L'Italia dia asilo politico ai figli di Shakineh

Lo dice Introna, presidente del Consiglio regionale. Potrebbe essere questa l'occasione per le Istituzioni locali di far sentire la propria voce?

Poco tempo fa ci eravamo chiesti se era pensabile un'espressione pubblica di sostegno fatta non solo di parole, ma anche di gesti concreti da parte di Istituzioni e politica in merito alla faccenda di Shakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana di 43 anni che rischiava la lapidazione (poi convertita in impiccagione) dopo essere stata condanna a morte per i reati di adulterio e omicidio del marito. E ci eravamo posti questa domanda perché avevamo avuto la sensazione che il territorio non si stesse mobilitando per tenere viva l’attenzione su questo caso e, direttamente o indirettamente, su storie parallele purtoppo diffuse. Dicevamo infatti che “il Salento ha sempre dimostrato vicinanza e compassione. Basti ricordare il caso di Avni Enr, il giornalista turco che ha chiesto asilo politico all'Italia, perché nel suo paese rischia carcere, torture e isolamento in quanto accusato di far parte del partito Dhkp-C, considerato organizzazione terroristica. “Se mi rimpatriano – disse Avni – sono un uomo morto”. Oppure il pensiero corre alla manifestazione in memoria del sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e contro tutte le mafie che hanno violentato il territorio. E ancora, il “Comitato di solidarietà ad Alì Orgen”, curdo arrestato a Taranto su mandato di un tribunale turco di cui abbiamo parlato qui”. Ma queste, lo sapevamo e lo sappiamo, sono manifestazioni della società civile, che non aspetta la politica e agisce organizzandosi e partecipando in autonomia. Oggi, però, ancora una volta, i figli di Shakineh chiedono asilo politico. Secondo note di agenzia Ansa, Sajjad Ghaderzadeh e la sorella temono di essere arrestati. “Abbiamo ricevuto telefonate – ha detto Sajjad – da persone che si presentavano come agenti dell'Intelligence che ci hanno minacciato e una volta mi hanno convocato nei loro uffici, ma non ci sono andato. Ma c'è la possibilità che ci arrestino in ogni momento». Lo stesso rischio, secondo il figlio di Sakineh, corre il suo avvocato, Javid Hutan Kian. “È stato convocato dalla magistratura per sabato, e lì potrebbero arrestarlo”, ha affermato Sajjad. Risponde all'appello il presidente del Consiglio regionale pugliese, Onofrio Introna: “non lasciamo soli i figli della donna iraniana condannata a morte. Le democrazie occidentali, che hanno ripudiato la pena capitale, cancellandola dai propri codici penali, non possono non accogliere il grido di dolore”. “Ritengo – fa notare Introna – che soprattutto l’Unione europea ma ancora prima l’Italia dovrebbero impegnarsi con ogni forza per questa soluzione, non negando un momento di speranza per salvare la vita di una donna e non strapparla agli affetti più cari”. Da più parti, in queste ore, si cerca di fare pressione affinchè l'appello venga raccolto. “No comment” per il Ministro dell'Interno Maroni. “Ne discuteremo in ambito Ue” comunicano dalla Farnesina. E allora ci chiediamo: potrebbe essere questa l'occasione per politici e Istituzioni locali di far sentire la propria voce con atti concreti?. Articolo correlato Shakineh sospesa tra la vita e la morte. Il Salento si mobilita? (11 settembre 2010)

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