Patto di stabilità: accordo con Anci e Upi

Fissati i criteri di riparto: i fondi andranno a Comuni e Province che rischiano lo sforamento, senza tener conto della maggiore o minore quantità di crediti vantati nei confronti della Regione

La Regione, l’Anci e l’Upi hanno sottoscritto oggi un accordo sul Patto di Stabilità. “Le restrizioni sui vincoli del patto di stabilità della Regione – spiega l’assessore al Bilancio Michele Pelillo – rischiano di pregiudicare anche, con un effetto a cascata, il patto di stabilità e equilibrio finanziario di numerosi enti locali in Puglia”. Per questo motivo, due settimane fa, l’assessorato al Bilancio, che è a conoscenza di queste realtà, ha reperito venti milioni di euro da mettere a disposizione degli enti locali. “La vicenda non è economica – continua l’assessore – ma solo finanziaria. I fondi che spettano agli Enti locali sono tutti in cassa e saranno liquidati a partire dal prossimo 1° gennaio. “I venti milioni che abbiamo reperito – dice Pelillo – saranno invece immediatamente versati ed eviteranno agli enti locali in sofferenza di sforare il patto di stabilità”. Oggi con Anci e Upi sono stati fissati i criteri di riparto: i fondi andranno prioritariamente ai Comuni e alle Province che rischiano di sforare il patto, senza tener conto della maggiore o minore quantità di crediti vantati nei confronti della Regione. E' stato deciso che dei 20 milioni 12,5 andranno ai Comuni e 7,5 alle province, con l’impegno che qualora si liberassero entro fine anno altre risorse oltre ai venti reperiti, saranno divise equamente tra Comuni e Province. Da Anci e Upi, cui spetta decidere si attende ora un elenco puntuale delle priorità per l’assegnazione dei fondi. “Esprimo pertanto – conclude l'assessore – grande soddisfazione per il risultato raggiunto, confermando l’impegno della Regione nello stare vicina agli enti locali in difficoltà”. 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Però, causa la necessità di rispettare il Patto di Stabilità, la Regione non è nelle condizioni di trasferire effettivamente i fondi assegnati. La criticità o anomalia del sistema deriva dalla difficoltà di spendere i fondi comunitari per non “uscire” dai parametri stabiliti dalla Comunità europea, con il rischio del disimpegno definitivo. Il meccasimo è dunque quello “del gatto che si morde la coda”. Secondo il Piano Sud del governo, alla Puglia toccherebbero circa 12 miliardi di euro, ma il sistema, che paralizza, rischia di mandare quei soldi nel dimenticatoio. “O paghi o sfori” è l'alternativa che la vicenda sembra suggerire. E se i soldi non arrivano a destinazione, però, c'è il rischio di non vederli più. Così, i Comuni che hanno completato i lavori utilizzando per i pagamenti fondi propri, sono in grave difficoltà e si trovano essi stessi nelle condizioni di non poter rispettare il Patto. “Le conseguenze del Patto di Stabilità – prosegue Buccoliero – non possono ricadere rovinosamente sui piccoli comuni, perché si andrebbe incontro ad un disastro economico dalle conseguenze drammatiche. Si verrebbe a creare un circolo vizioso terrificante e assurdo, con tanti piccoli comuni costretti a sforare il patto di stabilità per coprire le spese di una Regione, che chiude le borse per non sforare, a sua volta, il suddetto patto. Inconcepibile”. Qual è la soluzione? Chi deve farsi carico del problema? Una possibilità invocata da più parti è che la Regione emetta certificati che i Comuni possano scontare presso gli istituti di credito per risolvere i problemi di liquidità. Ma l'assessore regionale al Bilancio, Michele Pelillo, dice no, nonostante la liquidità pari a 3,5 miliardi di euro: la legge nazionale prevede che Regione, Comuni, Province e Asl possano certificare solo i crediti vantati dai fornitori diretti e i Comuni non lo sono. L'unica soluzione è attendere il 2011 quando la Puglia avrà un tetto di spesa comunitaria fissato a circa 1 miliardo di euro. Ma probabilmente, se non si renderà più elastico il sistema, la storia si ripeterà. “Attendere il 2011, così come sottolineato dall’assessore Pelillo – conclude Buccoliero – significa mettersi al capezzale di tanti piccoli comuni, aspettando che esalino l’ultimo respiro. Se quella dei certificati di credito non è una strada percorribile, allora si cerchino, con urgenza, delle soluzioni alternative, per dare respiro ai comuni, che hanno messo mano alle proprie tasche per realizzare importanti opere pubbliche, dando così una boccata d’ossigeno a tante aziende locali. Non si può attendere il nuovo anno per risolvere un problema, che oggi minaccia da vicino, in maniera diretta e immediata, la sorte di tante amministrazioni comunali”. Si è citato il caso di Melendugno che, altro non è che un paradigma di una situazione generalizzata in tutta la Provincia di Lecce.

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