Simone Renda. Al via il processo

Lecce. Morì in circostanze poco chiare in un carcere messicano durante una vacanza. Il processo è stato aggiornato al prossimo 17 novembre

LECCE – Si è aperto oggi il processo per l'omicidio di Simone Renda, il bancario leccese che perse la vita in una cella del carcere di Playa del Carmen (Messico), durante una vacanza finita in tragedia. Il processo è stato aggiornato al 17 novembre per un difetto di notifica ad alcuni degli mputati. 20 dicembre 2010 Simone Renda: rinviati a giudizio gli otto imputati Sono stati rinviati a giudizio gli otto imputati, tutti cittadini messicani, accusati di aver provocato la morte di Simone Renda, il bancario leccese di 34 anni deceduto in circostanze misteriose il 3 marzo del 2007, mentre si trovava in vacanza in Messico. Un omicidio volontario, secondo l’accusa, commesso “sottoponendo Renda a trattamenti crudeli, inumani e degradanti al fine di punirlo per una presunta infrazione amministrativa durante la sua detenzione nel carcere municipale di Playa del Carmen”. Le ipotesi di reato nei loro confronti, infatti, sono di omicidio; violazione dell’articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e dell’articolo 3 della legge 498 del 1988 (che prevede che sia punito secondo la legge italiana, a richiesta del ministro di Giustizia, lo straniero che commette all'estero un reato qualificato atto di tortura in danno di un cittadino italiano). Si tratta, in particolare, di Francisco Javier Frias e Jose Alfredo Gomez, agenti della polizia turistica del municipio di Palya del Carmen; Gomez Cruz, responsabile del’ufficio ricezione del carcere; Pedro May Balam e Arceno Parra Cano, vicedirettori del carcere; Luis Alberto Landeros e Najera Sanchez Enrique, guardie carcerarie; ed Hermilla Valero Gonzalez, giudice qualificatore. Nell’inverno del 2007 Simone Renda si trova in Messico per un soggiorno turistico, che doveva terminare il primo marzo, data del suo rientro in Italia. Quello stesso giorno, però, mentre si prepara alla partenza, Renda accusa un malore, un principio d’infarto. Luciana Assadorian, la receptionist dell’albergo dove alloggia, il “Posada Mariposa”, inspiegabilmente chiama la polizia turistica anziché l’assistenza medica. Pochi minuti dopo le 14, il 34enne leccese viene arrestato da due agenti, Frias e Gomez, intervenuti sul posto. Renda viene prelevato dalla sua stanza in evidente stato confusionale in quanto colto, con tutta evidenza, da malore. Gli agenti, anziché provvedere al ricovero in ospedale, lo conducono presso il carcere municipale, contestandogli un’imprecisata infrazione amministrativa. Nella relazione di servizio la polizia attesta (falsamente secondo l’accusa) che il cittadino italiano “aveva dato scandalo camminando nudo nella pubblica via” e che lo stesso era stato arrestato “perché probabile tossicomane”. Ipotesi che oltre a non corrispondere al vero non furono mai accertate. Inspiegabilmente l’arrestato fa il suo ingresso in carcere solo alle ore 15.20, nonostante il carcere disti dall’albergo solo qualche centinaio di metri. Un buco di oltre un’ora per un’operazione che richiedeva pochi minuti. Al momento dell’arresto il medico in servizio presso il carcere municipale gli aveva diagnosticato un grave stato clinico dovuto ad ipertensione e un sospetto principio di infarto, prescrivendo immediati accertamenti clinici in una struttura ospedaliera. Le richieste del medico sono ignorate. Il responsabile dell’ufficio ricezione e il vicedirettore del carcere, ignorano le gravi condizioni di salute del turista salentino (il certificato medico non viene inserito nel fascicolo) e omettono di avvisare sia il giudice qualificatore che i loro diretti superiori. Renda viene ristretto in isolamento in una cella dell’istituto di pena. Il giorno dopo, il 2 marzo, il vicedirettore di turno, Arceno Parra Cano, ignora le gravissime condizioni di salute del detenuto e non provvede al suo rilascio alla scadenza delle 36 ore, termine massimo per la carcerazione previsto dalla legislazione messicana in caso di infrazioni amministrative. Il turista leccese viene letteralmente abbandonato a se stesso. Il giudice qualificatore, Hermila Valero González, ha sempre dichiarato di avere dato l’ordine, verbale, di scarcerare il turista venerdì 2 marzo. I poliziotti di turno, però, sostengono di non avere mai ricevuto l’ordinanza di scarcerazione. La mattina di sabato 3 marzo, alle ore 8, le guardie carcerarie trovano Simone Renda privo di vita nella sua cella. L’autopsia stabilì che a causare il decesso era stato un infarto del miocardio. Gli accertamenti tossicologici eseguiti sia nella prima autopsia effettuata in Messico che nella seconda in Italia, esclusero l’assunzione di sostanze stupefacenti e di alcolici da parte della vittima. Articoli correlati Morte Simone Renda: fissata udienza preliminare per 11 imputati (17 novembre 2010)

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