La deputata denuncia “vuoti di memoria” legislativi. I contratti riguardano categorie svantaggiate e aree geografiche identificate fino al 2008. Da allora però nessun altro decreto è stato emanato in materia, né la norma risulta essere stata abrogata
Teresa Bellanova, deputata salentina del Pd, annuncia la presentazione di un’interrogazione parlamentare sui contratti di inserimento lavorativo. “Nel settembre 2003, la cosiddetta Legge Biagi” spiega la Bellanova, “ha introdotto, per ciò che concerne il mercato del lavoro, l’istituto di inserimento o di reinserimento. Sono contratti diretti a realizzare l’inserimento nel mercato del lavoro di alcune categorie di persone cosiddette 'svantaggiate'. Tra queste ci sono le donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile, determinato con apposito decreto del Ministro dei lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile”. “Nel 2005 vengono identificate e confermate poi fino al 2008 le aree geografiche interessate: Lazio, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna. Da allora nessun altro decreto è stato emanato in materia, né la norma risulta essere stata abrogata. Queste tipologie contrattuali sono dichiarate all’Inps, da parte delle aziende, attraverso la denuncia contributiva, per cui l’ente è in grado di conoscere mensilmente di quale contratto ed agevolazione l’azienda si sta avvalendo. Ultimamente l’Ente, all’improvviso, ha deciso di procedere alle contestazioni pur essendo stato per quasi due anni nella possibilità di esserne a conoscenza, attraverso appunto le documentazioni inviate dalle aziende”. “Gli ispettori dell’Ente” rivela la parlamentare del Pd, “imbattendosi in questo tipo di contratti, oltre a recuperare lo sgravio utilizzato dall’azienda, calcolando interessi e sanzioni, trasformano d’ufficio il contratto di inserimento in contratto di lavoro a tempo indeterminato. Questa trasformazione determina che anche quelle donne assunte temporaneamente dalle liste di mobilità rischiano la cancellazione da esse, nel caso in cui l’azienda che le ha assunte dovesse entrare in crisi per varie cause. Il danno che ne deriva per queste lavoratrici è quindi enorme. E tutto per una dimenticanza”. “La condizione del lavoro femminile, in Italia, è già a dir poco disastrosa: una donna su due non solo non ha un lavoro ma, addirittura, ha smesso di cercarlo. Secondo i dati contenuti nel Global gender gap report 2010, elaborato dal World economic forum, la stragrande maggioranza dei 114 paesi presi in considerazione (l'86 per cento) ha fatto registrare un miglioramento nel corso degli ultimi quindici anni, mentre solo il 14 per cento di essi risulta in regressione; l'Italia fa parte proprio di questa minoranza, essendo scesa dal 67esimo posto, occupato nel 2008, al 74esimo attualmente ricoperto, con un'incidenza maggiore dovuta in particolare alle modalità di accesso al mondo del lavoro che ci vede scendere addirittura al 95esimo posto”. “L’Italia quindi, anche grazie alle “dimenticanze”, pur essendo tra gli otto paesi più industrializzati del mondo, resta gravemente arretrato sul piano delle pari opportunità, addirittura rispetto a diversi paesi in via di sviluppo. Penso sia giunto il momento” conclude Bellanova “di lavorare concretamente su questo, cominciando con il colmare i 'vuoti di memoria' legislativi”.
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