Pericolante e antiquato. Tribunale da Inferno dantesco

Lecce. Nell'andirivieni di giudici, avvocati, cancellieri, imputati e pubblico, spicca l’inadeguatezza di una sede concepita diversi lustri fa

LECCE – Varcare i cancelli degli uffici giudiziari del palazzo di viale De Pietro, significa inevitabilmente addentrarsi nel cuore di una giustizia che mostra inevitabilmente tutte le carenze di un sistema sempre più malato. Nel caotico andirivieni di giudici, avvocati, cancellieri, imputati e pubblico, spicca l’inadeguatezza di una sede concepita diversi lustri fa e che irrimediabilmente sembra ormai insufficiente a far fronte all’esigenze di un sistema giudiziario cresciuto, come del resto la popolazione, in maniera esponenziale. Il primo impatto, attraversando i freddi corridoi a piano terra, si ha con le aule dove si celebrano i processi. Al di là delle porte di legno consunte in stile saloon, ci si trova dinanzi ad aule piccole e umide che faticano a contenere le decine persone interessate alle tante udienze in programma ogni giorno tra le due sezioni penali di Tribunale. Bisogna quasi sgomitare per trovare posto, rigorosamente in piedi, e resistere all’aria viziata che si respira. Basta guardarsi attorno, del resto, per rendersi conto che arredi e strutture sono rimasti pressoché invariati negli ultimi anni. Solo i bagni, seppur totalmente privi di carta igienica, mantengono un certo decoro e una certa pulizia. Non va certo meglio nell’ala parallela, sempre piano a terra, dove si trovano le aule di Corte d’appello e di assise. Ogni pioggia, infatti, trasforma l’androne in un acquitrino cui solo il ricorso a transenne (del tipo utilizzato normalmente per strada) evita a eventuali malcapitati di finirci dentro. Sui muri spiccano i segni lampanti dell’umidità e dell’intonaco scrostato, oltre che di evidenti crepe. Accanto a locali chiusi e inutilizzati da tempo immemore spiccano, abbandonati da anni, vecchie scrivanie e stampanti, adagiati come relitti senza padroni. Ai piani superiori le cose sembrano decisamente migliorare per quanto riguarda la sede della Corte d’appello e della Procura generale, entrambe ospitate al primo piano. Ben diversa la situazione, però, della procura ordinaria dove giacciono accatastati in ogni corridoio (fatta eccezione per quello della Direzione distrettuale antimafia, recentemente ripulito) fascicoli penali anche recenti. Chiunque, in spregio a ogni più elementare violazione della privacy, può leggere e sfogliare la storia e le disavventure giudiziarie di una qualsiasi persona. In attesa che sia creato un apposito archivio, faldoni, procedimenti, informative e documenti rimangono in bella mostra, alla mercé di tutti. Salendo le cose sembrano quasi peggiorare, in una sorta di girone dantesco capovolto. Basta affacciarsi a una delle finestre per rendersi conto di come pezzi interi di calcestruzzo continuino a staccarsi e a cadere ogni giorno. Sulla facciata, d’altronde, sono ben visibili i segni del tempo e dell’incuria, come dimostra l’anima in acciaio del cemento armato che affiora inesorabile. Lasciando il palazzo non si possono evitare un altro paio di considerazioni. La prima riguarda l’ex bar (vuoto come un cratere) ormai chiuso da tempo e che costringe la gente a uscire dall’edificio, a meno di non ricorrere ai distributori automatici. L’altra un edificio pericolante e maleodorante che si trova adiacente al parcheggio del Tribunale e che si è trasformato in una sorta di deposito di immondizie e ricovero per gatti randagi.

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