Carcere Bari: nuove proteste dei profughi

Le proteste degli immigrati si sono sommate alle condizioni già oltre il limite del carcere barese. La denuncia del Sappe

La protesta scoppiata nei giorni passati sulla statale 16 si è ormai spostata all'interno del penitenziario di Bari, tant'è che 20 profughi, arrestati proprio per gli incidenti alla periferia del capoluogo, hanno deciso di opporsi al rientro in cella dopo l'ora d'aria. Questo accadeva due giorni fa, con grandi problemi per il personale della polizia penitenziaria, che ha impiegato più di due ore per far rientrare la contestazione. La protesta degli immigrati verteva principalmente sul loro stato di profughi, che nonostante le promesse non è stato ancora riconosciuto, e le condizioni di vita all’interno del carcere. Tale episodio riporta l’attenzione sul carcere del capoluogo, proporzionalmente il più affollato d’Italia, con oltre 530 detenuti a fronte di circa 200 posti disponibili. Il segretario nazionale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, Federico Pilagatti dichiara, a proposito della casa circondariale di Bari: “Ci sono stanze al primo piano della III° sezione con detenuti che dormono per terra, senza che possano nemmeno stare in piedi tutti insieme. Purtroppo a fronte dell'inferno che si vive giornalmente all’interno del carcere di Corso de Gasperi, si registrano solo sterili discussioni sul nuovo carcere che vanno avanti da anni e che servono solo a conquistare spazi sui mass media. Se solo si fosse voluto un nuovo penitenziario, la città di Bari lo avrebbe potuto avere oltre dieci anni fa a costo zero per le casse dello Stato. Infatti una cordata di costruttori diede la propria disponibilità a costruire un nuovo carcere in periferia ricevendo in cambio i terreni su cui sorge la struttura penitenziaria, che sarebbero stati utilizzati per tutta una serie di iniziative commerciali”. Altra situazione preoccupante è quella igienico-sanitaria. L'articolo 11 della legge 354/74 prevede che “il medico provinciale (ora Asl) deve visitare almeno due volte l'anno gli istituti di prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico- sanitario, l'adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario (ora pubblico) e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti. Il medico provinciale (Asl) riferisce sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare al Ministero della Sanità e a quello di Grazia e Giustizia, informando altresì i competenti uffici regionali e il magistrato di sorveglianza”. Le condizioni nelle nostre carceri sono oltre il livello d'allarme, ma, a quanto pare, non sono sufficientemente gravi da ricevere un interessamento serio da parte delle Istituzioni.

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