La 'criminosa' attività politica di un militante del Pd

Alfredo Ancora, sagace penna di lungo corso, commenta i passaggi chiave contenuti nel fascicolo d'indagine sull'ex sindaco di Gallipoli Flavio Fasano, con i quali è stato motivato il suo arresto nel maggio del 2010

Politica, politica-amministrativa e giustizia amministrativa. Sono sempre stati questi i settori di interesse di Alfredo Ancora, giornalista salentino di primo livello. La sua passione per il giornalismo è praticamente nata con lui. Si è infatti laureato a Bari in Scienze politiche discutendo una tesi sul rapporto di lavoro giornalistico. Nella sua carriera ha collaborato con numerose testate, dirigendone diverse. Ad esempio ha prestato la sua penna a giornali editi a Calimera, dove vive dal 1976; e poi a Quotidiano di Lecce (dal 1979). Negli anni ’90 ha assunto la direzione di Radio Salentina. Nel 2003 ha iniziato la sua collaborazione con la rivista dell’Università di Lecce, “Unile”, durata due anni, quanto la rivista. Nello stesso anno ha intrapreso la collaborazione con “Corriere del Mezzogiorno”, durata alcuni anni, e poi con “Città Magazine”. Attualmente collabora con “Nuovo Quotidiano di Puglia”. Il suo ultimo libro, pubblicato da Glocal editrice, “Un processo per caso” è un saggio sulla giustizia realizzato attraverso il racconto di un caso di persecuzione giudiziaria di tre amministratori pubblici, avvenuto proprio a Calimera. di Alfredo Ancora Può un politico indagato dalla magistratura, che non ricopre più alcun incarico istituzionale, fare attività politica da semplice militante e dirigente di partito, organizzare e partecipare ad assemblee pubbliche, fare comizi, concedere interviste a giornali e televisioni? Il buon senso e la comune civiltà giuridica ci fanno dire di sì. D’altra parte in Italia abbiamo membri del governo, parlamentari e tanti politici locali e nazionali che continuano tranquillamente a fare il loro lavoro pur essendo indagati o imputati. Ma in Italia, quando si ha a che fare con la giustizia tutto è possibile. Anche che, per aver svolto quelle attività politico-sociali, si possa essere arrestati. Esagerato? No. Basta leggere, come è capitato a chi scrive, gli atti del procedimento contro l’ex assessore provinciale Flavio Fasano. Lì c’è la prova che a volte essere politicamente attivi in Italia può essere pericoloso. Non entriamo nel merito dell’inchiesta, anche se è bene rievocarne le fasi salienti. Fasano, ex sindaco di Gallipoli ed esponente di spicco del Pd salentino, viene eletto consigliere provinciale nel 2004. Alla fine della consigliatura, nel luglio 2008, viene nominato assessore provinciale ai Lavori Pubblici dal presidente Giovanni Pellegrino e copre quell’incarico fino al 31 maggio 2009, solo 10 mesi. Fra le altre cose si occupa della cartellonistica stradale, con una gara d’appalto da 2,7 milioni di euro che viene bandita, aggiudicata provvisoriamente, poi discussa davanti alla giustizia amministrativa che a ha rilevato di illegittimo. Ciononostante, per diversi motivi, a maggio 2009 la gara viene anata dalla stessa giunta provinciale. Perciò quella gara non ha prodotto effetti. Intanto la Procura dal 7 ottobre 2008 ha sottoposto Fasano ad indagini per altre vicende. Vengono disposte a suo carico intercettazioni telefoniche ed ambientali (costate, si è appreso, 126.000 euro) dalle quali a di rilevante emerge per l’inchiesta relativa a vicende di criminalità gallipolina, tanto che Fasano non risulta fra i rinviati a giudizio. Dalle stesse intercettazioni, però, gli inquirenti rilevano colloqui e frasi che li inducono a ipotizzare reati commessi da Fasano nella sua qualità di assessore, sia per la vicenda cartelloni pubblicitari che per un’altra