La ricerca della liquidità nella cessione del quinto

Sempre più massiccio il ricorso a questa forma di prestito. Ma non tutti possono permetterselo

La situazione economica e finanziaria che da oltre tre anni attanaglia l’Italia, oltre a condurre ad un crescente indebitamento e alla ovvia riduzione dei risparmi, starebbe svelando degli effetti non calcolati. Si sta sviluppando infatti da parte delle famiglie italiane la propensione a ricorrere a nuovi finanzimenti per far fronte alle “spese quotidiane”. L’altra faccia della medaglia si ritrova nella stretta creditizia che spesso rende difficile (se non impossibile), l’ottenimento di ulteriori prestiti, specialmente laddove si ha una “storia finanziaria” segnata da ritardati pegamenti e segnalazioni in Crif. Per ovviare a questa empasse, molte famiglie italiane stanno ricercando liquidità nel modo meno rischioso sia per loro stessi e sia per le stesse banche o finanziarie di turno, ovvero attraverso l’istituto della cessione del quinto dello stipendio (o della pensione). Il funzionamento di questa “sicura” forma di prestito è noto a tutti ormai (la garanzia delle rate coincide con il prelievo diretto dallo stipendio del lavoratore dipendente nella misura del 20%, al massimo, dello stipendio) ed ha già rappresentato la fonte dalla quale attingere per l’acquisto di un auto, per coprire le spese del matrimonio del proprio figlio/figlia, ecc. Oggi la “causale” cambia decisamente. Il confronto tra il 2011 e il 2012 è a dir poco sconcertante. Al 31 dicembre 2011 infatti si contavano circa 400.000 cessioni del quinto erogate per un importo che si aggirava intorno ai 6 miliardi di euro (circa il 10% del mercato totale dei prestiti). A quasi un anno di distanza, la percentuale è quasi raddoppiata (20% circa). Ciò dimostra come i dipendenti e i pensionati italiani stiano ricorrendo massicciamente a questa forma di prestito per avere denaro fresco ed in tempi brevi, decidendo volontariamente di ridursi lo stipendio e la pensione. Fatti salvi i lavoratori dipendenti, purtroppo non tutti i pensionati posso adire a questa forma di “autofinanziamento”. Infatti la legge parla chiaro. È vero che la finanziaria o istituto di credito che provvede ad erogare acquisisce come garanzia il TFR maturato (e chi ne fa domanda non deve dare alcuna giustificazione), ma è anche vero che la normativa vigente tuteli la pensione minima pari oggi a 480,53 euro. Ciò significa che la pensione, decurtata del proprio quinto, deve essere comunque superiore alla soglia minima di sopravvivenza. Siamo alla solite quindi. Nella corsa alle varie “vie di fuga” dalla crisi, non c’è scampo se non per pochi. I più deboli come al solito restano indietro.

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