E’ la stagione, sindrome influenzale con fastidioso corollario di attacchi di tosse – del genere e rumore di abbaiare di cane all’interno di un anfratto con eco – intervallati di appena 1 – 2 minuti. Un medico, il quale, con candore e sincerità, ammette di non aver da prescrivere alcunché di veramente idoneo a far passare il malessere: occorre solo armarsi di santa pazienza. In seno all’indisposizione, anche una notte completamente in bianco, l’intero corpo ammaccato a furia delle incessanti sequenze compulsive che muovono dalle vie respiratorie se non da più dentro, lo sfogo, vano, di un paio d’ore in poltrona a leggere, con scarsissima concentrazione per via di un sussulto dietro l’altro. Dal delirio della veglia forzata, l’idea di una lastra Rx toracica, risultata, meno male, negativa. Alla mente, la tosse degli anni delle elementari, la difficoltà, pure allora, di prendere sonno. In quei tempi, tuttavia, soccorreva l’amorevole intervento materno, sottoforma di una pozione di tisana da “papagna” (papavero), grazie alla quale gli occhi si chiudevano sino al mattino, anche se i sintomi e le manifestazioni della tosse non sparivano. Dietro tale ricordo e di fronte alla “impotenza” della scienza medica moderna, che fare, dunque, nel 2011? Un po’ di fichi secchi e di carrube lasciati bollire sino all’ottenimento di un decotto, di gusto piacevole, giusto come si era soliti regolarsi quando l’esistenza ruotava essenzialmente intorno alla semplicità e alla natura. Vale la pena di provare. Lecce, 25 gennaio 2011 Rocco Boccadamo e.mail: [email protected]
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