Borgo San Nicola. Detenuti privati di ‘quella dignità rimasta’

Lecce. Sovraffollamento, mancanza di personale e condizioni igieniche al limite. Il Tdm chiede una soluzione ad istituzioni e amministrazione carceraria

LECCE – Vivono in condizioni igieniche al limite della decenza. Sono ammassati in celle che non li contengono e non hanno accesso alla cure mediche perché spesso i macchinari sono rotti e dunque fuori uso. I detenuti presso il carcere di Lecce vivono una pena doppia: quella della reclusione, per i reati più o meno gravi che hanno commesso, e quella della permanenza in ambienti che li rigettano, sporchi, trascurati, senza cura, che negano ogni rispetto ed ogni dignità per l’essere umano. Il carcere di Lecce, oggi, è al collasso. Conta 1.141 detenuti con un indice di sovraffollamento del 120%; il 90% fa uso di ansiolitici, il 16% sono tossicodipendenti attivi e molti sono affetti da pluripatologie. Ci sono otto educatori e sei psicologi, cioè un educatore ogni 180 detenuti e uno psicologo ogni 240 reclusi. Due i suicidi nel 2010 e 20 i tentativi messi in atto. Sono 80 le visite giornaliere dei medici in carcere, oltre 24mila in un anno. La presenza degli stranieri è il 25,7% (dati Csv Salento relativi al 2010). Dopo l’ennesima segnalazione di condizioni invivibili da parte di alcuni detenuti nel reparto Infermeria di Borgo San Nicola (leggi la lettera detenuti), Anna Maria De Filippi, presidente del Tribunale per i diritti dei malati – Cittadinanzattiva, ha scritto ai vertici di Regione ed Asl per denunciare la situazione e chiedere di mettere in campo risorse umane ed economiche al fine di risolvere lo stato di disagio in cui versa la popolazione carceraria salentina. Alla direttora della Casa Circondariale, Rita Russo, ha chiesto invece di migliorare la carenza di igiene come descritta dai detenuti firmatari della segnalazione anche al fine di evitare ulteriori patologie e di organizzare momenti di ascolto periodici dei detenuti o di aprire uno sportello di ascolto del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva all'interno del Penitenziario, dove le persone costrette in carcere possano trovare sfogo alla propria condizione di reclusione. Non è il primo appello che Il Tdm rivolge ad istituzioni e amministrazione penitenziaria. Già nel 20 dicembre 2010 si rivolse all’assessore alla Salute regionale Tommaso Fiore affinché intervenisse per migliorare le condizioni di salute dei detenuti, nel rispetto della legge n. 354 del 1975 che dice che “il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona”. A tale appello seguì la deliberazione della Giunta regionale n. 2081 del 23 settembre 2011 con l'approvazione di un protocollo d'Intesa tra l'assessorato alle Politiche della Salute della Regione Puglia, il Provveditorato dell'amministrazione penitenziaria per la Puglia e il Centro Giustizia Minorile per la Puglia per la definizione delle forme di collaborazione tra l'ordinamento sanitario e l'ordinamento penitenziario. Poi, nonostante i buoni intenti espressi, quel protocollo d’intesa rimase lettera morta. Intanto in carcere le condizioni dei detenuti sono addirittura peggiorate. Una soluzione non si può più rimandare.

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