Mantovano: ‘Primarie per ogni candidatura'

Roma. La svolta democratica del Pdl passa per la mozione dell’ex sottosegretario agli Interni. Che annuncia: 'Congedo candidato segretario provinciale'

ROMA – La “svolta democratica” del Pdl subirà nei prossimi mesi una forte accelerazione, con i congressi provinciali e regionali che si svolgeranno su tutto il territorio nazionale. L’appuntamento a Lecce è per l’11 e il 12 febbraio prossimi. A bruciare tutti sul tempo, nella presentazione delle mozioni, è stato l’onorevole Alfredo Mantovano. Il documento proposto dall’ex sottosegretario agli Interni individua le Primarie come unico strumento di selezione delle candidature (anche a livello parlamentare), rilancia la necessità di un modello organizzativo basato su un maggiore radicamento nel territorio, attraverso la “riscoperta delle sezioni come “luoghi di discussione e dibattito, di formazione delle scelte locali e di riferimento per i cittadini”. Ulteriore priorità è il “recupero di un rapporto più stabile con l’Udc” come conseguenza della “comune collocazione nel Partito Popolare Europeo” e del richiamo, altrettanto comune, ai temi della famiglia, della vita e delle politiche sociali. “Abbiamo presentato una mozione da più di dieci giorni con l’intento di lanciare una discussione e un confronto prima del Congresso – afferma Mantovano – ma non avendo ricevuto alcun segnale ci sarà un sereno confronto congressuale. Il nostro candidato – conclude Mantovano – sarà il consigliere regionale Saverio Congedo. E sul tema delle alleanze in vista delle Politiche del 2013 considera innaturale un centrodestra senza l’Udc e per certi aspetti anche senza la Lega. Nella sua mozione si fa riferimento alle Primarie come strumento di selezione della classe dirigente. Quali sono le motivazioni di questa svolta che, oltre ad essere politica, definirei prima di tutto culturale? “Sono da sempre favorevole al sistema delle Primarie. Sono entrato in politica con la candidatura del 1996. Già nel 1998 Alleanza Nazionale si fece promotrice in provincia di Roma della scelta dei candidati proprio attraverso il meccanismo delle Primarie. Fu una scelta vincente perché contro tutte le previsioni l'allora sindaco di Colleferro Silvano Moffa vinse le elezioni provinciali grazie proprio allo slancio derivante dalle Primarie. Ma al di là di questo specifico caso, personalmente ho sempre auspicato le primarie, anche per la scelta, come detto nella mozione, delle liste dei candidati alle elezioni politiche, soprattutto perché, in un momento in cui il sistema elettorale non tutela pienamente la partecipazione democratica, sono uno strumento capace di garantire un coinvolgimento ampio. Per me non rappresentano una novità. La novità è che c'è finalmente una condivisione ampia del Pdl su questo tema a livello nazionale e quindi nei vari territori”. Lei ha fatto riferimento all’utilizzo delle Primarie anche per la scelta dei parlamentari. Nel caso in cui, peraltro molto probabile, dovesse rimanere in vigore l’attuale legge elettorale, in che modo ritiene possa coniugarsi lo strumento delle Primarie con il porcellum? “E' chiaro che l'ideale sarebbe la riforma di questo sistema elettorale. Immaginiamo che non venga cambiato. Noi del Pdl ci siamo dati un regolamento per le Primarie alle Amministrative. Il lavoro già fatto per le Amministrative può essere trasferito alle Politiche, nel senso che si fa un regolamento all'interno del quale si stabilisce che chiunque voglia candidarsi alle politiche non deve far altro che comunicarlo. E in una provincia, in una regione o comunque in una circoscrizione elettorale si stabilisce l'ordine di inserimento nella lista sulla base dei voti che vengono presi nelle Primarie”. Negli ultimi mesi i rapporti all’interno del Pdl salentino sono stati caratterizzati da forti contrasti tra Lei e l’ex ministro Raffaele Fitto, anche in merito alla scelta delle candidature in alcuni Comuni durante le elezioni amministrative del maggio 2011. Su tutti il caso di Ugento, dove il centrodestra si è presentato diviso. Questo Congresso potrà riportare l’unità all’interno del Pdl o si andrà ad una vera e propria conta tra l’area mantovaniana e quella fittiana? “Questo congresso farà finalmente diventare il Pdl un partito maturo. In un partito, soprattutto se raccoglie molti voti, è fisiologico che ci siano posizioni differenti a patto che non siano palesemente antitetiche. Quindi è naturale che ci siano all'interno di un partito dei gruppi e delle correnti. Un partito è maturo quando chi ha una posizione differente, rispetto a quella che appare essere la posizione più forte, non è costretto ad uscire dallo stesso partito per poterla dichiarare, trovando al suo interno le condizioni per comporre la visione