Il Tar, accogliendo i ricorsi dell'associazione sindacale ANPO-ASCOTI-FIALS Medici, ha deciso che le Asl dovranno adeguarsi ad una legge del 1992
Tutte le Asl di Puglia dovranno rivedere le loro dotazioni organiche, cioè dovranno rimettere mano al personale in forza nei diversi ospedali del territorio. Lo ha deciso la seconda sezione del Tar di Bari, accogliendo i ricorsi promossi dall'Associazione sindacale ANPO-ASCOTI-FIALS Medici. Il pronunciamento dei giudici amministrativi – il primo nel suo genere – promette di avviare una piccola grande rivoluzione non solo in Puglia, ma su tutto il territorio nazionale. Il perché è presto detto. Le Regioni, in base ad una legge del '92, hanno il compito di definire la loro programmazione sanitaria, individuando i diversi presidi sanitari e prevedendo, per ciascun Servizio, modalità organizzative omogenee. Le Aziende sanitarie hanno il compito di erogare i Servizi assistenziali nella fetta di territorio di loro competenza, approvando tra l'altro le dotazioni organiche necessarie perché ciò avvenga. E qui casca l'asino. Perché le Asl di tutto lo Stivale, Puglia compresa, si sono mosse autonomamente – secondo quanto ha stabilito il Tar – definendo le dotazioni organiche indipendentemente dalla programmazione regionale di riferimento e, quel che è peggio, senza riguardo per l'effettiva capacità di erogare l'assistenza. In sostanza, le Asl hanno deciso quanti infermieri e quanti medici far lavorare nei diversi ospedali senza preoccuparsi che il servizio ai cittadini fosse poi adeguato alle esigenze ed efficiente. E le Regioni – spiega il Tar – pur avendone l'obbligo, non hanno vigilato sui comportamenti delle Aziende sanitarie. Secondo l'Associazione Sindacale ricorrente, le Asl hanno deliberatamente ignorato le direttive della Regione in fatto di personale, al punto che ci sono state “profonde irrazionalità nella individuazione numerica e qualitativa del personale”. Queste ultime si sono tradotte, come scrive il presidente regionale dell'Anpo-Ascoti-Fials Medici (organismo rappresentativo dei Primari Ospedalieri e di tutte le altre categorie della Dirigenza Medica, compresa quella del settore Emergenza / Urgenza) Francesco Vitale, “in una minore qualità e quantità dei servizi sanitari resi ai cittadini, oltreché essere fonte di rilevanti difficoltà organizzative fino all’impossibilità di mantenimento dei Servizi erogati, sia Ospedalieri sia Territoriali, nelle Strutture Sanitarie Pubbliche”. In alcuni casi, ad esempio, nelle strutture di nefrologia e dialisi pugliesi si contano pochissimi infermieri e nemmeno un medico. Secondo l'avvocato Angela Villani che, insieme alla collega Alessandra Miglietta ha rappresentato l'Anpo-Ascoti-Fials Medici, “il principio stabilito dal Tar non potrà che essere esteso a tutte le Regioni italiane e la sua applicazione contribuirà anche a ridurre il 'gap' tra le diverse aree geografiche del Paese in materia di diritto alla Salute”. “Abbiamo più e più volte denunciato che la Puglia è una delle Regioni con minore personale addetto ai Servizi Sanitari e l’ulteriore riduzione derivante dal blocco delle assunzioni e dalla soppressione dei posti nelle dotazioni organiche, prevista nel Piano di Rientro, avrebbe determinato gravissime difficoltà organizzative fino all’impossibilità di mantenimento dei Servizi erogati, sia Ospedalieri sia Territoriali, nelle Strutture Sanitarie Pubbliche”. Le liste d'attesa, insomma, anziché accorciarsi, si sarebbero allungate. Resta da capire come agiranno da un lato la Regione Puglia, che in questo caso non si è costituita in giudizio, e dall'altro le Aziende Sanitarie, a partire da quelle – Asl di Lecce e di Foggia, Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Giovanni XXIII di Bari, IRCCS Giovanni Paolo II di Bari – che nemmeno si sono presentate in tribunale.
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