relativa all’Istituto Nautico. Egli perciò a gennaio 2009 viene iscritto nel registro degli indagati. Le indagini a suo carico si concludono il 14 maggio 2010. All’esito delle indagini, che hanno coinvolto anche altre persone, il Pm ha accusato Fasano di turbativa d’asta, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio. Di queste accuse Fasano dovrà rispondere nel processo che inizierà il prossimo 4 aprile. Se colpevole o innocente dei reati ascrittigli lo decideranno i giudici al termine del dibattimento. Ma ecco che, pur avendo chiuso le indagini ed acquisito ogni prova utile ad incriminare l’ex assessore, la Procura chiede ed ottiene dal Gip un’ordinanza di custodia cautelare domiciliare a suo danno, oltre che di altri indagati, che viene eseguita il 17 maggio 2010, tre giorni dopo la conclusione delle indagini. A quale esigenza rispondeva quell’ordinanza? E’ bene ricordare che per il nostro codice di procedura penale la custodia cautelare può essere disposta solo in tre casi. Il primo: se c’è il rischio di inquinamento delle prove. Nel caso di Fasano questo non era possibile perché egli da quasi un anno non era più assessore provinciale e non ricopriva alcun incarico pubblico, e perché, soprattutto, le prove gli inquirenti le avevano già raccolte tutte, tanto è vero che lo stesso giorno dell’arresto, a Fasano veniva notificato l’avviso di conclusioni delle indagini firmato tre giorni prima dal Pm. Il secondo motivo per cui si può disporre la custodia cautelare è quando c’è il rischio di fuga dell’imputato, ipotesi che, nel caso in questione, era tanto poco verosimile che gli stessi inquirenti non l’hanno presa in considerazione. Il terzo motivo previsto dal codice per disporre la custodia cautelare è che possa esserci il rischio della reiterazione del reato da parte dell’indagato. La domanda è: poteva l’indagato (ora imputato) Fasano reiterare i reati di cui veniva accusato? Egli funzionalmente non poteva, anche tenendo conto “della personalità dell’imputato”, come prevede l’articolo 274 del cpp, perché non aveva più il ruolo che gli aveva consentito di commettere i reati ipotizzati dall’accusa. Quindi, stando alla lettera del codice, non poteva essere arrestato. Ciononostante Flavio Fasano è stato posto agli arresti domiciliari, dopo la conclusione delle indagini. Per giustificare il suo arresto, nell’ordinanza di custodia cautelare i giudici hanno scritto: “Dalle carte del procedimento emerge innanzitutto che l'indagato è dotato di una capacita di persuasione e di coinvolgimento davvero notevoli, oltre a beneficiare di relazioni privilegiate e di confidenza con funzionari pubblici, amministratori pubblici ed imprenditori. Ha dato inoltre dimostrazione di una gestione ‘disinvolta’ della cosa pubblica, che si caratterizza per la fittezza dei rapporti e l'intreccio illecito fra interessi pubblici e privati, sicché, pur non rivestendo attualmente la carica pubblica indicata in rubrica, il pericolo che torni a commettere reati contro la pubblica amministrazione, forte non solo degli anzidetti contatti, ma anche dell’esperienza accumulata, presenta connotazioni di oggettiva concretezza ed attualità”. Come avrebbe potuto Fasano tornare a commettere i reati di cui veniva accusato? Chi avrebbe dovuto o potuto irretire per compiere di nuovo quei reati che egli non poteva compiere perché non più assessore né in Provincia né altrove? Questo l’ordinanza non lo dice. Ma a corroborare la convinzione dei giudici sulla potenzialità criminogena di Flavio Fasano sono state alcune precise e puntigliose comunicazioni investigative dei Carabinieri del Ros, sezione Anticrimine di Lecce, che da luglio a tutto ottobre del 2009, quando Fasano non aveva più incarichi