Lecce. Per 10 anni avrebbe pagato ingiustamente, in quanto Ente pubblico, la tassa di concessione governativa sui 60 telefoni mobili. Il rimborso non è così certo
LECCE – Nuovi problemi in vista per Palazzo Carafa. La notizia, in breve, si può estrarre da una delibera dello scorso 21 ottobre: il Comune di Lecce ha richiesto all'Agenzia delle Entrate il rimborso della tassa di concessione governativa sulle bollette di telefonia mobile degli ultimi 10 anni, ma la risposta è stata il silenzio. La questione non sembra, però, di semplice soluzione. Andando per ordine, l'amministrazione comunale, a partire dall'anno 2011, è intestataria di 60 contratti di telefonia mobile e per questi, negli anni, ha corrisposto la tassa di concessione governativa per un importo complessivo pari a circa 345mila euro. Cosa ovvia, almeno fino al gennaio di quest'anno. Con alcune recenti sentenze della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, infatti, è stata confermata l’illegittimità dell’applicazione della tassa per i Comuni in quanto Amministrazioni pubbliche, in virtù di quanto stabilito dal Codice delle Comunicazioni. Questo il motivo per il quale il Comune di Lecce crede di aver ingiustamente pagato e pretende il rimborso. Tuttavia, se da una parte, dopo la richiesta ufficiale del 10 maggio scorso, dall'Agenzia delle Entrate non si è ottenuto nessun riscontro, dall'altra rimane il dubbio sull'applicazione della legge. La tassa fu introdotta nel 1995 per colpire i consumi legati ad un oggetto ritenuto “di lusso”: in quegli anni, infatti, il telefono cellulare aveva appena cominciato a diffondersi nel mondo italiano delle telecomunicazioni e non era propriamente considerato uno strumento di comunicazione. Oggi quelle ragioni fanno ormai parte della storia; infatti, più volte negli ultimi anni si è espressa la volontà di sopprimere l'odiato balzello. Perché rimane dov'è? Semplicemente perché da quella tassa, ogni anno, lo Stato incassa centinaia di milioni di euro. L'altra complicazione è appunto data dalla variabilità delle sentenze. Quelle venete, infatti, sono sentenze che valgono per i casi esaminati in quell'ambito e non costituiscono norma per tutte le fattispecie analoghe. Il Comune di Lecce, però, è deciso ad andare avanti per la sua strada, e con la delibera numero 803, “ritiene opportuno impugnare innanzi alla Commissione Tributaria provinciale di Lecce il silenzio serbato dall'Agenzia sulla richiesta avanzata”. La partita è aperta.