L’Ue finanzia altre quattro ricerche per capire se il biodisel sia energia sostenibile.
L’Ue, per raggiungere l’obiettivo del 2020, ossia ridurre i consumi energetici e delle emissioni di Co2 del 20 per cento, propone di sostituire il dieci per cento di benzina e diesel con combustibili vegetali, come alcol etilico da zuccheri e biodisel da oli vegetali. Da un po’ di tempo, i biocombustibili non sono guardati di buon occhio da alcuni, in quanto la loro coltivazione e trasformazione richiede l’impiego di grandi quantità di energia fossile. Per esempio, si è calcolato che l’alcol da canna da zucchero produce solo un quarto di Co2 rispetto alla benzina normale, l’etanolo da mais invece, ne emette di più. L’Unione Europea ha anche affrontato questo aspetto, elaborando un percorso a tappe, secondo il quale la produzione deve far risparmiare almeno il 35 per cento di Co2 rispetto ai fossili, risparmio che salirà al 60 per cento entro il 2018. Ma, nel mese di aprile, l’agenzia di informazione Euractive ha reso noto un rapporto scientifico, che era stato volontariamente tenuto nascosto dalla Commissione, nel quale si diceva che, a causa della ormai crescente occupazione di terreno per produrre carburante, si sta verificando uno spostamento della produzione di cibo su nuovi terreni, spesso ottenuti tagliando le foreste. Se poi aggiungiamo le emissioni di Co2 derivate dalle nuove coltivazioni, si ottiene che nessun biocombustibile, prodotto nei climi temperati, produce meno emissioni di Co2 dei combustibili fossili, ad eccezione dei biocombustibili da canna da zucchero e palma da olio coltivati ai Tropici, che emettono meno Co2 del gasolio. La Commissione ha poi detto che quello studio era controverso. Intanto ha finanziato altre quattro ricerche, per chiarire se il biodisel sia una fonte valida di energia sostenibile
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