istituzionali, hanno seguito la sua attività politica. Come? Ma leggendo i giornali, naturalmente. Infatti con la comunicazione n. 2/106-4 del 7 ottobre 2009 i carabinieri del Ros trasmettono alla Procura nove articoli di giornale “che dimostrano l’attuale “operatività politica” e, conseguentemente, “istituzionale” di Flavio Fasano, nonché, a parere di questo Comando, la sua potenziale capacità (nonostante allo stato attuale l’indagato non rivesta cariche istituzionali) di esercitare una concreta “influenza” sugli apparati pubblici locali, regionali, nazionali”. Degli articoli allegati alcuni sono ripresi da siti web dei quali tre sono di “Lecce Prima”, giornale on-line salentino, e parlano dell’arrivo a Lecce di Dario Franceschini invitato da alcuni esponenti del Pd, fra i quali Fasano; un altro della “Gazzetta del Mezzogiorno” che contiene un’intervista allo stesso Franceschini in cui il dirigente del Pd afferma di essere stato invitato a Gallipoli da “un salentino molto importante, Flavio Fasano”; uno del “Corriere Salentino” in cui il segretario del Pd di Gallipoli, Paolo Piccolo, polemizza con Fasano sulla visita di Franceschini. Poi ci sono due articoli del “Nuovo Quotidiano di Puglia”, uno sul congresso del Pd in cui si scrive che “l’ex sindaco Fasano è schierato con Franceschini”, l’altro è un’intervista di Vincenzo Maruccio allo stesso Fasano sulle vicende congressuali del Pd. Alla stessa comunicazione dei Ros sono allegati anche due articoli del “Nuovo Quotidiano di Puglia” che parlano dell’approvazione, da parte della giunta provinciale presieduta da Antonio Gabellone, del progetto per il nuovo Istituto Nautico di Gallipoli ed in cui Fasano non viene nemmeno citato. Il 27 ottobre un’altra nota informativa dei Ros alla Procura, la n. 2/106-5 con altri tre articoli di giornale in cui si parla delle vicende relative al congresso del Pd ed in cui viene citato Fasano. Infine un’altra nota informativa dei Ros del 29 ottobre 2009, la n. 2/106-6, con altri due articoli di stampa accompagnati sempre con lo stesso commento dei carabinieri e cioè che gli articoli “dimostrano l’attuale “operatività politica” e, conseguentemente, “istituzionale” di Flavio Fasano, nonché, a parere di questo Comando, la sua potenziale capacità etc. etc.”. Attività politiche, quelle raccontate dai giornali, svolte tutte alla luce del sole, pienamente legittime, che, al massimo, potevano dare fastidio ai suoi contendenti, interni o esterni al Pd. Che dire a questo punto? Ogni commento sembra superfluo, se non quello che la legge in Italia non è uguale per tutti, visto quanti amministratori pubblici, indagati per reati contro la Pubblica amministrazione, hanno continuato a fare politica e addirittura a fare gli amministratori pubblici dopo aver ricevuto un avviso di garanzia, senza per questo subire l’arresto. Una cosa emerge chiara: se Fasano si fosse astenuto dal partecipare alla vita del suo partito e avesse negato le interviste, forse non avrebbe subito l’onta dell’arresto. Episodi come questo fanno un cattivo servizio alla giustizia ed ai rapporti, peraltro già difficili, fra magistratura e politica. E danno ulteriore conferma a quanti denunciano un uso discrezionale della custodia cautelare da parte delle Procure come, non ultimo, lo stesso ex senatore ed avvocato Giovanni Pellegrino che, nel suo libro “Il morbo giustizialista”, ha affermato che molti Pm, vista la difficoltà di arrivare a sentenza definitiva di condanna a causa della lentezza dei processi, usano ormai la custodia cautelare come una sorta di condanna preventiva. Ma è giusto? Articolo correlato: Galatea2. Tutti rinviati a giudizio (19 gennaio 2011)

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