DSM: Il manuale dei prestigiatori del business delle “malattie mentali”

Egregio Direttore, leggo da un importante quotidiano nazionale notizie allarmanti riguardo quelli che saranno i contenuti del nuovo testo diagnostico e statistico della psichiatria (il DSM-V, appunto) la cui pubblicazione è prevista tra circa tre anni. Questo tomo rappresenta uno dei principali strumenti utilizzati da psichiatri e psicologi a livello globale per determinare se e quale “malattia” mentale affligga un “paziente”, desumendone contestualmente la relativa “cura”. Sin dagli anni Cinquanta si sono susseguite varie e diverse edizioni, sempre più voluminose, atte ad includere un numero via via più consistente di diverse presunte patologie e disturbi mentali. A dispetto del nome, questo manuale non ha a di “statistico”, né tanto meno di “diagnostico”: esso consta in effetti solo di un’interminabile lungo elenco di malattie suddivise ed indicizzate in diverse categorie e riconosciute come tali da una task-force psichiatrica all’uopo designata, affinché tramite votazione (sì, avete capito bene, VOTAZIONE!) tali disturbi possano trovar posto nella redazione finale del testo. Ora, con la nuova edizione in arrivo, prenderemo familiarità con “nuove” malattie dai nomi più fantasiosi ed improbabili per “disturbi” ancor più paradossali. Che dire, ce ne sarà per tutti i gusti… e non sarà poi così strano venir diagnosticati con 2-3 diverse malattie contemporaneamente! Fortunatamente, molte sono le voci che, a livello internazionale, criticano aspramente e con ferocia la classificazione arbitraria e generalizzata che il DSM compie riguardo alle cosiddette “malattie mentali”; molti psichiatri britannici, ad esempio, condannano apertamente le metodologie assai poco scientifiche (ma al contempo molto remunerative per le case farmaceutiche) attraverso cui nuovi fantomatici “disturbi”, fino ad oggi totalmente sconosciuti alla letteratura medica, faranno la loro comparsa nel manuale. La maggior preoccupazione è il rischio che si possa arrivare ad una eccessiva e pericolosa medicalizzazione in tutti gli strati della società, ivi incluse anche le categorie più sensibili, come ad esempio anziani e bambini. Negli ultimi anni abbiamo potuto infatti assistere ad una rapida e vertiginosa escalation di diagnosi di disturbi neuropsichatirci infantili, con la conseguente massiccia prescrizione e somministrazione di pesanti farmaci psicotropi, di dubbio beneficio ma dagli ormai conclamati effetti collaterali. Spiace che, anche in Italia, l’avvento della quinta edizione del DSM faccia gridare al “miracolo” certa psichiatria, definendo il nuovo manuale come “figlio dello sviluppo delle neuroscienze e del neuro-imaging”: beh, la tecnica del neuro-imaging ad oggi non è stata ancora comprovata scientificamente e si mette in dubbio da più parti che possa effettivamente essere di qualche aiuto nella diagnosi delle malattie mentali. Altre sorprendenti affermazioni vengono poi fatte riguardo al trattamento del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD): il trattamento farmacologico, ove necessario, costituirebbe un’efficace misura preventiva affinché il bambino, in età adulta, non sviluppi tossicodipendenza. Peccato che la molecola del farmaco indicato per il trattamento dell’ADHD , il metilfenidato, commercializzato col nome Ritalin, sia un derivato anfetaminico classificato sino a poco tempo fa in Italia dalle tabelle ministeriali alla stregua di cocaina ed eroina… In conclusione, ritengo che per il bene comune, il pubblico debba ricevere un’informazione il più possibile completa e pluralista, scevra dai proclami delle autorità che, spesso, non trovano fondamento nella realtà dei fatti. M. G.

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