Vittorio Colitti jr: assolto per non aver commesso il fatto

di Andrea Morrone

Vittorio Luigi Colitti è innocente. I giudici del Tribunale per i minorenni di Lecce lo hanno assolto dall’accusa di omicidio (in concorso con il nonno) nei confronti di Peppino Basile, il consigliere dell’Italia dei Valori assassinato a Ugento la notte tra il 14 e il 15 giugno del 2008. La sentenza è stata emessa dopo circa dieci ore di camera di consiglio. Il processo si è celebrato davanti il Tribunale per i minorenni perché l’imputato, all’epoca dei fatti, non era maggiorenne. Sono le 23.05 quando il suono della campanella che indica che la Corte sta per rientrare in aula, tronca il brusio che riempie la piccola sala al piano terra del Tribunale per i minorenni. In quella che nel tempo è stata cella di un convento e di un carcere, il silenzio si fa assordante. Sui volti di tutti i presenti, soprattutto del giovane imputato e dei suoi familiari, c’è un clima di grande tensione. Pochi istanti dopo il presidente Aristodemo Ingusci e il giudice a latere Lucia Rabboni, accompagnati dagli altri due giudici non togati e dal cancelliere, fanno il loro ingresso nell’aula. Con voce chiara e forte Ingusci legge la sentenza: “Il Tribunale assolve Vittorio Luigi Colitti per non aver commesso il fatto”. Poche parole che cambiano la vita e il destino, forse per sempre, di un diciannovenne. Il giovane imputato, presente alla lettura della sentenza, così come a tutte le udienze dibattimentali, è scoppiato in lacrime. Un pianto liberatorio dopo mesi di sofferenza, segnati anche dall’esperienza del carcere. Si è invece lasciata andare a uno sfogo sua madre: “Figlio mio, figlio mio, grazie signore”, ha detto la donna tra le lacrime. Il presidente Ingusci e i carabinieri presenti in aula hanno fatto fatica a contenere le grida di giubilo e di felicità dei tanti parenti e amici dei Colitti presenti in aula. Momenti di commozione anche per gli avvocati Conte e Bray, che travolti dall’emozione si sono abbracciati. La sentenza di primo grado arriva dopo sei mesi dall’apertura del processo, che aveva preso il via lo scorso 12 maggio. La giuria si era riunita in camera di consiglio alle 10.50, dopo le repliche e le controrepliche della mattinata. Il pubblico ministero, Simona Filoni, aveva chiesto una condanna a 15 anni di reclusione per omicidio volontario in concorso, con le attenuanti generiche della incensuratezza e della minore età all’epoca dei fatti. I suoi difensori, gli avvocati Francesca Conte e Roberto Bray, avevano chiesto l’assoluzione. Un omicidio frutto, secondo l’accusa, di vecchi conflitti e dissapori accumulatisi negli anni tra Colitti senior e la vittima. Contrasti che quella calda notte di giugno sfociano in una discussione che si anima sempre di più, fino a divenire un’aggressione. Le prime coltellate vanno a vuoto o feriscono Basile solo superficialmente. Poi si scatena la furia omicida, il consigliere prova disperatamente a difendersi e a fuggire. Secondo il pm è l’imputato a trattenere la vittima per un fianco, di lato, mentre il nonno infligge i fendenti mortali al torace. Saranno ventiquattro in tutto le coltellate rinvenute sul cadavere. Una tesi che, con ogni probabilità, non ha convinto i giudici, anche se bisognerà attendere novanta giorni per conoscere le motivazioni della sentenza. Vittorio Luigi Colitti ha commentato così a caldo la sentenza di assoluzione: “È come se mi avessero restituito la vita indietro, dopo che pensavo che me l’avessero tolta per sempre. Ora voglio terminare gli studi e riprendere la vita di sempre”. “È una sentenza che rende finalmente giustizia a un ragazzo innocente – ha commentato l’avvocato Francesca Conte –. Siamo ovviamente molto soddisfatti e contenti, del resto abbiamo sempre creduto nella grande professionalità della Corte. Questo è stato un processo in cui abbiamo speso molti mesi della nostra vita”. “Giustizia è stata fatta – ha commentato invece l’avvocato Bray -. Noi non abbiamo mai smesso di cercare la verità, e questa sentenza mi gratifica della toga che indosso e del lavoro che ho svolto con la collega Francesca Conte”. Si chiude così il primo atto di una vicenda giudiziaria complessa e piena di interrogativi forse irrisolti. La Procura ha già annunciato che ricorrerà in appello. La storia di una morte, del resto, non recupera mai quella verità riservata, nascosta, intima che la ricostruzione dei fatti perde sempre nella opacità di una cronaca quasi senza testimoni. Resta da chiedersi ad esempio quale strada prenderà l’inchiesta, presso la Procura ordinaria, che vede coinvolto il nonno dell’imputato e nei cui confronti pochi giorni fa è stata emessa una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’uomo si trova ora ricoverato in ospedale a causa delle precarie condizioni di salute. Bisognerà attendere, come è giusto che sia, che la giustizia completi il suo corso. Nel frattempo l’assassino o gli assassini di Peppino Basile continuano a rimanere senza volto, così come restano sospesi tanti misteri che l’omicidio prima e le vicissitudine giudiziarie dopo, hanno sollevato. Ci sono uomini destinai a non aver pace, neanche dopo la morte.

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