Il Re Carnevale è ritornato

LA STORIA DELLA DOMENICA. Gallipoli. Lavorare fianco a fianco, fino a notte, per riportare in città una tradizione indimenticata

GALLIPOLI – “Ci ole u cafèèè”? Tutti. Soprattutto se è corretto con la sambuca. Più che un’esigenza, è un rito. Ed i riti si celebrano, per scaramanzia. E perché fanno stare bene. E poi serve quell’aiutino per continuare lavorare, nonostante la fatica. Il caffè, bevuto negli hangar dove si “costruisce” il Carnevale, scalda il cuore e gli animi. Tutti sono amici. Una famiglia. Alberto Greco ha 31 anni e fa il decoratore. La vena artistica ce l’ha nel sangue. E la cartapesta gli è entrata dentro sin da quando era bambino. Da quando, cioè, all’età di dieci anni più o meno, il papà lo portò alla bottega del maestro Uccio Scarpina di Gallipoli, suo conterraneo. Pochi giorni per capire che quella bottega non faceva per lui (i metodi del maestro erano davvero troppo severi) ma anche che la cartapesta, invece, sì. “Una volta entrato in questo mondo, non puoi più farne a meno”, dice Alberto. Che, assieme con l’associazione di via Malinconico (il nucleo del gruppo è costituito otto persone attorno alle quali gravita tutta una serie di figure, dagli assistenti, ai curiosi, agli amici degli amici che danno una mano) da 16 anni porta la cartapesta in giro per le strade di Gallipoli. A Carnevale soprattutto. Un’emozione ed un’allegria che rinnovano ogni anno e che è diventata quasi una missione. “Per lavorare la cartapesta – continua – ci vuole anche tanto impegno, perché bisogna trovare, a notte fonda, dopo un’intera giornata di lavoro, la forza per andare avanti”.

