L’azienda contestava ai dipendenti l’esibizione di fatture gonfiate. Le contestazioni si basavano sul rapporto di un’agenzia di investigazioni private che, però, il giudice ha ritenuto inattendibile
Il Tribunale di Lecce, Sezione del Lavoro, in composizione monocratica (Giudice Dr.ssa Santo) ha confermato in sede di merito l’ordinanza cautelare con cui, in sede di reclamo, il tribunale stesso aveva reintegrato nelle loro mansioni tre tecnici di Telecom Italia licenziati in tronco per asserite mancanze. In particolare, l’azienda contestava l’esibizione di fatture gonfiate dopo una trasferta di lavoro. Per la società, i dipendenti avevano presentato, ai fini del rimborso spese, ricevute fiscali recanti importi superiori a quelli effettivamente spesi. Occorre rilevare che i dipendenti, assistiti dagli avvocati Enrico Cafiero e Fernando Caracuta e dalla Cisal Telecomunicazioni, dopo la fase cautelare erano stati reintegrati da Telecom Italia nel posto di lavoro e che due dei tre dipendenti hanno raggiunto nel corso del procedimento accordi economici e sono andati in pensione nell'estate del 2009. Nella vicenda, l’orientamento del Tribunale di Lecce risulta estremamente interessante in quanto, a seguito di un'attenta disamina delle testimonianze, il giudice ha ritenuto superate le risultanze emergenti dal rapporto di un’agenzia di investigazioni private su cui si fondavano le contestazioni mosse da Telecom Italia ai dipendenti. Era infatti successo che Telecom Italia avesse deciso di far spiare i dipendenti da un detective. Il giudice ha però ritenuto inattendibili le prove presenate a carico dei tre lavoratori, in quanto la ricostruzione della “spia” è stata considerata contraddittoria. Vista l'assoluta infondatezza degli addebiti mossi ai ricorrenti, il giudice ha reintegrato i lavoratori e ha condannato la società al pagamento della retribuzione a partire dalla data del licenziamento (ottobre 2004), nonchè al versamento di contributi previdenziali e assistenziali considerati per il medesimo lasso di tempo.
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