Otranto. Scoperto 41 anni fa, il complesso carsico più importante del Salento è stato abbandonato a se stesso. Non solo: nessuno l’ha studiato. Con il risultato che è in totale stato di degrado e non è visitabile. Il procuratore Motta ha aperto un’inchiesta per individuare le responsabilità
Di Andrea Gabellone OTRANTO – Il 23 marzo scorso, Pino Salamina, in qualità di collaboratore alla scoperta della “Grotta dei Cervi” di Porto Badisco, insieme con Gianni Cremonesini, presidente del gruppo speleologico 'Ndronico, inviavano una lettera alle più alte cariche dello Stato per denunciare lo stato di abbandono totale nel quale, da 41 anni, versa il complesso carsico più importante del Salento. Oggi, a poco più di un mese di distanza, il procuratore capo di Lecce, Cataldo Motta, ha aperto un'inchiesta al riguardo. “Alle ore 15 di oggi (ieri per chi legge, ndr) – ci racconta Salamina – io e Gianni Cremonesini ci siamo recati al Comando dei Carabinieri di Lecce e abbiamo risposto alle domande del maresciallo Cusumano. Abbiamo portato con noi tutta la documentazione: le lettere al Capo dello Stato elencavano quelli che, per noi, sono i doli, le mancanze e le inadempienze da parte degli enti preposti”. Ci spieghi meglio. “La mancanza dell'acquisizione del suolo, l'allontanamento dei reperti dalla grotta, il mancato studio sugli scheletri presenti, la mancanza di conoscenza sull'aspetto archeologico e morfologico della grotta. Per noi, queste sono deficienze che non trovano alcun tipo di giustificazione. Abbiamo offerto la nostra completa collaborazione al maresciallo e, nei prossimi giorni, dovrebbero riceverci in Procura per un colloquio con il dottor Motta”. Quali sono le sue sensazioni, alla luce degli ultimi eventi? “Sarò sicero: mi sarebbe piaciuto che il problema si risolvesse in maniera diversa. Sarebbe stato meglio se gli ‘attori principali’ di questa vicenda, e mi riferisco alla Sovrintendenza di Taranto o a quella di Bari, si fossero mossi ‘motu proprio’ e l'avessero fatto per tempo, ma, a quanto pare, non ne avevano alcuna intenzione. Rimane un malcontento di fondo, perché non dimentichiamo che la Grotta dei Cervi è un patrimonio storico e archeologico di altissimo livello e, dopo 41 anni dalla scoperta, ancora nessuno ha avuto il privilegio di visitarla”. Secondo lei, siamo ancora in tempo per godere di questo pezzo importante di storia? “So che è passato quasi mezzo secolo e il degrado, inevitabilmente, sta attaccando l'integrità delle pareti. Spero che a riguardo ci possa essere un dibattito tra tecnici e che si possano prendere delle decisioni determinate, inequivocabili e definitive. Quel che è certo, è che non si può più aspettare; si è aspettato fin troppo”. Che cosa si augura che accada con quest'inchiesta? “Sulla base della nostra documentazione, spero che da parte del procuratore Motta ci possa essere la nomina di una commissione. Non mi interessano le eventuali conseguenze su chi ha sbagliato, sono pensieri che preferisco tenere lontani. Mi piace pensare, invece, che dopo l'intervento risolutore di un magistrato di allora, Alberto Maritati, che nel 1975 salvò la zona della grotta dalla costruzione di un albergo, ci possa essere un altro magistrato disposto ad aprirla al pubblico in tempi brevi. D'altra parte, non lo dimentichi, io ho 80 anni”. 14 aprile 2011 Grotta dei Cervi. Patrimonio dimenticato di Andrea Gabellone Quarantuno anni fa, il fotografo e speleologo Pino Salamina fu un “collaboratore alla scoperta”, come tiene a specificare, di quella famosa cavità carsica poi ribattezzata “Grotta dei Cervi”, a Porto Badisco. Oggi, dopo quasi mezzo secolo di silenzi e disinteressamento da parte del Ministero dei Beni Culturali, si fa portavoce dello sdegno per la noncuranza con la quale è stata abbandonato uno dei siti archeologici potenzialmente più importanti d'Europa. “La Grotta dei Cervi – ci dice – ha un valore storico inestimabile e in tutto questo tempo non è stato fatto assolutamente niente per quanto riguarda lo studio e la catalogazione dei materiali e degli oggetti che contiene. In più, il degrado naturale al quale è esposta è inarrestabile. Per questo motivo propongo, con una lettera ufficiale al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, l'apertura della grotta al pubblico. Dopo tutto, è un peccato che, dal giorno della sua scoperta, solo 500 persone abbiano potuto godere di queste bellezze”. Nel 1996, una commissione internazionale costituita da geologi e archeologi italiani, belgi e spagnoli, con un'indagine non invasiva, compilò una relazione che descriveva in modo esaustivo il deterioramento delle pareti della cavità. Corrosione, esfoliazione, disgregazione, scagliatura ed effiorescenze non permetteranno all'enorme tesoro contenuto nel complesso carsico una lunga vita. Geologicamente, vista la natura della pietra e l'esposizione al salmastro, a si può contro questo logoramento. L'unica soluzione? Viene dalla vicina Spagna: le famosissime grotte di Altamira, in Cantabria, sono state riprodotte in una copia da esporre al pubblico. Perché non fare lo stesso a Porto Badisco? Forse, non tutti sanno che, oltre le 3000 pitture rupestri raffigurate sulle pareti, risalenti a circa 6000 anni fa, la “Grotta dei Cervi” custodisce, come detto, una quantità considerevole di oggetti di rilievo storico quali armi, utensili, vasellame, maschere e, addirittura, ossa umane. Peccato che nessuno dei nostri musei possa esporre, nemmeno in piccola parte, questo materiale semplicemente perché non è mai stato catalogato. In poche parole, non ci è dato conoscere la nostra Storia, una Storia con un'importanza che non immaginiamo neanche. La proposta di Salamina è l'unica avanzata in più di quattro decenni di a e come lui stesso tiene a precisare “se esiste disaccordo, manifestatelo con diverse soluzioni”. Possibilmente, prima dei prossimi quarant'anni.
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