differente oppure per stabilire dei rapporti di maggioranza o di minoranza. Un partito che voglia essere veramente democratico non può essere come il partito comunista bulgaro degli anni '60 dove chi la pensa diversamente debba necessariamente essere espulso. Finché c'era Alleanza Nazionale io ho avuto su alcune questioni molte divergenze per esempio con Adriana Poli Bortone, però nessuno ha mai pensato di espellere qualcuno dal partito. Pur avendo avuto, in tempi diversi, ruoli di guida in Alleanza Nazionale, addirittura a livello regionale, i dissensi trovavano composizione all'interno dello stesso. Trovo singolare che si formi il Pdl e che una posizione divergente, rispetto alla linea prevalente, come quella della senatrice Poli Bortone trovi il suo esito con la fuoriuscita dal partito. Questo è accaduto molto spesso negli ultimi tempi, non solo a Lecce ma anche a Bari con l'onorevole Marcello Vernola oppure con tanti altri che, non avendo spazio nel Pdl con le loro posizioni divergenti, sono stati costretti ad andare in altri partiti, ad esempio nell'Udc. Penso a Chirilli e a Negro. Se esiste una minoranza interna c'è forse una possibilità in più per animare una sana dialettica ed evitare che si vada altrove. Se ciò non avviene il partito diventa un carciofo che ogni giorno perde una foglia”. Quindi l’obiettivo è riequilibrare l’originaria proporzione che ha dato origine al Pdl, quella del 70% (Forza Italia) e del 30% (Alleanza Nazionale)? “Quella proporzione non esiste più. Per lo meno sul territorio, perché al centro le cose forse stanno ancora diversamente. La formula 70 – 30 è stata una scelta fatta all'inizio, una formula di partenza per mettere un pò d'ordine. Giusta o sbagliata comunque è stata fatta. Ed è servita per regolare le proporzioni all'inizio. È comunque da tempo che c'è stato un rimescolamento. Nell'area che in Puglia fa riferimento a me ci sono tante persone la cui precedente esperienza è stata Forza Italia. E lo stesso con Fitto con persone che provenivano da Alleanza Nazionale. Ma la vera ragione di distinzione, rispetto al passato, è che il Pdl diventi un partito più ampio possibile, in cui le differenti posizioni non portino all’estromissione, bensì alla composizione nelle sedi opportune e con regole chiare. Poi si avrà all’interno del partito una maggioranza ed una minoranza ma questa situazione sarà stata frutto di una discussione ed un confronto evitando le imposizioni di alcuni candidati che in alcuni casi, come avvenuto in passato, hanno portato a dei veri e propri traumi. Lei citava il caso di Ugento. Ugento, in tal senso, è stato un caso esemplare, in cui per mesi e mesi si è lavorato per la candidatura a sindaco di Massimo Lecci e poi all’ultimo momento qualcuno ha preteso di imporre un altro candidato. Si è verificata così una frattura. Lecci è stato poi eletto ugualmente dando ragione a chi si era speso e aveva puntato i piedi per lui. Se ci fosse stato in quel momento un partito pienamente funzionante, con congressi che avessero definito maggioranza ed opposizione, il centro destra non si sarebbe diviso a metà”. Alcune indiscrezioni individuano il consigliere regionale Saverio Congedo come candidato per la sua mozione alla segreteria provinciale del Pdl. Allo stato attuale ci sono possibilità di ricomposizione con l’area fittiana intorno ad un’unica mozione? “Noi non abbiamo nessuna intenzione di spaccare a tutti i costi. Però non vediamo neanche una volontà di dialogo dall’altra parte. Abbiamo presentato una mozione senza candidato da più di dieci giorni con l’intento di lanciare una discussione e un confronto, quindi ricevere dei segnali, prima del Congresso. Non mi pare, a meno che non sia stato disattento, che siano arrivati questi segnali. E quindi ci sarà un sereno confronto congressuale. Per la nostra mozione il candidato alla segreteria provinciale del Pdl sarà, il prossimo 11 febbraio, il consigliere regionale Saverio Congedo”. In un paragrafo della mozione si fa riferimento ad un partito che sia necessariamente strutturato e radicato sul territorio con sezioni, segretari e tesserati. Fino ad ora siete stati un partito verticista, leaderista, “leggero” nell’organizzazione. Il ripristino delle sezioni non rappresenterebbe un ritorno ad un partito più tradizionale, tipico del secolo scorso? Allora quale sarebbe la novità? “Nella Prima Repubblica vi erano dei partiti molto ben strutturati sul territorio e le sezioni erano, in tal senso, lo strumento organizzativo più importante. Dopodiché c’è stata una ventata di novità, un partito maggiormente carismatico grazie alla leadership di Berlusconi. C’è da dire che caratteristiche analoghe si sono sviluppate anche altrove, penso a Di Pietro. Questa non è stata una caratteristica solo del Pdl. È