Lecce. Festa delle donne a Borgo San Nicola. Attraverso uno spettacolo, le detenute hanno voluto riflettere sulla propria condizione
LECCE – “Per ogni mamma è sempre bello poter parlare dei propri figli, ma qui fa male” racconta una detenuta. Soffiano “Storie nel vento” all’interno del teatro della Casa circondariale di Lecce. A parlarne, dal palco della grande sala dell’Istituto di pena, un gruppo di donne recluse che, attraverso uno spettacolo dedicato alla ricorrenza dell’8 marzo, ha provato a riflettere sulla propria condizione. La rappresentazione – curata da Stefania Miscuglio (che ha “cucito” le singole storie) e Luigi Lezzi del “Teatro dei burattini” con la collaborazione dell’associazione “Il Bruco” per la messa in scena e la partecipazione delle ragazze di “Officina Creativa Made in carcere” – ha rivelato storie individuali diverse, ma uguali a quelle di tante altre donne; storie “simili alle foglie secche e alle cartacce che a volte il vento fa volteggiare e finisce per ammucchiare nello stesso angolo o ai bordi di una strada”. Perché spesso, l’esistenza si sviluppa in un turbine di infanzie difficili, rapporti irrisolti, tentativi di emancipazione e abbandoni continui.

La locandina dell'iniziativa Per questo, i racconti che nascono sul palco e che appartengono alla vita e alle esperienze delle detenute parlano di “madri che c’erano solo per vietare qualcosa”, di richieste di aiuto quando “la notte, per scacciare la paura, si canta la ninna nanna” e di voglia di vivere e crescere perché “preferisco faticare e restare nella miseria finché muoio”. Sono le ambizioni al femminile, quelle dei corpi segregati nei penitenziari, tra porte di acciaio che si chiudono alle spalle e muri alti e spessi che impediscono l’orizzonte, ma che, nonostante tutto, spingono con forza per realizzare un progetto. “Il senso del lavoro in carcere – dichiara Lezzi – è di aiutare a ricostruire la personalità di chi ha commesso un reato, subito una condanna e si ritrova escluso dal sociale. In tali condizioni la propria autostima crolla inevitabilmente. Ma se il processo di costruzione di uno spettacolo è condotto con le dovute attenzioni, si può assistere a risultati sorprendenti nel recupero dell’autostima e nella fiducia verso gli altri. Nel lavoro teatrale ogni attore (o tecnico che sia) si ritiene indispensabile e insostituibile e questo, a gente dalla vita difficile, non capita spesso”. Il tutto rappresentato con la leggerezza della recitazione, dei balli e dei canti e attraverso l’uso del dialetto e di tecniche del teatro popolare.

Un momento dello spettacolo Ad assistere allo spettacolo, una vasta platea femminile, tante detenute divertite dalle performance delle amiche impegnate sul palco, le operatrici e le agenti del Corpo di polizia penitenziaria – le donne in divisa – che, con le detenute, condividono spazio e tempo all’interno del carcere. L’iniziativa è un successo: le compagne di cella applaudono fino a spellarsi le mani, urlano e incitano le protagoniste sul palco. E’ il bello della festa quel sentirsi libere. Ma la manifestazione non finisce qui. Prima della torta, c’è tempo per un ulteriore riconoscimento. Alle detenute, a fine serata, vengono consegnati gli attestati di partecipazione ai corsi “Ascoltiamo la voce delle donne” e “Culture e tradizioni a confronto” tenuti da Bibiana Cogli (consigliera comunale a Muro Leccese), alla presenza di Antonio Fullone, direttore del carcere, che plaude alla riuscita della manifestazione e ringrazia tutti coloro che si sono impegnati alla sua realizzazione. Perché i successi non sono eventi casuali, ma frutto di scelte.
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