Stipendi in ritardo. I cameramen delle tv organizzano la rivolta

Lecce. L’appello parte da Vincenzo Siciliano, uno dei veterani delle tv private locali. L’idea: pagamenti subito o boicottaggio delle dirette tv negli exit poll

L’appello parte da facebook: “A tutti i cameraman che lavorano a Lecce!!!!!!!!! Qui a Canale 8 nn vediamo soldi da Novembre! A L'a tv da 9 mesi, a telerama da 3 mesi!!!!!!!!!!! Ce imu fare?????????? Perchè nn boicottiamo ste dirette delle elezioni amministrative?????????? Ma tutti però…….Ne siamo capaci?????????????????? Voglio proprio vedere……. Se nn ci muoviamo tutti continueranno a mettercela nel “bip”………”. La proposta è di uno ‘storico’ cameraman delle tv locali, Vincenzo Siciliano e raccoglie immediatamente l’approvazione dei colleghi, indecisi se boicottare o manifestare o manifestare boicottando. Viene scoperchiato un pentolone che ribolliva da tempo e noto a tutti. Ma la domanda è: come mai le tv, finanziate da soldi pubblici, non pagano gli stipendi? E’ stata recentemente approvata la graduatoria del Corecom Puglia che distribuisce i finanziamenti statali alle tv locali in base alle legge 448/98. http://corecom.consiglio.puglia.it/funzioni_proprie/contributi/delib9.pdf Sono in graduatoria tutte le reti della provincia di Lecce: Telerama è piazzata al quarto posto in graduatoria, con un fatturato dichiarato di quasi tre milioni, Canale 8 al 24° posto e L’Atv al 25° con un fatturato rispettivamente di 207mila e 338mila euro. Canale 8, è scritto nella delibera del Corecom che porta la firma del neo insediato Felice Blasi, non ha fornito i certificati di correntezza contributiva. Cioè non ha dimostrato di essere in regola con i contributi previdenziali e quindi è stata ammessa con riserva. Ma le altre si, quindi non si spiegano i ritardi nei pagamenti a giornalisti e cameraman. Ritardi inspiegabili, dal momento che le televisioni private locali campano grazie agli ingenti finanziamenti pubblici e quindi dovrebbero garantire posti di lavoro retribuiti regolarmente. Il fatto è che le tv private, che vivono grazie al finanziamento pubblico, gestiscono un bene comune, che è la frequenza televisiva, l’etere, ma la gestiscono con criteri privatistici, senza alcuna trasparenza. I cameraman delle televisioni locali hanno gettato la maschera alla politica, che di quelle televisioni si serve quando serve un megafono. Ma i precari, o chi formalmente è assunto ricevendo però lo stipendio dopo quasi un anno, rimangono nell’ombra. I politici non li vedono. Né li vedono i sindacati. Si accorgeranno finalmente dei cameramen se i cameramen non staranno lì a riprenderli?

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