Canta che trapassa

Canti di guerra, cent'anni fa o giù di lì

Iniziò poco meno di cent’anni fa (prepariamoci all’anniversario tondo) e finì l’11 novembre di qualche anno dopo. La chiamarono Grande Guerra, poi fu necessario numerarla e divenne la prima di due. Sarebbe nato in quell’occasione lo slogan “canta che ti passa”. Lo consigliava un volantino distribuito in trincea: hai fame e freddo? Ti manca la mamma? Stai per lanciarti a capofitto in un’azione dalla quale non tornerai vivo? Canta che ti passa! Ma alle note ufficiali della “Leggenda del Piave”, intonata fino a qualche anno fa dai bambini delle scuole italiane inneggianti al sangue del nemico altero che tinteggiava di rosso le onde lievi del fatidico fiume, si contrapponevano i canti del milite ignoto che trapassava e non gli passava. Stramaledicevano la guerra, la fame, le gerarchie militari e fu una rivoluzione anche linguistica, uno sfoltimento di aggettivi aulici a favore di frasi secche e imprecazioni. “O Gorizia, tu sei maledetta”, a proposito di una battaglia che fece da sola centomila morti. Finirà ‘sta flagellazione? Si chiedeva l’anonimo autore di “Fuoco e mitragliatrici”, sulla scia di “Sona chitarra!”, canzone napoletana del 1913. E sempre da Napoli veniva l’eterna struggente lettera del “Surdato nnamurato”.

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