Sconvolgente e toccante il reportage con illustrazioni a colori dal titolo “Per non perdere il treno”, pubblicato da “Io donna”, settimanale del Corriere della Sera, di venerdì 26 marzo. Un impressionante quadro sul Bangladesh, popoloso paese asiatico, con i suoi 164 milioni d’abitanti in un territorio che è la metà dell’Italia, tra i più poveri della terra. Tanta gente non ha di che nutrirsi; i “fortunati” che possiedono un’occupazione, per via dei salari da fame, non sono in grado di pagarsi il costo del biglietto ferroviario per raggiungere il posto di lavoro, sicché in molti, come documentato dalle tristissime immagini del magazine, sono costretti ad arrangiarsi, viaggiando, clandestinamente, stipati sia dentro, sia fuori dalle carrozze, perfino, in condizioni di serio pericolo per l’incolumità fisica, appollaiati sui giunti fra i vagoni e sul tetto. Dinanzi a simili realtà, nel 2011, tempo d’internet, di globalizzazione, di mirabilie stravolgenti e di happy hours, si resta, ovviamente, senza parole. Per chi scrive, si riaffaccia nitido anche il ricordo dei compaesani contadini del Capo di Leuca, cafoni o “ppoppiti, i quali, in epoche non remote, ovvero dai primi anni sino alla metà del ventesimo secolo, vivevano, se non ai livelli degli amici del Bangladesh, in condizioni di povertà, con scarse possibilità di lavoro e salari quando sì, quando no. Perciò, i predetti aspettavano con ansia i periodi stagionali nei quali era loro dato agio di spostarsi nel Brindisino per la vendemmia e la vinificazione dei grappoli o per la raccolta e la molitura delle olive nei frantoi. A proposito di viaggio, specialmente in concomitanza con la vendemmia, in condizioni metereologiche buone e clima caldo – tiepido, pure i Salentini, allora, si regolavano un po’alla stregua in cui sono tuttora obbligati a comportarsi molti lavoratori del disgraziato paese asiatico: s’arrangiavano. Non potendo sostenerne il costo e/o col proposito di risparmiarsi quella spesa, invece di servirsi del treno per portarsi nella sede di lavoro a 80/90 chilometri di distanza, coprivano il percorso in bicicletta o, addirittura, a piedi, prendendo la strada ferrata unicamente come tracciato, itinerario. Nel frattempo, qui, sotto l’aspetto economico, le cose, generalmente, sono molto migliorate: non c’è che dire, vale la pena di prendere l’intervenuto cambiamento come auspicio per il prossimo futuro, a favore del popolo del Bangladesh. Lecce, 30 marzo 2011 Rocco Boccadamo
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