Alberto Greco

Alberto Greco E quest’anno l’impegno si moltiplica, visto che la manifestazione gallipolina – che già l’anno scorso ha saltato il “turno”, per questioni economiche – è stata in “forse” anche quest’anno, fino a pochi giorni fa. E, una volta avuta la conferma da parte del Comune, i preparativi sono diventati frenetici, quasi al limite del possibile. Così, il prossimo fine settimana, sfilerà nella Città Bella solo un carro allegorico, e per di più ridimensionato rispetto al solito. Ma questo non significa che l’atmosfera sarà meno magica, né che l’effetto finale non reggerà il confronto con le passate edizioni. Per l’occasione infatti i ragazzi di via Malinconico si sono uniti in partnership con il team dei fratelli Coppola. Tutti insieme per ridare vita al Re Carnevale – il tema del carro sarà proprio questo. E dall’anno prossimo, una volta che il Carnevale sarà rinato, nessuno lo potrà più fermare. “Il Carnevale per noi operatori del settore rappresenta in primis un momento di aggregazione che dura per mesi – dice Alberto -. Il gruppo si riunisce nei capannoni di via Leuca, dove si condivide davvero tutto. Ognuno ha il proprio compito, tra i cartapestai, gli artisti, i carpentieri e gli addetti alla saldatura. Ci sono pure il cuoco, la ‘donna’ delle pulizie, il barista che scandisce le ore preparando il caffè”. Qual è il tuo Carnevale? “Dovessi ricordare qualcosa del Carnevale, mi limiterei a rammentare i grandi lavori da settembre fino ad un minuto prima di aprire il grande portale scorrevole blu in ferro… da quel momento in poi tutto cambia, e il piacere diventa dovere: portare a spasso una costruzione in cartapesta di dimensioni ciclopiche non è di certo una passeggiata. La tensione si fa grande. Durante il tragitto che va dalle strutture degli hangar fin dentro alla città, gli occhi sono puntati in alto, è una sorta di corsa ad ostacoli. Il primo grande problema è bloccare una strada frequentatissima per il transito dei carri; le strade intorno e il ponte vicino si riempiono di curiosi e lì si vedono le prime foto con i telefonini. Da quel momento in poi ogni segreto, che fino a un minuto prima era rigorosamente riservato agli addetti, diventa di pubblica fruizione. Dopo pochi secondi il tutto è già pubblicato sui social. Un cavo di alta tensione, piazzato all'altezza di 8 metri o poco più, ostacola il passaggio; una squadra del servizio elettrico si attrezza per rendere possibile il passaggio delle strutture, staccando l'energia e lasciando tutti gli abitanti di Lido San Giovanni al buio per un’ora circa. Il carro passa con movimenti minuziosi e se per qualche motivo la parte più alta tocca il cavo, c'è subito pronto un nostro collega a sollevarlo con apposite strutture in legno. E si procede con la marcia”. Fino in centro. Lì esplode l’emozione… “Lì comincia la danza a zig zag per evitare di danneggiare i fari dell' illuminazione pubblica. Superata la grande rotatoria, i carri arrivano su corso Roma già in ordine di sfilata. Questo succede intorno alle due del pomeriggio della domenica, e si attende lo start da parte dell'organizzazione. La discesa per il corso è un vero inferno per noi: bisogna stare attenti ad ogni cosa, alla gente, ai lampioni dell'arredo urbano, ai bambini che scorrazzano in ogni dove. A volte le braccia delle enormi maschere vanno ad incagliarsi tra gli alberi (che puntualmente non vengono potati, nonostante gli avvertimenti). Un anno, ad esempio, ricorremmo alla sega per tagliare un ramo che impediva il passaggio davanti agli occhi di migliaia di spettatori… Un altro grave problema per noi è la schiuma pseudo-scherzo di Carnevale che invece viene utilizzata (come sport, presumo) per impiastricciare e coprire completamente le sponde lavoratissime che contraddistinguono le fiancate laterali dei nostri carri allegorici. Per il pubblico sarà un piacere, ma per noi è una tortura, e quindi, poco prima dell'arrivo al palco della giuria – questo per tradizione succede più o meno all'altezza del teatro Tito Schipa – ci si arma di santa pazienza con stracci e ciò che si trova, e in casi recenti con bombola ad aria compressa, e si va a riportare alla luce i fregi e i disegni fantasiosi che sono celati al di sotto di una patina di 10-15 cm di candida schiuma mista a coriandoli. Si giunge al palco-giuria quindi, e lì non ce n'è per nessuno. Lì ognuno da il meglio di sé: il carro magicamente triplica il suo effetto scenografico, i ballerini impazzano con le coreografie e la musica esplode… E’ il nostro momento d'orgoglio. Ci si mostra al meglio per una decina di minuti, e poi si spera di aver raggiunto il massimo della votazione. Il corso mascherato giunge al termine, ci si compatta uno addosso all'altro nel largo del seno del Canneto e si attende che defluiscano tutti i carri e i gruppi mascherati. Non appena si chiude la manifestazione si riparte, in senso inverso, e si portano a dormire i mostri, le fate, i Berlusconi, i fiori giganti… Tutti a nanna nell'hangar per un giorno, pronti a dare il bis il martedì successivo”.

