Nuove povertà. La crisi nega i diritti

Lecce. Sono 41mila in tutta la provincia le persone assistite dal Banco delle Opere di Carità. Quasi il doppio rispetto al 2010

LECCE – Un territorio in bilico tra la necessità di “tamponare” le situazioni di disagio e la voglia di offrire risposte di ampio respiro, fuori da una logica di assistenza, orientate alla cooperazione e allo sviluppo. E’ il quadro che emerge dall'indagine sulle povertà nella provincia di Lecce condotta dal Csv Salento e presentata in occasione del convegno “Povertà e diritti negati”, che ha chiuso ieri la settimana de “Il volontariato in Università”. Le nuove povertà, accanto al disagio più grave, più manifesto e conclamato – si legge nell’indagine – si insinuano silenziose coinvolgendo famiglie con un solo stipendio, donne sole con figli minori, chi sull’onda della crisi economica ha perso il posto di lavoro senza riuscire a tenere la casa, i cassaintegrati figli delle vertenze in corso. In una provincia marginalizzata sul piano industriale – anche se Unioncamere registra segnali incoraggianti dal secondo trimestre 2010 – con una forte presenza di economia irregolare, il disagio si manifesta sul fronte alimentare, coinvolge il mondo del lavoro, mette a rischio la possibilità di soddisfare il diritto alla casa. Ad oggi sono circa 41mila in tutta la provincia le persone assistite dal Banco delle Opere di Carità, quasi il doppio rispetto al 2010. Tra loro ci sono sia coloro che si trovano al di sotto della soglia di 800 euro al mese, in situazioni di povertà assoluta, ma anche coloro che oggi vivono la difficoltà nuova di arrivare alla fine del mese. Presso la Chiesa di San Giovanni Battista a Lecce, dove è parroco Don Attilio Mesagne, direttore della Caritas diocesana, può accadere di esaurire anche in un paio d'ore più di 200 pacchi dono distribuiti a persone che arrivano da tutta la diocesi. Lo scenario complessivo di impoverimento del territorio, con una crescita progressiva delle persone in cerca di occupazione dal 2007 in poi, chiama in causa anche la riduzione dei redditi delle famiglie e dunque il mercato del lavoro. A pagare uno dei prezzi più alti i giovani, che a causa della riduzione dei posti di lavoro e della crescente precarietà di quelli disponibili si trovano senza potere contrattuale: si accettano così condizioni di impiego precarie e bassi salari pur di non cadere nel licenziamento e nella disoccupazione. Nel 2007 le persone in cerca di occupazione iscritte presso i Centri per l’impiego della Provincia di Lecce erano il 22,16%; nel 2009, il 26,65%. Anche l'emigrazione – in ripresa in questi ultimi anni, con 10mila giovani laureati che hanno lasciato la Puglia nel 2009 secondo i dati Ipres – non risolve i problemi, complice una precarietà lavorativa estesa all'intero paese. I giovani emigrati dal Sud verso il Nord Italia, quindi, rischiano di continuare ad essere mantenuti dalle famiglie di origine. Qui risiede, in parte, una spiegazione della contrazione della capacità di risparmio delle famiglie, che oggi riguarda anche chi dispone di redditi alti. E nelle banche, in questa logica, si stanno diffondendo i “mutui finalizzati alla liquidità” cioè contratti non per acquistare un bene, ma per arrivare alla fine del mese. Questa condizione sembra manifestarsi in particolare nella città di Lecce e meno nella provincia. La risposta dei Comuni a questa condizione di profondo disagio è debole. Emerge infatti una situazione di stallo, accompagnata da alcuni tentativi di incidere in modo più efficace attraverso azioni fuori da una logica puramente assistenziale. Accanto ai sussidi economici, quindi, si diffondono borse lavoro, tirocini formativi, iniziative per promuovere il lavoro femminile, contrastare la disoccupazione di lunga durata. Un nodo critico resta il rapporto delle amministrazioni locali con il volontariato: tranne qualche buona eccezione, risulta assente o ridotto ad un supporto di enti, i Comuni soprattutto, in empasse. L'associazionismo così continua a rischiare di essere non solo non supportato e valorizzato appieno, ma piuttosto “sfruttato” e confinato nel compensare la scarsità di risorse delle istituzioni. Nella solidarietà tra cittadini, tra famiglie, si trova uno dei punti di forza per contrastare il disagio. Un esempio di buona prassi a cui si accompagnano, sul territorio, l'esigenza di creare un lavoro di rete tra imprese, amministratori, terzo settore, di sostenere l'imprenditoria e le risorse dei giovani, di rilanciare l'economia dando credito a chi sempre più spesso non ne ha. // Volontariato in Università La settimana del Volontariato in Università è nata dalla volontà del Csvs di favorire l'apertura di un dialogo tra giovani e volontari al fine di promuovere la cultura del dono e della partecipazione attiva e di rilanciare la necessità di costruire insieme relazioni solidali in occasione dell’anno europeo del volontariato. Otto i momenti di riflessione, approfondimento e sensibilizzazione sui tanti temi in campo, dal valore della differenza, all'importanza della donazione del sangue, alla salvaguardia e tutela dell'ambiente, ai tanti volti nascosti dietro le parole immigrazione e povertà. Numerose le reti create nel corso di questa esperienza, in particolare quella nata dall'incontro tra il Csv Salento e la facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento, da cui è scaturita la proposta di elevare la conoscenza del Diritto ambientale penale e amministrativo attraverso un master apposito, aperto a studenti e a volontari.

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