Suicida per lavoro. Funerali in silenzio

Scorrano. Tanta commozione e molte domande all’ultimo addio ad Antonio Maggio

SCORRANO – Lo hanno salutato senza grandi clamori. Così parenti e amici. Composti. Rabbia e dolore sono sentimenti che pervadono la coscienza. Li leggi negli sguardi. Attraversano il corteo funebre, entrano in chiesa. Accompagnano il feretro. Nessun eccesso, la misura è il dato saliente. Forse per rispetto al carattere di chi è andato via, al suo modo di vivere. Mite, introverso. Una personalità quella di Antonio Maggio, cui non piaceva la calca o la rissa, che cercava sempre di evitare. A 29 anni ha deciso di farla finita. Non ce l’ha fatta a proseguire ancora la propria esistenza divisa tra il lavoro precario e le difficoltà da affrontare quotidianamente in famiglia. Ieri pomeriggio, alla fine della messa funebre celebrata nella chiesa matrice da don Gino De Giorgi, amici e concittadini di Scorrano hanno voluto dedicargli un paio di lunghi applausi, uno all’interno, l’altro sulla scalinata quando la bara veniva trasportata in spalla. Distrutti dal dolore per tutto il tempo la madre Donatuccia, affiancata dal fratello Enzo; con loro, Antonio conviveva nell’abitazione di contrada Neviera, nella periferia del paese, un tempo mattatoio comunale trasformato in alloggi civili una trentina di anni fa. Casa messa a disposizione dall’amministrazione comunale che più volte è venuta incontro alle esigenze della famiglia. Aiuti che non sono bastati per alleviare la sofferenza di Antonio, piuttosto insoddisfatto negli ultimi tempi per non essere riuscito a trovare un lavoro stabile e dignitoso. Eppure – come racconta chi lo conosceva – era considerato un abile artigiano della pietra leccese, impiegato fino a qualche mese fa in uno stabilimento di Calimera prima di essere mandato via. Pochi mesi fa, poi, anche la morte del padre. “Un ragazzo modello, sensibile, mite – racconta chi lo conosceva bene, Maurizio Timo -; lo si poteva scorgere spesso ai bordi di una strada lontano dai clamori. E, infatti, oggi se n’è andato nel silenzio”. Ad associarsi allo sconforto dei parenti pure il sindaco Mario Pendinelli, giunto in chiesa per assistere alle esequie, con in testa tanti punti interrogativi che come lui molti scorranesi si stanno ponendo: perché in pochi mesi a Scorrano già due giovani hanno scelto di togliersi la vita? Che cosa possono fare, a questo punto, gli enti pubblici per tentare di alleviare la sofferenza derivante dalla mancanza di lavoro e dalla conseguente drammatica situazione economica? Nel paese, a proposito, ieri circolavano alcune considerazioni “inquietanti”: a Scorrano ci sono circa 1.500 persone iscritte nelle liste dell’ufficio di collocamento; un’alta disoccupazione femminile e tanti che pur non lavorando decidono di non comunicare il proprio nome al Centro per l’impiego. “Purtroppo queste sono cifre comuni a molte altre realtà del Salento, non è solo un fatto di Scorrano – spiega il presidente del Consiglio comunale Antonio Presicce, vicino anche lui al dolore dei familiari del giovane Maggio -. Per troppi anni la città non ha saputo cogliere i cambiamenti in atto, per esempio, nel settore agricolo da sempre trainante a Scorrano, che è letteralmente crollato. Solo dopo 30 anni finalmente il paese ha avuto una propria zona artigianale e industriale, ed è su questo che occorrerà lavorare per creare economia e nuova occupazione. Non possiamo più permetterci – dice Presicce – di assistere all’emigrazione in altri luoghi di grosse imprese artigiane locali, come è accaduto con le ditte di luminarie (De Cagna e Lucio Mariano) che danno lavoro a decine e decine di persone, e sono riconosciute, insieme a quella di Massimo Mariano, a livello internazionale”.

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