Lo staff del Carnevale

Lo staff del Carnevale // Credits. Tutti i nomi del Carnevale Il ritorno del Re Carnevale si deve quest’anno alla direzione artistica e tecnica di Luigi Giungato e Antonio De Donno. L’organizzazione generale spetta al Comune e alla Pro Loco di Gallipoli. Oltre alla sfilata di domenica e martedì 10-12 febbraio, il programma del Carnevale gallipolino è ricco e prevede la mostra fotografica sul Carnevale di Gallipoli a cura dell’associazione Fideliter Excubat; il museo temporaneo del Carnevale di Gallipoli a cura dei mestri carristi e cartapestai gallipolini, al secolo Franco Monterosso, Antonio Bentivoglio, Cosimo Perrone e Giovanni Pacciolla; lo spettacolo teatrale in vernacolo “Lu Titoru Torna a Casa” a cura dei Signori del Fuoco e Comitato Santa Cristina. Il corteo di chiusura “La Morte Te U Titoru” è invece organizzato da Ampalea dei Leoni e Parrocchia Sacro Cuore. Dell’animazione di occupano “I Ragazzi di Via Malinconico” e la Parrocchia di Sant'Agata. “Attorno al Carnevale lavora un comitato ristretto fatto da sei-sette persone, la cui età media è di 30-35 anni – riferisce il direttore artistico Luigi Giungato, 35 anni, sceneggiatore/regista/attore teatrale e molto altro ancora -. A questo nucleo si aggiunge un'organizzazione più generale alla quale partecipano attivamente almeno 20 persone la cui età media è la stessa. Tuttavia dobbiamo includere nella sfera del Carnevale di Gallipoli anche tutti coloro che vi partecipano anche indirettamente, come i tecnici, i dirigenti e gli impiegati comunali, la protezione civile, gli artisti, gli addetti alle riprese, i componenti dei gruppi mascherati, i coordinatori dei gruppi, i costumisti, i musicisti etc. Diciamo che il Carnevale smuove e coinvolge attivamente tantissima gente. Contando solo che i gruppi sono composti da almeno 20 persone e sono più di dieci, non credo di esagerare dicendo che il Carnevale coinvolga attivamente almeno 300-400 persone”. L’edizione di quest’anno è particolarmente sentita in quanto riporta il Carnevale a Gallipoli che, l’anno scorso, ne è stata orfana. “E’ previsto un solo carro – continua Giungato – ma dal lavoro che i carristi stanno facendo per l'allestimento potremmo dire che è la stessa Città Vecchia che verrà trasformata in un gigantesco carro di carnevale. Dinanzi alle dimensioni ristrette delle vie la loro reazione non è stata quella di costruire manufatti piccoli che ci entrassero dentro ma di allestire il Centro Storico come un grande carro che accogliesse le maschere”.

Carnevale lavori in corso

Carnevale lavori in corso Chi finanzia il Carnevale? “In parte il Comune ed in parte la Pro Loco. Inoltre vi è l'apporto di alcuni sponsor e partner privati. Tuttavia, dal momento che i finanziamenti coprono solo in parte le spese organizzative, all'entrata della Città Vecchia verrà allestito un banchetto per le offerte libere degli ospiti della manifestazione”. Come è nata in te la passione per il Carnevale? “Domanda complicata. Mi occupo di teatro da molti anni ed insegno teatro ai ragazzi. Non credo sia un caso, poiché provengo da una città che ha il Carnevale e le maschere nel suo sangue. Il Carnevale è la festa della ribellione della città, la liberazione dai vincoli formali, dalle catene del conformismo, dai costumi e dal potere. Il Carnevale è il giorno nel quale chiunque può essere altro da sé legittimamente e diventare un buffone, lecitamente autorizzato a sbeffeggiare chiunque e qualunque cosa. Il giorno del Carnevale anche il più umile e povero dei popolani può diventare un re ed il re può essere trattato come un buffone, e le regole alle quali tutti dobbiamo obbedire, anche solo per un giorno, vengono trasfigurate grazie ad una maschera. Questo è il motivo per cui adoro le maschere ed il Carnevale. E, di conseguenza, anche il teatro. Ho deciso di prenderne in mano l'organizzazione perché altri stavano rinunciando a farlo. Ho avuto un'idea e la fortuna di incontrare e conoscere persone che hanno creduto in quell'idea. Abbiamo iniziato a fidarci l'uno dell'altro e siamo riusciti a far rinascere una festa che rappresenta un monumento immateriale di un'intera comunità. Il resto è venuto da sé e grazie al grandissimo lavoro di ognuno”. Che cosa porti nel cuore del Carnevale? “Due ricordi. Il primo, del passato: una foto che ritrae me bambino in braccio a mio zio, Uccio Giungato, anch'egli in quegli anni nel Comitato organizzatore, durante la premiazione dal palco di un Carnevale di un bel po' di anni fa. C'era la folla intorno, i bambini in maschera sugli spalti, gli organizzatori indaffarati a chiamare urlando i vincitori dalle tribune e, fra la folla, mio zio ed io coi cappotti che guardiamo l'obbiettivo, lui sorridente ed io serio. Lo ricordo eccome, avevo quattro anni ed ero l'unico bambino a non avere un costume; guardavo il fotografo perché pensavo mi stesse fotografando apposta per quell'originalità. Il secondo ricordo, molto recente, è la prima volta che ho visitato i capannoni dei carri e sono entrato in un mondo favoloso quanto un set cinematografico”.

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