Lirica Lecce: donne perdute

Lecce. “Zanetto” e “Cavalleria rusticana”, la Stagione lirica della Provincia parte al massimo

di Fernando Greco (foto di Samuele Vincenti) LECCE – Un pubblico straripante ha decretato il pieno successo per l’accoppiata “Zanetto” e “Cavalleria Rusticana”, primo allestimento scenico in seno alla Stagione Lirica della Provincia di Lecce, con cui si è voluto omaggiare il musicista Pietro Mascagni (1863 – 1945) in occasione del 150° anniversario della sua nascita.

Zanetto

Zanetto, un momento della rappresentazione

Cavalleria rusticana

Cavalleria rusticana, un momento della rappresentazione // Gli opposti destini L’accostamento del delizioso e sconosciuto “Zanetto” alla popolarissima e geniale “Cavalleria” consente un giudizio esaustivo a proposito di un compositore che, partito dall’irresistibile poetica verista, si sarebbe in seguito dedicato al genere della commedia lirica evidenziandone le nuances più intimiste e decadenti, strizzando l’occhio non tanto a Puccini e alla Giovane Scuola quanto piuttosto a quel languido sinfonismo italiano di matrice tardo-romantica che qualifica le composizioni di musicisti coevi come Martucci o Sgambati. Ciò premesso, va tuttavia rimarcato un sottile fil rouge che collega le protagoniste dei due titoli mascagnani: le due donne sono entrambe donne perdute, donne senza onore seppur con destini opposti, legati alle diverse estetiche sottintese alle due partiture. “La” Silvia (con tanto di articolo determinativo che ne sottolinea il suo stato di donna oggetto) si riscatta interiormente dal suo status di prostituta quando, attraverso il fugace incontro con il giovane e innocente Zanetto, scopre il tardivo barlume di un sentimento verace. In maniera opposta ma speculare Santuzza, protagonista di “Cavalleria”, perde il proprio status esteriore di donna rispettabile dopo essere stata disonorata dall’amato, e non avrà pace fino a quando non avrà ottenuto vendetta: di fatto sarà lei ad armare la mano di colui che compirà il delitto d’onore con cui si concluderà la tragica vicenda.

Angelo Villari

Angelo Villari e Antonella Colaianni

Colaianni

Antonella Colaianni e il coro // Languore e carnalità A Lecce, la complementarietà tra i due tipi psicologici ha trovato riscontro nelle differenti vocalità delle due protagoniste. Evanescente e sublime, il canto del soprano Gabriella Costa ha creato ad arte quell’atmosfera di velato languore che non esprime mai una franca sofferenza, bensì quel mal di vivere che serpeggia furtivamente nell’animo del personaggio e che la cantante ha fatto completamente proprio, presentandosi dapprima come una donna più annoiata che triste (“… m’uccide il tedio!”) per divenire poi tenerissima e ricolma di un amore decisamente materno (“… t’amo come un bambinel che si vuol salvare …”). Santuzza ha trovato nell’interpretazione di Nila Masala ben altra carnalità. Come nell’appassionante “Fanciulla del West” del 2011, anche in “Cavalleria” l’interprete ha commosso il pubblico grazie a vocalità sontuosa e vis scenica impagabile: in lei, completamente padrona della difficile arte del recitar-cantando, l’identificazione con il personaggio è stata totale, e ciò ha fatto sì che nessuna battuta andasse perduta. Davanti a tanta generosità, sarebbe banale incensare il suo “Voi lo sapete, o mamma”. Pensiamo piuttosto alle brucianti frasi pronunciate durante il duetto con Alfio, che letteralmente spezzano il cuore: è là che la sua Santuzza esprime un crogiolo di orgoglio e rimorso, sentimenti contrastanti che fanno di lei una leonessa ferita.

Gabriella Costa

Gabriella Costa

Antonella Colaianni

Antonella Colaianni // Gli altri protagonisti Ulteriore protagonista della felice serata è stato il giovane mezzosoprano Antonella Colaianni alle prese con il ruolo di Zanetto e con quello di Lola in “Cavalleria”. Dotata di un timbro di velluto e già apprezzata a livello nazionale per la sua pregevole “Italiana in Algeri”, con Zanetto la cantante si è fatta apprezzare en-travesti, risultando del tutto credibile e in sintonia con lo spirito bohèmien del suo personaggio. La giovanile freschezza del suo Zanetto si è fatta poi più sinuosa e ammiccante nel ruolo di Lola: qui l’interprete ha sfoderato tutta la sua arte scenica in un caleidoscopico gioco di eleganti sguardi d’intesa, insomma una vera seduttrice. Nella generale e tanto ostentata penuria di voci tenorili, la preziosa voce del siciliano Angelo Villari è stata una sorprendente scoperta: in alcuni momenti il suo timbro caldo e squillante echeggiava quello del grande Franco Corelli. Dal punto di vista scenico, il tenore ha creato un Turiddu giustamente spocchioso e cinico, assecondando le intenzioni del libretto e della novella di Verga (“… ogni domenica si pavoneggiava in piazza …”). Impagabile nei panni di Alfio il baritono Giuseppe Altomare, di cui non si sa se lodare di più la formidabile linea di canto o il signorile e composto aspetto scenico, del tutto consono al suo personaggio. Voce importante e motivazione scenica le due qualità di Marinella Rizzo nel ruolo di Mamma Lucia.

Marinella Rizzo

Marinella Rizzo // Lo spettacolo Pochi elementi architettonici in pietra caratterizzano la lunare e trasognata scenografia di “Zanetto” che per “Cavalleria” si arricchisce dell’imponente facciata di una chiesa sullo sfondo. Le scene, create da Nicola Rubertelli e importate dal Teatro Petruzzelli di Bari, si arricchivano inoltre di ricchi e colorati costumi che in “Zanetto” ricordavano panneggi rinascimentali mentre in “Cavalleria” citavano i costumi tradizionali della Sicilia. Su tanto colore risaltava sempre Santuzza per il suo vestito nero. L’impostazione registica di Michele Mirabella si è fatta apprezzare per un intelligente bozzettismo, sempre gradevole e misurato, realizzato in larga misura da bambini. Talora angioletti della processione, talora figuranti dei Misteri pasquali o chierichetti che, sottraendosi agli sguardi degli adulti, giocano a “campana”, i bambini circondano sempre Santuzza e si inseriscono attivamente nelle sue vicissitudini. Si può arguire che la sventurata protagonista sia ossessionata dai bambini: essi sono dappertutto, forse anche nel suo ventre. In “Zanetto” l’accezione simbolica dei sentimenti espressi è stata talvolta evidenziata da una grande cornice dorata che scendeva a circoscrivere i protagonisti.

orchestra

L'orchestra e il maestro Olmi durante le prove

coro

Il coro // Orchestra e coro Fondamentale l’apporto dell’Orchestra Tito Schipa diretta da Paolo Olmi che, se da un lato ha saputo mantenere un sapiente equilibrio tra musica e canto pur nelle turgide sonorità di “Cavalleria”, dall’altro ha saputo far risaltare a tutto tondo dalla buca la valenza sinfonica delle due opere. Dopo il “Requiem” inaugurale, il Coro Lirico di Lecce ha fornito un’altra prova memorabile, magistralmente istruito da Emanuela Di Pietro, soprattutto in “Cavalleria”, opera in cui la parte corale ha un’importanza fondamentale sotto l’aspetto sia musicale sia drammaturgico. Delizioso ed etereo il coro fuori scena all’inizio di “Zanetto”.

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