un dato ormai strutturale della politica, che fa diventare i partiti dei semplici comitati elettorali, apparentemente esistenti solo prima delle elezioni e assenti nel resto dell’anno quando si tratta di ascoltare le categorie sociali e di confrontarsi con loro per verificare se il percorso di una Amministrazione sta procedendo bene o se ci sia qualcosa da verificare. Non si tratta di ripristinare la vecchia sezione del movimento sociale dove c’erano i simpatici vecchietti che giocavano a carte pur di mantenerla aperta. Si tratta invece di stilare un minimo di regole che permettano di svolgere l’attività politica in modo ordinato, senza strappi, senza che la vita del partito diventi solo ed esclusivamente quello che succede a cavallo delle elezioni, sia in campagna elettorale che nella formazione delle giunte, per andare immediatamente dopo ognuno per conto suo. Così finora non è andata bene. Poiché la politica è come la fisica, non conosce il vuoto, se il punto di riferimento non sono le sedi del partito, finisce che il ruolo di quest’ultime viene ricoperto dalle segreterie di questo o quell’esponente del partito che però se rimangono chiusi all’interno delle stesse, come spesso avviene, non si confrontano tra di loro e cominciano le divisioni, le lotte, le diatribe, le polemiche. È il momento di superare tutto questo”. Un ulteriore obiettivo della sua mozione è il recupero dei rapporti con l’Udc. Ci sono in tal senso dei margini effettivi di azione? E qualora vi siano come intendete procedere in questa direzione, anche a livello nazionale? “Il recupero del rapporto con l’Udc richiede molta volontà e umiltà da parte nostra, però anche l’Udc è chiamata a fare la sua parte. Su questo tema bisogna fare tre considerazioni fondamentali. La prima è che i valori che ci uniscono, come indicato nella mozione, sono molti di più di quelli che ci dividono. La seconda è che entrambe le forze politiche per quindici anni, dal 1994 al 2008 sono state protagoniste di un percorso politico e anche di governo comune. Il terzo elemento è che questo rapporto non è stato rescisso completamente. Ad esempio, a livello regionale nel Lazio, in Campania, Calabria e in molte altre realtà il Popolo della Libertà governa assieme all’Udc. Quindi non è qualcosa che appartiene solo al passato ma anche al presente di una buona parte della penisola. Poi ci sono delle realtà in cui si è andati allo scontro, in qualche caso per scelte attribuibili più all’Udc, penso ad esempio alla scelta di appoggiare Mercedes Bresso in Piemonte, scelta che l’Udc ha pagato pesantemente perché nell’ultima tornata elettorale per le Regionali ha perso più della metà dei suoi voti. Prova che il suo elettorato non è poi così propenso ad appoggiare candidati che siano marcatamente di sinistra. Senza dimenticare scelte come quella pugliese dove le responsabilità devono essere ripartite tra Pdl e Udc perché noi avremmo potuto fare qualche passo di più. Questo per dirle che il rapporto non è allo stato attuale troncato. Anzi. In molte realtà abbiamo comuni responsabilità di governo e apparteniamo al medesimo schieramento. Ecco perché ritengo sia innaturale un centrodestra senza l’Udc e per certi aspetti anche senza la Lega. È naturale, invece, fare tutti gli sforzi possibili affinché il centrodestra non si presenti diviso ai suoi elettori. Intanto quello che succederà in queste Amministrative avrà sicuramente qualche incidenza. Anche l’Udc sta facendo degli ‘esperimenti’. A Brindisi per esempio sperano di bissare al Comune il sistema Ferrarese. Quindi questo turno di Amministrative sarà interlocutorio per tutti. Però, intervenendo ai congressi provinciali dell’Udc sia a Brindisi che a Lecce ho comunque più volte messo in evidenza la necessità che i problemi esistenti siano affrontati seriamente al fine di poterli superare. E questo può avvenire sicuramente se tutto verrà positivamente affrontato”. Lei ha detto che sarebbe innaturale un centrodestra senza l’Udc e la Lega. Secondo Lei avrete tempo per ricucire fino alla scadenza naturale della legislatura? Monti rimarrà in carica fino al 2013? “Non vedo alternative. Da parte di qualcuno del centrodestra vedo ogni tanto qualche cenno di impazienza e il richiamo al ricorso anticipato alle urne. Ma al momento non ci sono le condizioni per immaginare una chiusura anticipata della legislatura. Certo, il Governo Monti non è che stia facendo moltissimo per farsi volere bene, soprattutto da un Pdl che ha fatto un grosso sacrificio nel rinunciare al suo governo senza avere un solo voto di sfiducia. Noi lo abbiamo fatto con molta responsabilità e forse un maggior rispetto dei confini del commissariamento non guasterebbe da parte del Governo Monti”.

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