divino Tator, divinità maschile autoctona del Salento, perché le donne si identificavano nella divinità femminile per essere possedute ‘dal vortice d’acqua’ cioè dal drago marino. Dalla dinamica di questo rito e da altri riferiti in altre zone del Salento, eseguiti nei pozzi dei serpenti, dalle testimonianze archeologiche, sembrerebbe che sia nato, in zona, proprio a Roca vecchia, dove era possibile, per via della scogliera, calare la donna con la fune e lasciarla sospesa prima di immergerla in acqua. Mentre dalla testimonianza del proprietario del ‘biroccio’ per eseguire il rito a Casalabate furono necessari una serie di pali legati ai casolari sulla spiaggia.

tumuli Casalabate

Tumuli a Casalabate A Casalabate, vi erano tre grandi specchie, risalenti al 3000 a.C. ca, una di queste denominata Caulone. In Calabria è stato ritrovato un mosaico del drago rosso Caulon, dio indigeno della prosperità, un altro indizio che conferma l’aspetto arcaico di Tautor di drago o serpente marino, assimilabile a Zeus Melichios. Anche in Cina sono stati documentati riti simili, dove le donne venivano legate per paura che il drago le portasse via. Inoltre il termine ‘gnofia’, la dinamica del vortice ed altro ricordano il rito pelasgico di Ofione ed Eurinome, il serpente e la colomba. Rimane solo da ritrovare sulle marine il nostro tempio del Drago rosso. Concludo sostenendo che anche l’usanza di bere l’acqua dei pozzi legati al tarantismo nasca da questo antico rituale. Non sono ancora riuscita a trovare il legame tra il dio drago ed il dio ragno, ma riferisco che, nel contesto di queste interviste ho scoperto che in zona le macàre per maledire si rivolgevano al ragno sotterraneo, il tartaro dei greci: ‘Sotto terra c’è il ragno che gira la palla ed inverte la sorte’.

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